Il blog di Antonio Tombolini

Dialogo di un Candidato e di un Monsignore /3

D

(3 – …Segue)

Monsignore. Ma aspetta, scusa, non ti ho offerto niente! Prendiamoci qualcosa, ti va un caffè?
Candidato. No, grazie, don C., magari un bicchiere d’acqua.
Monsignore. Bene. Sorella, ci porti un po’ d’acqua per favore. E magari qualche cioccolatino, eh, R., che ne dici?
Candidato. Sì, va bene, grazie. Dicevi?
Monsignore. Allora, stavo dicendo? Ah sì. Vedi R., come avrai notato, subito dopo i referendum, non mi sono più esposto pubblicamente, ho preferito rimanere un po’ in disparte, per osservare, ascoltare, meditare. In fondo un Pastore deve fare anche questo, no?
Candidato. Certo, certo. E allora?

Monsignore. Beh, credo di aver messo a fuoco la
situazione e di averne cavato una buona idea, e stavolta voglio
parlarne per primo a te, così non ti arrabbi, eh?
Candidato. Ti ringrazio, don C., sei molto gentile. Anche se, se mi permetti, conoscendoti, la cosa mi rende ancora più preoccupato.
Monsignore. Ah ah ah…
sei sempre un caro burlone! Niente di cui preoccuparsi. La mia idea
nasce proprio dalla considerazione che i referendum ci hanno consegnato
una situazione molto diversa, migliore di quella che io stesso mi
aspettassi.
Candidato. Beh, in effetti neanche io mi
aspettavo che le astensioni arrivassero al settantacinque percento. Per
te è stato un bel successo.
Monsignore. No, non parlo
delle astensioni: in realtà quel numero fa effetto, ma noi siamo i
primi a sapere che non possiamo certo considerare come nostri tutti quegli astenuti, anzi. Parlo invece della politica, dei tuoi colleghi.
Candidato. I miei colleghi?
Monsignore.
Sì. In fondo, grazie ai referendum e per le posizioni pubblicamente
assunte in nome dei valori della vita, dei valori cristiani,
dell’etica, e così via, oggi un Rutelli è più distante da un Fassino
che da un Casini, mentre un Casini è più lontano da un Berlusconi che
da un Rutelli, no?
Candidato. Beh, sì, vista così, in
effetti. E ti dirò che la cosa mi preoccupa, perché rischia di
annacquare un po’ l’antiberlusconismo che come sai, bene o male, resta
comunque la nostra arma vincente anche per le prossime elezioni.
Monsignore.
Ma no, R., io credo che tu sbagli. Guarda un po’ più in là, guarda un
po’ più in avanti. E se fosse possibile invece buttare all’aria questi
schemi su cui siamo tutti bloccati? Se fosse possibile superare questa
contrapposizione centrodestra contro centrosinistra, per costruire
qualcosa di più saldo, di più unito, di più vicino alle nostre idee e
ai nostri valori?
Candidato. E cosa vuoi fare, fondare la nuova DC?
Monsignore.
No, non ce n’è bisogno, ci mancherebbe altro. Però basterebbe dare una
spallata agli assi portanti dei due poli, e lavorare un po’ per
costruire un’ipotesi diciamo così di polo dei valori alternativa a tutti e due. In questo momento io penso che si possa fare.
Candidato.
Sì, è una parola! Guarda che la mia candidatura, e le mie speranze di
vittoria, dipendono in tutto e per tutto proprio dall’appoggio dei
diesse, mica di Rutelli! E tu vuoi dare una spallata proprio a quelli
che mi appoggiano? Non capisco proprio.
Monsignore.
Aspetta, ragioniamo insieme. Su Berlusconi non c’è da fare niente: ci
pensa già lui di suo, e per quel che manca ci pensano i suoi alleati, a
renderlo inservibile. Sui diesse, specialmente su quelli che potrebbero
infastidirci di più con le loro velleità liberal, compreso Fassino, ecco, su quelli invece bisogna fare qualcosa, minarne la credibilità presso i loro stessi elettori.
Candidato. E come? Ma soprattutto, una volta che ci riesci, per fare cosa?
Monsignore.
Ma te l’ho detto! Per creare lo spazio necessario alla nuova
alternativa, quella di una politica fondata sui valori. Mettendo
insieme Casini e Rutelli, per esempio, e i tanti di Forza Italia e di
AN che mi hanno già fatto capire che sono alla ricerca proprio di
un’alternativa di questo tipo.
Candidato. Caspita, don C., ma questa è fantapolitica, dai!
Monsignore. Mica tanto. A sentire qualche cenno dai diretti interessati non direi.
Candidato.
Roba da matti. E va beh, facciamo che si riesca a fare un’operazione
del genere. E io come faccio? Con che faccia mi ripresento agli
elettori, dopo tutte le storie sull’Ulivo che gli abbiamo raccontato
per anni, per fare il leader centrista?
Monsignore. Lo
vedi che cominci a capire? Lo vedi che intanto l’operazione fatta con
Francesco per far tramontare il listone dell’Ulivo conveniva anche a
te? Così hai cominciato a doverti distaccare da quell’immagine, che
ormai è superata dai fatti.
Candidato. E con Rutelli
come la mettiamo? Guarda che lui mi odia sul serio, e non credo proprio
che sia disponibile a farmi lui da appoggio principale al posto di
Fassino, anzi!
Monsignore. Ti ripeto che su Francesco
sei ingiusto. Non che nutra tutta questa simpatia nei tuoi confronti,
ti ingannerei se dicessi questo. Ma le sue intenzioni, te l’assicuro,
sono sincere, e sono certo che sarebbe più che disponibile a
collaborare con te per una prospettiva come quella che ti sto
descrivendo. Certo, cambiando magari qualche dettaglio.
Candidato. Per esempio?
Monsignore.
Non so… penso ad esempio che nell’ambito di un disegno come questo,
insomma, diciamo che forse la posizione di candidato premier non
sarebbe quella che ti si addice di più, ecco.
Candidato.
Cosa? Don C., questo è troppo! Sai che ti rispetto, ci conosciamo da
tanti anni. Ma questo è troppo! Non ci sentiamo da mesi. Mi chiami, mi
fai venire qui dicendomi che hai delle belle cose da raccontarmi, mi
parli di una tua idea pensata tutta per il mio bene, e scopro che la tua idea consiste tutta nel, sì, nel… oh, fammelo dire don C., nel farmi trombare sul più bello! Ecco, questo davvero da te non me l’aspettavo.
Monsignore.
E questo io invece da te me l’aspettavo, caro R., ti conosco troppo
bene. Ma non te ne voglio. Eppure dovresti sapere che il nostro maggior
bene non è sempre quello che ci appare come tale, pensaci. A rimanere
ancora come candidato premier in una situazione come questa ti
ritroveresti prima o poi sicuramente – non voglio usare il brutto termine che hai usato tu –
infilzato. Magari subito dopo eletto, e proprio dal tuo caro amico
Fassino (visto che D’Alema questo sfizio se l’è già tolto in passato).
Anche perché giustamente, tutto il suo partito, diciamo le cose come
stanno, non vede l’ora di avere un suo candidato, e di smetterla di
dover appoggiare te. Scusa la brutalità, ma pare che per farti capire
non ci sia altro modo che questo.
Candidato. Don C.,
non farmi prediche, per favore. Se vai avanti così non voglio
ascoltarti oltre. Anzi, se non ti dispiace, vorrei andare.
Monsignore.
R., R., ma perché fai così? Non ti ricordi quante volte ti sono stato
vicino e ti ho aiutato? Te ne sei forse mai pentito? Perché vuoi
deludermi e offendermi ora in questo modo? Coraggio, calmati, e
lasciami completare il mio ragionamento.
Candidato. Ah, non è ancora completo? Cos’altro mi aspetta ancora?
Monsignore. Va là, calmati e stai seduto. Allora: l’idea è quella, ma si tratta di pensare a come metterla in pratica.
Candidato. Bene, sentiamo anche questa. Tanto ormai sono pronto a sentirle tutte.
Monsignore.
E’ l’ira che ti acceca, R., e l’ira, lo sai, non è mai una buona
consigliera. Ti capisco, credimi, ma tu fai uno sforzo, e affidati per
un po’ a me. Non dovrai pentirtene. Allora, posso proseguire?
Candidato.
E va bene, sentiamo pure il resto. Cosa avresti in mente di fare per
indebolire Fassino e i diesse, fino a tagliarli fuori dai giochi per le
prossime elezioni? Mi pare un’impresa non facile!
Monsignore. In effetti è la parte più difficile, ma una mezza idea ce l’avrei…

(3 – Continua…)

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