Il blog di Antonio Tombolini

Basta con la moda dei vini anoressici

B

trovo più difficile, e dunque più intrigante e affascinante, riuscire ad essere fini ed eleganti disponendo di un gran corpo, che non riuscirvi disponendo di una taglia 42

Nel caso interessi:

  • adoro il Merlot
  • trovo che la barrique (usata bene, ma c’è bisogno di dirlo? Qualcuno dice per caso “quello che non sa di tappo” quando auspica un tappo di sughero sul vino di vita lunga?) sia un grande strumento enologico, e amo da morire la vaniglia e i balsami che regala ai vini che li meritano
  • stravedo per i vini ricchi e concentrati
  • non sopporto i vini magri e anoressici
  • un bel taglio bordolese fa sempre la sua porca figura
  • lo Shiraz (compresi gli australiani, quelli buoni, vedi sopra…) è fantastico

Dice Ah, ma allora non ti piacciono i Pinot Noir, i Nebbioli, tutti questi vini così eleganti, signora mia, senti che finezza signora mia… Certo che mi piacciono, certo. E’ solo che trovo più difficile, e dunque più intrigante e affascinante, riuscire ad essere fini ed eleganti disponendo di un gran corpo, che non riuscirvi disponendo di una taglia 42. Quando c’è poca roba non è difficile sistemarla per benino, con gusto: ma è quando ce n’è tanta che, se si riesce, vuol dire che si è davvero bravi.
Non ce la faccio più a reggere questa moda di impostazione anoressica, anche nel vino, che dura ormai da anni, e spero stia volgendo al termine.
Oh, l’ho detto!
[Dimenticavo: lo sfigato di Sideways non l’ho mai sopportato]

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  • Moda d’impostazione anoressica ? E poi, che c’entra l’anoressia di un vino con la sua eleganza ? Così, tanto per sintonizzarci, mi fai un esempio di merlot ricco e concentrato e di grandissima eleganza ? Così capisco meglio cosa intendi. E ancora, qual è secondo te il vino che “merita” la vaniglia ? Un uso elegante della barrique – sono d’accordo, grande strumento enologico – credo dovrebbe lasciare spazio soprattutto al vitigno ed al vino che ne deriva, non tanto a sé stessa. Ciao, Fil.

  • Antonio, meno male che ogni tanto apri la finestra e lasci entrare un po di aria fresca.
    A proposito di quello che dicevi, ti racconto un piccolo episodio.
    Poco tempo fa ero in compagnia di alcuni produttori neozelandesi. Proprio il tipo di persone che fa quei Pinot neri e Sauvignon eleganti e minerali, certamente il tipo di vini che “vanno” oggi. Uno di loro, John Belsham, che è un enologo affermato ed un personaggio carismatico e di primo piano in Nuova Zelanda mi ha detto questa frase, che mi ha colpito molto:
    “La moda di andare contro certi tipi di vino sta finendo, non se ne poteva più di certi Chardonnay SENZA barriques!”.
    E poi ha anche detto che si stanno preparando per quando l’effetto Sideways (sul Pinot nero) finirà.
    Bella gente, bella gente. Averla qui da noi un pò di gente così.

  • A parte il “pate’ de bourgeois” che non ci sta mai male, cara signora mia, devo capire anch’io “questa moda d’impostazione anoressica” che DURA DA ANNI. Poi non ho ancora capito i gusti di Antonio in fatto di donne (vino?): se a Rita H. preferisce Audrey H., o se a Sophia L. preferisce Lauren B. 😉
    Quanto ai neozelandesi citati da Gianpaolo, saranno sicuramente bellissima gente con pochi o nulli complessi, e mi rendo conto che dover vendere centinaia di migliaia o milioni di bottiglie pone dei vincoli ben precisi…. tuttavia a me la sola idea di pensare, fecendo il vino, a “prepararsi” per quando il tale effetto-film (effetto sideways, effetto-hannibal, effetto notte..) finira’, mi deprime oltre l’immaginabile. Io nelle vigne intorno continuo a vedere continui reinnesti d’emergenza per correre ai ripari del tale o tal altro effetto che e’ finito. Di questo passo viti che arriveranno o supereranno i dieci anni di vita saranno sui libri di storia.

  • guradate che questa moda dei vini anoressici l´hanno inventata in Francia nel 1800 e questa moda dura ormai da piu´di 200 anni! un vino anoressico e´un vino che puo´anche piacere a chi normalmente il vino non lo beve ed e´il principale motivo per cui i vini francesi hanno conquistato il mondo. E fra uno shiraz e un syrah dell´hermitage di differenza ce ne corre! Pero´ giustamente e´una questione di gusti, a me i vini muscolosi non piacciono e credo che anche in quelli fatti meglio (vedi bolgheri e simili) si senta sempre una certa pesantezza di fondo che non aiuta a berli. Pero´ il mio e´un punto di vista di chi il vino lo serve e lo beve a tavola…magari all´americano dopo cena…

  • Antonio, sei un grande, meriti 90 minuti di applausi. Anche io me ne sbatto gagliardamente dei preconcetti intellettualistici di soloni e soloncini, quelli che credono che amare un vino fatto in un modo escluda automaticamente il poter amarne uno fatto in un altro.

  • Caro Antonio, continuo a preferirti quando inventi cose come la Simplicissimus blog farm e le mille altre iniziative che escono dalla tua mente fervida. Quando ti occupi di vino, come in questo caso, ti trovo meno centrato e brillante. “moda dei vini anoressici” ??? Ma in quale Italia del vino vivi e hai vissuto in questi anni ? Se c’é una moda, che ancora purtroppo impera, é quella dei vini che hanno fatto “body building”, enologico ovviamente, palestrati, gonfi, concentrati, potenti, senza finezza, senza armonia, quasi impossibili da bere. Vini pieni di legno, super alcolici, spremute di frutta noiose. Ma il grande vino é altra cosa, é eleganza, finezza aromatica, equilibrio in tutte le componenti! Insomma, le “curve”, la rotondità polposa, la carnosità del frutto piace – eccome anche a me – e non solo nel vino, ma est modus in rebus ed i vini “palestrati” sono decisamente esagerati e ben poco piacevoli…

  • @ Tommaso
    Oguno è ovviamente liberissimo di amare ciò che più gli piace, fare abbinamenti all’inglese e bere tutto e il contrario di tutto. Ci mancherebbe il contrario ! Solo che etichettare come “anoressici” i vini che Antonio sembrerebbe identificare con quelli normalmente eleganti secondo me è errato. Un vino anoressico, proprio in quanto tale sarà poco elegante perché scontroso, troppo magro, sbilanciato verso la durezza o comunque scorrevole e di poca persistenza. Tutto ciò mi sembra del tutto contrario al senso di eleganza. L’invasione degli effluvi vanigliati poi mi sembra un controsenso se si vuol parlare di eleganza o di finezza che poi è la stessa cosa. Che poi esistano Merlot eleganti non lo metto in dubbio, anzi ! Un’ultima cosa. L’eleganza, sempre secondo il mio modestissimo parere, è una cosa che ha molto a più a che fare con la mano di chi fa il vino – e di come lo fa – piuttosto che con le caratteristiche intrinseche del vitigno.
    Vogliamo misurarlo l’estratto secco di un grande Pinot Nero Altoatesino o di un grande nebbiolo di langa ? Antonio, pensi che sarebbe così diverso da quello di un vino come da te indicato ? Non sono mica vini anoressici 🙂
    Sono d’accordo con Andrea.
    Il problema del vino muscoloso è proprio quel senso di “pesantezza di fondo” che io traduco con scarsa piacevolezza di beva o meglio ancora, vedendo che la bottiglia, piena, fa fatica a svuotarsi. Sono caratteristiche oggettive intrinseche. Ma basta con le teorizzazioni, ti faccio un esempio.
    Qualche tempo fa, mi capitò di bere un Campo de Borja Do Alto Moncayo Veratòn 2004, un grandissimo vino spagnolo che sono certo ti piacerebbe. Bene, questo vino, che faceva ben 16 gradi, nonostante l’estratto secco da capogiro e l’estrema opulenza in bocca (sai quei vini quasi da masticare), riusciva a restare bevibile e equilibrato grazie ad un’acidità altrettanto elevata. Bene, questo forse è il vino che intendi tu, un vino che bevi e godi ma che alla lunga di sfianca.
    Attenzione quindi a non confondere l’equilibrio con l’eleganza che sono due cose molto diverse.
    Un caro saluto.
    Fil

  • Beh, io nel merito ho lodato Antonio per un’altra cosa. Sull’uso della parola “anoressia” non sono troppo d’accordo (difatti non ne ho parlato), ma di questi tempi dire che ti piace il Merlot equivale a una fucilazione sulla pubblica piazza. E di questo Antonio sembra esserne consapevole, visto il tono del suo post. Anch’io una volta scrissi una cosa abbastanza simile a questa, anche se centrata sull’assaggio di un singolo vino.
    Morale della favola: assaggiare sempre, assaggiare di più.

  • Credo che Antonio volesse lanciare uno strale contro i preconcetti e le mode a “pendolo”, che sono un classico italiano: prima tutti da una parte e poi tutti dalla parte opposta. E su questo sono più che d’accordo con lui, poi ognuno ha i suoi gusti in fatto di vino, e anche questo andrebbe accettato come un fatto della vita, piuttosto che come un eresia, come qualche volta accade.
    Per quanto riguarda i sig. Neozelandesi, Filippo, mi riferivo semplicemente alla lungimiranza di chi, beneficiato dalla moda senza volerlo (a meno che tu non pensi che la vocazione neozelandese per il pinot nero e il suvignon sia una moda), già si prepara mentalmente, e non con il coltello dell’innestino, a quando la moda finirà. Proprio perché un produttore serio no si basa troppo sulle mode. Possiamo dire che questa è la situzione generale in Italia? Per questo io dicevo ad averne di gente come questa.
    A chiosa di questo intervento, Filippo, che tu lo creda o meno, sai che mi è capitato spesso di trovare persone che al loro interno facevano convivere ottimamente la grande passione per il vino e la volontà di cercare di camparci?

  • Ah, di vini anoressici non si può parlare eh? Bene, e allora sappiate che con tutta questa “eleganza” e “finezza” di cui ci si riempie la bocca, è stato letteralmente ucciso in grembo il feto di un Verdicchio fatto come dio comanda. Si era appena all’inizio di un movimento che stava cominciando a rendersi conto che prima di parlare di eleganza e finezza occorre avere “qualcosa” per le mani, e dunque si trattava (uh! che brutta parola!) di ottenere maggiori concentrazioni. Macché: ti parte la parola d’ordine della critica snob “basta coi vini muscolosi!” (che termine odioso) e vualà… cosa c’è di meglio di un alibi come questo per riprendere la strada delle alte rese e raccontarle come “eleganza” e “finezza”? Le modelle anoressiche, prima di essere “fini” ed “eleganti”, sono *TROPPO MAGRE*. Ma date un’occhiata ai retroetichetta: tutti a darsi del fine e dell’elegante, solo per non dire “TROPPO *MAGRO”.
    La cosa fa anche vittime illustri (e ora mi odierete tutti, sto per prendermela coi santi, mica solo coi fanti): il tanto osannato Trebbiano d’Abruzzo di Valentini è ormai *da anni*, da *almeno 6 anni* SEMPLICEMENTE TROPPO MAGRO! Mettetelo a confronto con un pari annata di Emidio Pepe, o con lo strepitoso E GRASSO Pecorino di Maria Teresa Castelli (nell’ascolano) e parliamone. E guarda caso la stessa cosa vale per il celebrato Cerasuolo ecc…
    W IL VINO GRASSO, W IL MERLOT, SPARATE AL CUORE!

  • Gianpaolo, forse capisco meglio cosa intendevi dire a proposito delle mode e dei neozelandesi. Sempre riguardo alle mode, e qui parlo piu’ ad Antonio, non trovo nessun problema ad amare un vitigno piuttosto che un altro. Quel che trovo fatto un po’ dello stesso tenore della moda con cui si vuol polemizzare e’ questo “dagli a..”, che sia dagli alla barrique o dagli all’acciaio. dagli al magro come dagli al grasso (parlo di vini). Capisco il voler dare un colpo al cerchio quando sembra che di colpi alla botte ne vengano dati troppi, ma forse e’ solo che questo menare colpi a questo o a quest’altro non lo sento (piu’) consono a me, tutto qua. A volte viene voglia solo di abbassare il volume perche’ sembra che sia un po’ una borsa valori con continue isteriche oscillazioni, mentre uno semplicemente puo’ trovarsi a fare il vino che gli piace per i motivi che gli pare, e magari ha il culo che stia andando di moda, o lo sculo che sta andando di moda sculacciarlo. Che palle, ecco tutto.
    Chiudo riprendendo l’ultima considerazione di Gianpaolo:
    che io creda o meno? Quella di cercar di far convivere al mio interno la passione per il vino con la volonta’ di cercare di camparci, e’ cosa che non solo io credo esista, ma nella quale addirittura mi riconosco. Io stesso cerco questa convivenza. Magari non ottimamente, ma questo nel caso sarebbe un altro discorso. Ci credo, ci credo. Non capisco cosa c’entri questo col discorso delle mode e con la scelta di corrergli dietro.

  • Tommaso, non e’ dire che ti piace il merlot, o il cabernet, che ti procura la fucilazione sulla pubblica piazza. Nel caso, eventualmente (anche se di fatto non sembrerebbe proprio), l’atteggiamento che qualche critica, IMHO giustamente, se l’e’ finalmente beccata e’ quello di chi ritiene che qualsiasi vino per poter piacere debba avere il contributo del merlot e/o del cabernet. Gia’ chi li chiama vitigni migliorativi secondo me mostra del bias in tal senso. Puo’ esser vero che sull’onda di una ritrovata lucidita’ c’e’ chi cerca di approfittarne per spingere verso la mancanza di lucidita’ di segno opposto (per cui “datemi qualsiasi ciofeca purche’ autoctona” io sta parola la abrogherei, mi pare diventata una parolaccia). Ma io credo che in gran parte si tratti di comprensibile rivalsa di chi per anni si e’ sentito trattare da selvaggio o poco piu’ solamente perche’ nella vigna non aveva ne’ merlot ne’ cabernet ne’ sirah. E, non avrai problema a concedermi spero, e’ storia di ieri sera.
    Inoltre, e concludo, credo che il problema sia in gran parte un problema artificioso: cioe’ creato dai comunicatori del vino. Non da chi il vino lo fa, ma da chi di vino parla o scrive. Perche’ se vendere milioni di bottiglie e’ un bel problema, anche far crescere i propri hit su google e’ un altro bel problema. Mo la pianto.

  • Ma come Filippo, proprio stasera che condividerei bit per bit quello che scrivi la pianti? E non piantarla, dai! 🙂
    Solo un paio di sfumature:
    – un problema creato dai comunicatori del vino, dici, ed è vero. “Artificioso”, aggiungi, e non è più vero, almeno se lo intendi “finto, ininfluente”: è influente e concretissimo invece, dacché tutti tendono ad adeguarglisi.
    E altra piccolissima cosa: non è vero, secondo me, che la “reazione smodata” alla precedente moda dei vitigni “internazionali” (parola senza senso di per sé, al pari di “autoctoni”) “è cosa di ieri”. Ci stanno menando il torrone con ‘sta storia della finezza da un bel po’…

  • Per me, il problema, al di là dei gusti personali, non è la muscolosità in sè, ma quando questa è fine a se stessa, ridondante e quindi alla fine stancante. Vini che il mercato ha premiato, e continua a farlo. Che poi ci sia in atto una deriva, fenomeno che però confinerei alla alla sola rete, che a volte idolatra vini solo magri e con ben poca personalità come campioni di finezza, è vero, succede. La stessa cosa sta succedendo con il termine mineralità (vedi una miniatura di Sangiorgi di qualche tempo fa): oramai un must in moltissime descrizioni. Si va alla ricerca ossessiva di questo descrittore come indice indiscutibile di finezza. Peccato che spesso non ci sia (e non ci deve per forza essere per arrivare all’agognata finezza) o sia in realtà un difetto scambiato per altro.

  • OK, Antonio, non la pianto allora 😉
    Per storia di ieri sera intendevo dire la storia di quelli che ti trattavano da selvaggio se non avevi almeno qualche filare di “vitigni migliorativi” (e potrei continuare con: ti trattavano da selvaggio se vedevano in cantina delle botti di capienza superiore ai 5 hl o che avevano visto piu’ di due o tre vendemmie). Per fortuna e’ di ieri sera, nel senso che oggi e’ un altro giorno. E’ pure vero che oggi sono quelli che hanno in cantina anything inferiore a 5 hl a correre dei rischi (non di apparire selvaggi ma sofisticatori). Il punto e’ proprio qua, allora Antonio: finiamola di alimentarle ‘ste mode. E tu nel momento in cui ridicolizzi un possibile attributo di un vino (la finezza) e lo scambi d’autorita’ per magrezza (aho: finezza viene da finE, come in “un gusto fine”, non da finO come in “sale fino”) non fai un gran piacere alla situazione. Sai come la penso? Penso che tu intendessi riferirti a qualche caso specifico ben preciso (che infatti dopo hai specificato meglio) e che ti ha proprio fatto rodere, vedi la storia del Verdicchio e delle sue rese. A parte che magari!, magari! gli interventi per rendere “muscolosi” (ma che minchia e’ poi un vino muscoloso?) i vini passassero dalla vigna.. Magari. Ecco, e’ una storia che mi ha fatto pensare a quella del Chianti (vino) e di quanto scrauso fosse considerato fra anni sessanta e settanta. Di qui il movimento che ha portato poi, come ultima conseguenza, all’introduzione dei “vitigni migliorativi”. Ma non e’ fair. Perche’, dico io, prima prova a far portare meno ciccia a quei tralci (ma non meno nel senso di un 20 o 30 % meno: nel senso di ridurre AL 20 o 30%!) e poi ne parliamo. Prima ridai fiducia alla malvasia e levane un po’ al trebbianaccio, poi ne riparliamo.

  • Miii Antonio, se inizio a parlare non mi fermo più!
    E’ che il Volnay del produttore ultratradizionale (e di annata fresca, ovviamente, se il vino c’ha più di 25 di estratto è una ciofega) con 25 anni di bottiglia fa molto più fico di Dal Forno…
    Ragionamenti che portano i wine snob marchigiani (che x il 95% non capiscono una sega di vino) a dire che il miglior Verdicchio è quello di Collestefano. Acido malico puro.
    E’ la wine snobbery bellezza, e non puoi farci nulla…

  • Beh, qui nella bassa emiliana, la “moda anoressica del vino” non si vede ancora. Se parliamo di vini non locali, quelli che “vanno” di piu’ e piacciono sono quelli considerati marmellate ecc.. concentratoni di amarene e vaniglia, se si sentisse anche la panna montata, sarebbe piu’ un gelato liquido che vino 🙂

  • A proposito di vini *decisamente* non anoressici, qualcuno conosce il Burson di Bagnacavallo? (Ci vorrebbe l’accento sulla “o” ma non ho la tastiera italiana)

  • Infatti sto aspettando di metterci assieme qualcosa di tosto per accompagnarlo. Probabilmente lo stapperò verso i primi di dicembre, quando lavoreremo il maiale annessi e connessi… non lo vedo male coi fegatini di maiale avvolti nell’alloro e nella loro rete, alla brace, per dire 🙂
    Quando vieni allora stappiamo qualcos’altro, così posso fartelo pagare, ok? 😉

di Antonio Tombolini
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