Il blog di Antonio Tombolini

E s'accorsero che erano nudi (Genesi 2:25-3:11) – Parte prima

E

Gen 2:25 L’uomo e sua moglie erano entrambi nudi e non ne avevano vergogna.

3:1 Il serpente era il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio il SIGNORE aveva fatti. Esso disse alla donna: «Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?»
2 La donna rispose al serpente: «Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare;
3 ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: "Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete"».
4 Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto;
5 ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male».
6 La donna osservò che l’albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l’albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò.
7 Allora si aprirono gli occhi ad entrambi e s’accorsero che erano nudi; unirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture.
8 Poi udirono la voce di Dio il SIGNORE, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l’uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il SIGNORE fra gli alberi del giardino.
9 Dio il SIGNORE chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?»
10 Egli rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto».
11 Dio disse: «Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell’albero, che ti avevo comandato di non mangiare?»

La conoscenza del bene e del male apre gli occhi, consente l’accesso alla luce. Con ciò consentendo di vedere la nudità del proprio essere, come cosa di cui vergognarsi, come cosa da nascondere, come cosa da velare, nel senso anche di proteggere, magari anche solo con delle foglie di fico.

Risuona qui, di nuovo, il richiamo al bisogno di tenebre che velino la verità, la faccia dell’abisso, di cui già abbiamo detto.
La verità dell’essere umano è la sua nudità: il sesso è l’abisso attraverso cui l’uomo viene all’essere e, in quanto abisso, perché non si abbia a perdervisi, è ciò che ha bisogno di essere coperto, velato, nascosto (e quindi anche, al suo tempo: scoperto, disvelato, mostrato).

Ma perché a quel bisogno Adamo ed Eva pervengono solo ora, dopo aver mangiato il frutto della conoscenza del bene e del male? Che cosa, della loro condizione precedente, faceva sì che erano entrambi nudi e non ne avevano vergogna? Che cosa viene introdotto di nuovo, che prima non c’era, nell’essere di Adamo ed Eva, con l’assunzione del frutto, di quel frutto, rispetto a prima, tale da determinare questo repentino e radicale cambiamento di prospettiva, questa immediata percezione dell’esser-nudi, della relativa vergogna, del bisogno di coprirsi e nascondersi?

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