Quasi tre mesi. Tanto è il tempo passato dalla mia ultima lectio divina. Non si è trattato di trascuratezza: è che la mia mente si era bloccata, incapace di procedere, di fronte al mistero di una parola così enigmatica. Ma torniamo alla scena originaria.

Adamo ed Eva, nel giardino, erano entrambi nudi e non ne avevano vergogna (Gen 2:25). Il serpente ingannatore convince Eva a mangiare del frutto della conoscenza del bene e del male, così fa pure Adamo, e il primo istantaneo effetto qual è? Allora si aprirono gli occhi ad
entrambi e s’accorsero che erano nudi; unirono delle foglie di fico e
se ne fecero delle cinture. (Gen 3:7)
Difficile da comprendere. Cosa vuol dire? Che prima di quel che poi verrà chiamato peccato originale i loro occhi erano chiusi, tali da non accorgersi di una nudità di cui comunque, accorgendosi, avrebbero dovuto comunque vergognarsi? E il peccato consisterebbe dunque nell’aver aperto gli occhi? E la stato di grazia, la salvezza, consisterebbe in null’altro che in un chiudere gli occhi sulla verità del proprio stato e del proprio essere? Che senso può avere tutto questo?
Per tre mesi sono rimasto letteralmente bloccato di fronte a questo paradosso, interrogandolo. Poi l’illuminazione, come spesso accade, a condensare in un solo istante il frutto di una lunga meditazione: la dignità. La parola dignità comincia a imporsi alla mia mente, così, spontaneamente. E’ una parola che in quel brano, in quella scena, non c’è, eppure ne sento la presenza, la necessità. Sento che ne costituisce la chiave.
Del resto la soluzione di un enigma, pur indicata dall’enigma, è sempre assente, nel senso di non-detta da esso, consistendo appunto in ciò che manca perché l’enigma sia sciolto: la dignità dunque, è al centro di questa scena, come soluzione dell’enigma che la scena stessa pone con la sequenza: Erano nudi e non ne avevano vergogna -> L’inganno del serpente -> Si aprono loro gli occhi e si accorgono di essere nudi, e corrono a coprirsi per la vergogna.
In che senso in questa scena si parla – senza nominarla – di dignità? Cosa significa dignità? E in che modo il suo significato ne giustifica, e anzi ne rende necessaria la centralità rispetto alla scena del peccato originale?
Poniamoci la scena dinnanzi agli occhi nella semplicità icastica della struttura del racconto. Al centro c’è il fatto: Eva, ingannata del serpente, mangia del frutto proibito e convince Adamo a fare altrettanto. Il resto viene evocato in quanto prima e dopo rispetto al fatto: il prima è la nudità vissuta senza vergogna, il dopo è la nudità percepita e vissuta con vergogna.
Dice la bibbia che dopo si aprirono loro gli occhi e si accorsero di essere nudi. C’è dunque un aprirsi degli occhi rispetto a un loro essere chiusi, rispetto a un non-vedere. Era forse il prima, lo stato di felicità e di non-vergogna della nudità, legato a un’illusione, a un non-vedere, a una chiusura degli occhi? E che razza di peccato sarebbe quello che consiste in un atto che ha invece come conseguenza quello di consentire lo sguardo che coglie la verità, per quanto penosa, del proprio essere?
E’ questa in fondo la posizione su cui si attestano sia i detrattori della bibbia che i dogmatici sostenitori della sua interpretazione morale, anzi: moralistica. Il peccato, dicono costoro (e rimproverano i primi) consiste proprio nel voler a tutti i costi, e contro il volere di Dio, conoscere troppo, vedere troppo, e perdere così quella innocenza, quel chiudere gli occhi che solo consentiva la felicità. E il buon Dio, proibendo il frutto della conoscenza, non voleva far altro che metterci al riparo da tanto dolore, preservandoci in tale fanciullesca innocenza.
Niente di più falso: ad accettare troppo in fretta la prima soluzione che ci passa sotto gli occhi si finisce sempre per perdere l’essenziale. Torniamo indietro dunque, e cioè più avanti, al dopo, al momento della vergogna: "si aprirono loro gli occhi", certo. Ma quando si erano chiusi? Non prima della tentazione: godono della luce e di ogni cosa del creato, in pienezza. E vedono anche la loro nudità, senza provarne vergogna. I loro occhi si chiudono invece durante e a causa il fatto. Non a caso il serpente seduce e inganna Eva proprio promettendo occhi che si aprono: Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio (Gen 3:5). Eva si lascia ingannare, crede al serpente, prende per buona la sua menzogna: è qui, è ora, in questo istante, nell’atto di dar fede all’inganno del serpente, che i suoi occhi, e poi quelli del suo compagno Adamo, si chiudono.
Ed è in questo atto, in questo lasciarsi ingannare, in questo chiudere gli occhi che consiste il peccato, non nel mangiare il frutto, nel disobbedire a Dio.
Una volta consumato l’inganno, mangiato quel frutto, i loro occhi tornano ad aprirsi, e si riscoprono nudi di una diversa nudità, una nudità di cui – al contrario di prima – provare vergogna.
In che cosa questa seconda nudità è diversa dalla prima? Che cosa è accaduto nel mezzo? E’ accaduto l’inganno, è accaduto che abbiano chiuso gli occhi. E’ accaduto che Eva ed Adamo, così chiudendo gli occhi, hanno perso la dignità.
La loro nudità è stavolta priva della veste che prima la adornava senza bisogno di nasconderla: la dignità. L’essersi lasciati ingannare ha significato perdere la propria dignità di uomo e di donna.
Ma non sarà un’indicazione arbitraria la mia? In che senso la dignità può essere intesa come veste? O non è forse questo essere-veste l’essenza stessa, il significato autentico, di ciò che la parola dignità indica? Nella bibbia c’è più di un luogo in cui la parola dignità parla in tal senso:
- A tuo fratello Aaronne farai dei paramenti sacri, in segno di dignità e di gloria. (Eso 28:2)
- Per i figli di Aaronne farai delle tuniche, farai delle cinture, farai delle mitre in segno di dignità e come ornamento. (Eso 28:40)
- Forza e dignità sono il suo manto. (Pro 31:25)
Perduta la veste autentica della dignità originaria, unica capace di ornare e vestire senza coprire, gli uomini debbono ora procurarsi delle vesti che in qualche modo la sostituiscano, e ne costituiscano segno, ricordo, approssimazione, indicazione.
Che nella parola dignità, dig-nitas risuonino la stessa radice semantica della dec-enza, e il decus del dec-oro, apparirà ora meno strano.
A me sto fatto che er serpente ‘nganna, nun m’ha mai convinto. Il serpente, secondo me, ha offerto un’alternativa, presentato un’altra realtá che Eva ha valutato ed accettato. I motivi in fondo interessano poco specie se consideriamo che su questi si e´basata una secolare misoginia della Chiesa. Forse si era
rotta, nella sua sensibilitá di donna, le scatole di una vita felice ma sempre uguale. Forse leggendo e commentando la Genesi si dovrebbe “prendere di petto” l’ estensore.
Molte delle cose scritte sono pregiudizi: l’estensore giá sa quale sia il bene e quale sia il male e di questo fa chiave di scrittura; ma in realtá il concetto non fa parte del testo. Il serpente chiede se vuoi conoscere il bene ed il male e quindi essere uguale a Dio. Mettiamo che Eva avesse resistito al cosiddetto inganno: stavamo meglio o stavamo peggio ?
I bambini non hanno certo vergogna della loro nudità, ma non mi sembrano nemmeno ammantati di dignita’. Infatti essi sono. Ne cattivi, ne buoni, ne degni, almeno nei primissimi anni.
Mi chiedo perche’ allora c’e’ l’albero della conoscenza??? E’ solo perche’ esista il libero arbitrio??? O per il solito “vizio” delle religioni di dover imporre paletti, questo si puo’ fare e questo no, per soddisfare la necessita’ di controllo e quindi di potere.
C’e’ un piccolo aneddoto su Freud, mentre passeggiava con sua moglie ed il figlio nel parco improvvisamente s’accorge che quest’ultimo si e’ allontanato, la moglie comincia gia’ ad essere allarmata ma lui tranquillo le chiede se gli ha forse proibito di andare da qualche parte, lei risponde che gli aveva raccomandato di tenersi lontano dal laghetto, allora lui fu sicuro che il bimbo fosse la’, e cosi fu.
Forse che Adamo ed Eva sono solo bambini??? Allora perche’ lasciarli esposti ad una cosi’ grande tentazione??? Direi che non sei un buon padre se lasci giocare tuo figlio nei pressi di un dirupo.
E se non sono bambini, sono adulti e consapevoli e se i loro occhi sono aperti avrebbero piu’ di ogni altro dovuto vedere l’inganno del serpente in tutta la sua stortura.
Ci si dovrebbe anche porre il problema di cosa sia effettivamente il bene ed il male ma questo ci porterebbe forse troppo lontano.
In ultima analisi non riuscendo a dare una spiegazione filosofica credibile all’episodio della genesi devo tornare alla mia convinzione che questo sia solo il primo esempio di come il pentateuco tenda ad essere solo uno strumento di controllo e potere.
Carlo, Isacco: la fretta chiude i vostri occhi. Anziché porvi dinanzi alla parola per ascoltarla, la affrontate in atteggiamento di giudizio.
E allora per Carlo è tutto chiaro: il serpente non è ingannatore, dove sta scritto? E’ semmai un liberatore, offre una nuova opportunità, e se la bibbia lo descrive così è perché il suo autore, pretacchione misogino ante-litteram, vuole dominare la donna e mortificarla, e rendere cattivo chi invece voleva liberarla. Ma il serpente, caro Carlo, ingannatore lo era e come! “La donna rispose al serpente: «Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: ‘Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete’». Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto…»
Non morirete affatto! Ecco l’inganno!
Dio (a chi la parola volesse avere l’umiltà di ascoltarla) non ha “proibito” proprio niente: ha piuttosto messo in guardia e sull’avviso l’uomo. Se mangi dell’albero della conoscenza del bene e del male, sappi che morirai: quel frutto comporta la morte, e non come punizione (in nessun luogo di Genesi se ne parla come punizione) ma come “conseguenza” intrinseca del mangiare il frutto, cioè del “conoscere il bene e il male”.
E allora, Isacco carissimo, sei fuori strada anche tu (in ottima compagnia, del resto: praticamente con tutta la teologia dominante da un par di millenni a questa parte): il “peccato” non è nel divieto, perché *non c’è nessun divieto*!
Il “peccato”, ciò di cui ci si vergogna, cioè, è proprio nell’essersi lasciati ingannare, nell’essersi determinati a mangiare del frutto *non* per un’affermazione di libertà, ma *al contrario*: avendo abdicato al proprio libero arbitrio, confidando invece nel serpente ingannatore. Insomma, il “peccato originale” non è un peccato di “disobbedienza”, ma è il peccato della *rinuncia alla libertà* e alla consapevolezza di sé.
Difficile da capire? No: solo difficile da accettare, perché abituati a letture “moralistiche”, apologeti e avversatori, allo stesso modo. Ma basterebbe imparare ad affidarsi alla parola, e ascoltare quel che ha da dirci, rinunciando al viziaccio di dover subito “giudicare” tutto secondo gli schemi che abbiamo gia’ in testa, atteggiamento che ci fa perdere tante di quelle bellezze…
Insomma “Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: ‘Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete’». Dio mette sull’avviso:
visto peró che il mondo lo ha creato lui, che bisgno aveva di mettere quelli che Isacco chiama “i paletti” ? te la immagini la pensata ?
“Adesso creo un mondo perché da buon padre ho bisogno di figli (altrimenti che Diopadre sarebbe ?) peró siccome mi annoierei da ammattire con tutto che fila felice in sæcula sæculorum, ci metto una wild card, una tentazioncella da niente: l’albero del bene e del male. Poi per sicurezza ci metto anche il serpente, mi garantisco con una doppia, e lo faccio tentatore. Vediamo come va a finire.”
Mi sembra che non si possa evitare di parlare di estensore/i della Genesi, a meno che non si voglia accettare che l’abbia scritta di suo pugno l’ Onnipotente. Per me é una esempio di razionalizzazione che ancora a millenni di distanza fa a cazzotti con (a) l’idea di padre amoroso (b) un minimo di logica e che come tante altre cose della religione esige fede. Allora beati coloro che credono!
Antonio la tua interpretazione mi convince.
Adamo ed Eva rinunciano alla loro dignità di uomo cedendo alla tentazione del serpente che gli promette di poter diventare come Dio.
Spogli della dignità di essere umano – che implica l’accettazione dei limiti rispetto alla natura divina – si vergognano della loro condizione.
” Il serpente disse alla donna: «No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male». “
Francesco, io la penso un po’ diversamente, in realta’. Secondo me l’inganno vero non e’ nel far credere ad Eva che mangiando del frutto “sarete come Dio”, perche’ in realta’ questo sembra essere vero (l’uomo e’ creato a immagine e somiglianza di Dio, dice Genesi, e dopo il “peccato” Dio decide di mettere un angelo con la spada di fuoco a guardia del giardino per evitare che l’uomo possa tornarvi e mangiare anche dell’altro albero, quello della vita (immortale) e diventi cosi’ simile a Dio. Credo che l’inganno risieda nel “non morirete affatto” del serpente, che infatti contrasta con l'”altrimenti morirete” dell’avvertimento di Dio. Il peccato dunque, piu’ che di “hybris”, come spesso si interpreta, nel senso dell’ambire a voler essere come Dio (cosa non peccaminosa secondo me, tutt’altro, tanto che nel vangelo Gesù dice “siate perfetti come perfetto è il Padre mio”) risiede proprio nell’aver rinunciato alla propria libera decisione, lasciandosi “ingannare” invece che aver esercitato una scelta. In altre parole, per capirci, ritengo che se Eva e Adamo si fossero determinati liberamente (e non sotto inganno) a mangiare di quel frutto non ci sarebbe stato nessun peccato, e nessuna “caduta”, e i loro occhi avrebbero continuato ad essere aperti su tutte le nudità, senza provarne vergogna alcuna, rivestite, com’erano, di piena dignità.
Il male non e’ la disobbedienza, il male non e’ l’orgoglio e la superbia, il male non e’, tanto meno, la lussuria, il male non e’ fare la scelta “sbagliata”. Il male e’ *rinunciare a scegliere liberamente*, e’ rinunciare alla liberta’, cioe’ alla consapevolezza della propria scelta; il male e’ affidare se stessi e le proprie scelte “all’inganno”, alla determinazione di un “serpente” esterno a se stessi. E questo perche’ rinunciare alla liberta’ significa rinunciare a essere quel che si e’, cioe’ uomini: rinunciare alla propria dignita’. Non a caso Levi chiariva il male subito nella shoa come una privazione di questa dignita’ dell’essere-uomo, “Se questo e’ un uomo”. No, l’uomo nell’affidarsi all’inganno e nel rinunciare alla liberta’ non e’ piu’ uomo, e in questo consiste il suo peccato.
Ma la lectio divina continua, e presto andremo avanti con la storia 🙂
Vedo ora che la trattazione ha preso carattere di conversare tra fedeli e quindi di buon punto mi ritiro. Infatti uno che non ha fede non potrá mai argomentare con uno che ha fede: sia per mancanza di lingua comune, sia per rispetto.
Se poi qualcuno mi volesse spiegare il cui prodest di tutta la manfrina messa in piedi:
l’albero proprio al centro del giardino, nel caso non lo trovassero, l’ avvertimento,
il serpente che pur parte del creato giá nasce
ingannatore quindi “malo” senza la grazia divina concessa a tutti gli altri esseri del creato ( perché lui e non per esempio la zebra o il gatto), ecco se qualcuno volesse spiegarla o come metafora o come essenza
di qualcosa che mi sfugge, allora diventerei certo non credente ma per lo meno un po´piu´sapiente.
Mi scuso subito per la lunghezza del testo ma l’argomento e’ fra i miei preferiti e quindi…
Innanzitutto bisognerebbe capire da che base parte la disquisizione, ossia cosa si pensa sia il pentateuco:
-Un semplice libro scritto da uomini
-Una fedele cronaca di avvenimenti realmente accaduti
-La parola di Dio pedissequamente trascritta
-Un libro divinamente ispirato
Io ovviamente propendo per la prima soluzione, la maggioranza dei credenti penso propendano per l’ultima.
Tu hai parlato di enigmi celati, ma la parola di Dio (od una sua ispirazione) dovrebbe aprirti naturalmente gli occhi e non necessitare di astruse ricerche o speculazioni per rivelarsi. Posso costruire un intero Talmud di scienza sopra quegli scritti, ma perche’ la verita’ dovrebbe necessitare di cosi’ complesse costruzioni per essere trovata? Ricordiamoci il rasoio si Ockham, spesso la soluzione piu’ semplice e’ anche quella corretta.
Solo per portare all’estremo il ragionamento potrei dire che si puo’ trovare la verita’ anche in “Mein Kampf” speculandoci opportunamente sopra.
Posso scavare per trovare l’acqua anche nella roccia piu’ dura, ma un fresco fiume di montagna e’ decisamente piu’ dissetante e l’acqua che vi si trova e’ certamente piu’ pura.
Posso ascoltare la voce di Dio nel sussurro del vento o sentirne la fragranza nell’odore del mare, ma andare a cercarlo nelle parole scritte dall’uomo… queste debbono essere parole di Verita’ ed io, pur guardando con gli occhi bene aperti (o almeno ci provo) non ne trovo molte nell’Antico Testamento. Non parlo dell’intera Bibbia.
Una parola Vera deve illuminare e non solo far riflettere. La riflessione e’ costruzione e per sua natura tende a celare l’essenziale, l’illuminazione rivela ed e’ diretta all’intuizione.
Ho letto un paio di volte per intero il Pentateuco e sprazzi un’altra volta ancora ma per ogni pensiero che fa spalancare gli occhi ne ho trovati decine che fanno nascondere la testa sotto la sabbia.
Si puo’ osservare che fu scritto migliaia di anni fa, ma io potrei obbiettare che ci sono antichi scritti orientali, Zen in particolare, che sono attualissimi addirittura in armonia con le teorie della fisica quantistica.
Si puo’ osservare che la comprensione del testo richiede uno studio attento, tre mesi di meditata riflessione (scusa il colpo basso ma non ho resistito) per ogni singolo capitolo, fatto abbastanza opinabile visto che ci sono infiniti passi perfettamente adatti al fabbro del villaggio; ma ancora perche’ la verita’ deve essere celata dietro oscure parole? Forse per rendere necessario un intermediario laureato per svelarla? Perche’ chi lavorava e lavora 15 ore al giorno di certo non ha tempo per le sottili speculazioni.
Ed infine se e’ la parola di Dio perche’ e’ cosi facile da strumentalizzare per ottenerne potere e controllo??? Non ho mai sentito nessuno inneggiare alla guerra citando Bodidharma od il Cantico dei Cantici.
Dopo questa mia digressione sulla Bibbia in generale per amor di contraddittorio torniamo alla Genesi, e se la si guarda come resoconto di eventi realmente avvenuti probabilmente la distanza fra le nostre posizioni e’ invalicabile ma se la guardiamo come una metafora in cui l’archetipo dell’uomo perde la sua innocenza ed e’ costretto a pagare per le sue scelte od assenza di scelte…
La presenza dell’albero si spiega con la necessita’ del libero arbitrio, non cosi’ la presenza del serpente che mi sembra li apposta per far scattare l’ira di Dio.
La strada da te scelta, Antonio, della rinuncia alla scelta non mi sembra stia in piedi e mi spiego. Sono in un villaggio con una bella fontana ma c’e’ un vecchietto che mi dice di non berne l’acqua perche’ e’ avvelenata ed io certamente non ne bevo, ma se arriva una bella ragazza che mi dice che il vecchietto e’ un po’ rincoglionito e l’acqua l’ha appena bevuta anche lei ed e’ freschissima io scelgo a quel punto a chi credere. E di conseguenza bevo o non bevo, ma faccio una scelta. Il punto sta nel fatto che uno dei due “consiglieri” e’ Dio e quindi il “peccato” sta nel dare piu’ credito al serpente e non cieca obbedienza o fede al Signore.
Trovo pero’ che l’archetipo di un uomo puro nel paradiso terrestre dovrebbe essere un illuminato, e quindi riconoscere l’inganno quando lo vede, quindi torno a non capire perche’ si faccia ingannare.
Eh si!…roba da rischiare il rogo, questa affermazione di Isacco “un libro scritto da uomini”. Ma visto che uomini siamo perché non usare la nostra prerogativa, la logica o ragione, e cominciarci a investigare sulla natura, la necessitá, la funzione e la sfiga del serpente ? che ha fatto di male ? o meglio: perché il Creatore ha avuto bisogno di un ingannatore per “testare” Eva ? Chi é il serpente ? Dio che bisogno aveva di creare il mondo ed avendolo creato perfetto perché vi ha nascosto il seme dell’ imperfezione ? perché forse si era reso conto che un mondo sempre perfetto si autoelideva, non serviva a niente , non se ne accorgeva nessuno ? che
il suo mondo fosse imperfetto proprio perché creato perfetto ? Vedi che a ragionarci, non scappi: o sei credente e ci credi e tutto ha un suo equilibrio, o non sei credente ed allora ci sono molti elementi non solo inaccettabili ma anche superflui, non necessarii e, se permettete, ai limiti del comico.
Carlo, Isacco: quel che mi colpisce di voi due, ve lo dico con affetto (Isacco non lo conosco, ma Carlo sì, e lui conosce me) e con un sorriso, è la foga che ci mettete nel cercare a tutti i costi di tirare su la diga tra il credente e il non credente, e il voler dimostrare questo e quest’altro, e così via. Io non sto dimostrando niente. Non voglio convincere nessuno di niente. Non mi pongo il problema del credente o non credente. Cerco solo di farmi “strumento” (questo è la dignità dell’interprete) della parola, di una parola antica, di una parola di saggezza come la Bibbia (ce ne sono altre, certo, e non ho mai detto che sia l’unica). Che poi per me sia “Parola di Dio” (con tutto l’arcano che questo possa significare) e per voi “parola di uomini”, non fa la differenza.
La differenza vera, tra voi e me, in questo momento, non è nel fatto che io dico cose “esatte” e voi no, o viceversa: è nel fatto che io mi pongo dinanzi a questa parola cercando di ascoltarla, e perciò di farla risuonare, parlare, per la meditazione mia e di chi ne ha voglia. Voi invece la “affrontate” con l’arma del giudizio, del vero/falso, corretto/non-corretto. Cosa che peraltro non fareste mai manco con una poesia di Leopardi, per fortuna, di fronte alla quale sono certo vi lascereste andare alla contemplazione che chiede. Qui invece, per qualche motivo, no.
Ora, però, rassegnatevi: il sottoscritto non è capace di proselitismo alcuno, e di battagliare con voi, su quel piano, non ne ha nessuna voglia! 🙂
Antonio il tuo distinguo e’ sottile, ma di rilievo. Integro le tue considerazioni e cerco di spiegarmi meglio.
Adamo ed Eva perdono la loro dignità di uomini perchè non riconoscono la propria libertà di decidere: ingannati dal serpente pensano che solo Dio possa distinguere il bene dal male.
“e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male”
Adamo ed eva quindi commettono due gravi errori tra i quali c’e’ un forte legame e che insieme, forse costituiscono la vera essenza del peccato originale:
– Non riconoscono di avere la libertà di scegliere cosa sia giusto e cosa sbagliato
– Si fanno ingannare piuttosto che scegliere liberamente
Tra i due aspetti credo ci sia una sottile differenza ed una stretta correlazione.
Il primo evidenzia la *dignità* della condizione umana in quanto dotata di capacità di scelta.
Il secondo che l’uomo ha la *responsabilità* di scegliere liberamente, in propria coscienza: delegando ad altri questa libertà, pur non disconoscendo di averla, si rischia di cadere in un inganno.
In questo senso il richiamo all’astensione dai referendum e’ esattamente la riproduzione della scena del peccato originale.
Chi si e’ astenuto ascoltando il consiglio di qualcuno che dichiarava che l’elettore non era pienamente in grado di scegliere ha commesso entrambi i due errori.
Antonio anche rispetto alla responsabilità e’ attinente il concetto di nudità.
Si usa infatti: “essere investito di una responsabilità” o “spogliarsi di una responsabilità”
Adamo ed eva si sarebbero denudati della loro dignità e responsabilità di uomini.
Ottimo Francesco! Le tue osservazioni sono in effetti illuminanti: libertà, dignità, responsabilità sono in effetti, tutte e tre, alla pari, ciò che l’enigma della scena indica. E come si è rivestiti di dignità si è pure ri-vestiti, o in-vestiti, di responsabilità, come tu fai osservare: per avere dec-enza, dec-oro, dig-nità, e non vergognarsi del proprio essere nudi, cioè pienamente se stessi. Anzi, mi pare che le tre cose indichino soprattutto nel senso dell’essere un tutt’uno, un richiamo necessario ed essenziale dall’una all’altra.
Quanto alla res-pons-abilità, intesa come “capacità di portare il peso delle cose” (e dunque la ris-posta autentica non è mai quella che liquida una questione, ma semmai quella che “si fa carico” della domanda, e del suo peso), è ciò che risponde al profondo dubbio di Isacco, che si chiede:
“Trovo pero’ che l’archetipo di un uomo puro nel paradiso terrestre dovrebbe essere un illuminato, e quindi riconoscere l’inganno quando lo vede, quindi torno a non capire perche’ si faccia ingannare.”
Ecco il perché, Isacco: la libertà, cioè il farsi carico in proprio di una scelta e di un’azione ad essa conseguente, è in questo senso anche sempre “res-pons-abilità”, e dunque assunzione di un peso. E’ per questo che siamo quasi sempre così ben disposti nei confronti di chi, “ingannandoci”, ce lo evita.
Ti assicuro, Antonio, che non avevo nessuna voglia di battagliare per prevaricare, ma l’incontro e’ sempre anche un po’ uno scontro, le persone “migliori” non cercano poi di prevaricare gli altri, ma ricevono gli uni dagli altri. E’ vero anche che mi piace molto discutere ed ho la tendenza ed il vizio di “appassionarmi” alle discussioni e quindi cercare di “vincerle”, ma sempre entro certi limiti (almeno spero).
Ti assicuro poi che non ti ho mai considerato intento in un’opera di proselitismo altrimenti non mi sarei nemmeno “degnato” di intervenire alla discussione. Considero le tue riflessioni estremamente profonde ed interessanti, insomma mi piace quello che dici, e per questo cerco di sviscerarle e pur non essendo d’accordo ne trovo spunto di riflessione a mia volta, “l’arma” che mi e’ piu’ congeniale e’ il contraddittorio, tutto qui, credo che spesso una cosa risalti meglio se affiancata al suo contrario, anche se cerco di non giudicare a priori, infatti cerco di “ascoltare” le tue parole, mentre ormai (essendo parecchio che ci ragiono sopra) ho una mia opinione sulle parole dell’Antico Testamento (insisto, solo su quello).
Il fatto che tu e come te molti credano sia “Parola di Dio” e’ abbastanza importante visto che altrimenti non saremmo qui a parlarne probabilmente.
Il perche’ poi affronto con giudizio (io vorrei dire con disincanto), non lasciandomi andare alla contemplazione, questa “Parola” e’ perche’, e l’ho gia’ detto, nei millenni questa e’ stata strumentalizzata in modo orribile (e quindi ritengo si sia prestata a questo con grande naturalezza); e poi perche’ di saggezza nel Pentateuco non ne ho trovata molta a differenza del resto della Bibbia o di quella che si puo’ trovare in molti altri libri.
Infine non voglio erigere dighe o barriere fra il credente ed il non credente, credo che tutti prima o poi si debbano confrontare con la propria spiritualita’, ma praticamente sempre questa viene trasformata in religione e spesso questa a sua volta si trasforma in intermediario unico e necessario fra l’uomo ed il divino, tentando l’uomo con la rinuncia alla sua capacita’ di “scegliere” e “spogliandolo” della responsabilita’ di gestire in proprio il rapporto con il divino.
D’ora in poi comunque tentero’ di “commentare” solo le tue parole in quanto interpretazione di un testo e non in quanto interpretazione del “Testo”, sempre che a te faccia piacere.
Isacco, a me fa piacere qualsiasi cosa e chiunque abbia voglia di regalarmi due once del suo pensiero, e quindi te ne ringrazio.
Mi dici:
> “cerco di “ascoltare” le tue parole, mentre ormai (essendo parecchio che ci ragiono sopra) ho una mia opinione sulle parole dell’Antico Testamento (insisto, solo su quello).”
Beh, lascia perdere me, e regalati un nuovo scontro con quel testo! Abbandona quel triste “ormai” (tutti gli “ormai” sono sempre tristi) e prova (magari anche attraverso le mie parole, se servono, ma non e’ quello che conta) a rinnovare la tua “lotta” con lui. Sapendo che da buon lottatore conosci le regole, prima delle quali è il massimo rispetto dell’altro in lotta (non io, ma quel testo!).
> “Il fatto che tu e come te molti credano sia “Parola di Dio” e’ abbastanza importante visto che altrimenti non saremmo qui a parlarne probabilmente.”
E chi l’ha detto? E quando parlo di Nietzsche e’ perche’ ho “fede” in lui? E perche’ mai?
Ecco cosa mi colpisce, lo ridico in altro modo, dei precedenti interventi tuoi e di Carlo: se io fossi qui a tentare una riflessione sull’Edipo Re, la sfinge e quant’altro, voi non stareste li’ a menarla se lo scritto e’ storico non e’ storico e balle varie: entrerete dentro il linguaggio di quel mito, insieme a me, per vedere di cavarne una qualche saggezza. Io provo a farlo con genesi, e voi (voi, non io!) mi mettete in mezzo questioni “preliminari” (tu credi, io no, ecc. ecc.) che nulla hanno a che vedere col fatto che quel testo e’ li’, e’ li’ per tutti, e tutti possono averci a che fare.
E’ un testo che e’ stato “strumentalizzato”? E quale non lo e’ stato? Non e’ forse in nome dei piu’ begli ideali e con le migliori intenzioni che si sono sempre perpetrati i maggiori crimini? Ragione per buttare via ideali e pensieri belli? Non mi pare.
> D’ora in poi comunque tentero’ di “commentare” solo le tue parole in quanto interpretazione di un testo e non in quanto interpretazione del “Testo”, sempre che a te faccia piacere.
Ribadisco: ne sono felice e onorato. Ma le mie parole sono quelle: forse la distinzione tra “testo” e “Testo” e’ piu’ dentro di te che dentro di me! 🙂
Ohibo´! e´la prima volta che (ti) sento dire che la tua lectio – che comunque chiami divina é solo un commento ed una riflessione sul testo
scritto cosí come é ed avulso da ogni suo significato religioso. Ma questo cambia tutto! Anzi niente: rimane una storia come ce ne sono tante nella letteratura mondiale.Il paradiso, il diluvio universale etc. Se proprio devo analizzarla mi interesserebbe di piu´sapere perché l’autore ha scelto proprio quella sceneggiatura, quel cast di attori e che messaggio mi vuole dare con
appunto la storia. Tutto il fatto della decenza, ovviamente lo accetto, ben trovato,
ma come ha rilevato qualcuno, a studiare bene ed estrapolando si possono trovare passi edificanti in quasi tutti i testi. Allora ?
Entrare entro il linguaggio del racconto-Genesi e derivarne una saggezza
mi sembra impresa un po´ardua. Ne derivo piu´che altro depressione : per un Dio cosi´infantile che si mette a giuocare con le sue creature e l’ albero ed il serpente e il nudo ed il vestito. Per tante possibilitá
di amore andate sprecate. Tra l’altro mi sembra che dalla Genesi a Giuda passando per Abramo la Bibbia sia ben piena di esempi di test, di prove, di verifiche, di amore sprecato.
Accetto la tua interpretazione dell’episodio e le riflessioni sulla perdita’ di dignita’ dell’uomo che cede all’inganno (pur non condividendola almeno in parte), interpretazione sicuramente edificante ed illuminante, e posso arrivare a comprendere il quadro d’insieme come tu l’hai spiegato.
Ma non riesco ancora a comprendere che collocazione dai al serpente.
Perche’e’ li’?? Qual’e’ il suo ruolo, quali i suoi motivi, quale il suo fine???? Chi e’? e come e’ arrivato nel Paradiso Terrestre?
Tutte domande che hanno una facile risposta nell’iconografia classica, ma nella tua interpretazione?
Ad una piccola digressione pero’ non riesco a rinunciare, ovviamente liberissimo di non considerarla.
Primo: mettere sullo stesso piano un commento ad un libro di Nietzsche ed un commento alla Bibbia (non considerando quindi le implicazioni emotive, spirituali e culturali completamente diverse che i due testi si portano dietro) la trovo un po’ tirata per i capelli.
Secondo ed e’ un pensiero che mi e’ venuto oggi a pranzo, probabilmente e’ vero che il tono iniziale (spero ora meno) delle mie mail possa essere risultato aggressivo, e’ un mio viziaccio, ma mi sembra (probabilmente mi sbaglio) che tu ti sia in qualche modo messo sulla difensiva, perche’?
Se c’e’ una reazione un qualche bersaglio e’ stato “colpito” in questo caso (se c’e’ stato) quel’e’ stato?
Questa mia seconda digressione e conseguente domanda potrebbe portare ad un fuori tema clamoroso e quindi…
il serpente mente in partenza; Dio non aveva proibito di mangiare di TUTTI gli alberi,ma di uno solo. La logica dell’azione diabolica è proprio questo falsare la realtà dei fatti, solo un pochino, quel tanto che basta a portare fuori strada.
Credo che l’accorgersi di essere nudi indichi il penetrare nell’uomo della malizia, non della conoscenza, che aveva già. E la malizia entra con il peccato di orgoglio, che porta Adamo ed Eva a dimenticare di essere figli di Dio,a voler in qualche modo negare la propia creaturalità per voler diventare come Dio, cosa impossibile per l’uomo.
Impossibile? forse no, ed è qui l’inganno diabolico; Dio aveva già dato tutto all’uomo,l’uomo era già creato ad immagine e somiglianza di Dio. Il serpente li ha ingannati facendo balenare il bisogno di qualcosa che già avevano, rompendo così l’armonia Dio-Uomo e anche Donna-Uomo, perché subito cominciano ad accusarsi a vicenda dell’accaduto.
Ciao, Andrea
No, Andrea. Quel che tu dici è molto “ragionevole”, ma solo perché costantemente e banalmente ripetuto, *contro il testo*, in migliaia milioni miliardi di prediche da qualche secolo in qua. Ma non sta in piedi.
> il serpente mente in partenza; Dio non aveva proibito di mangiare di TUTTI gli alberi,ma di uno solo.
No: Dio non aveva proibito proprio niente. Primo grosso equivoco dell’interpretazione moralistica di Genesi (e della bibbia). Dio ha messo sull’avviso l’uomo. Se mangi dell’albero della vita vivrai per sempre. Se mangi dell’albero della conoscenza del bene e del male morirai. Cioe’: conoscere il bene e il male comporta (“strutturalmente”, e non come “punizione”) l’accettazione della mortalità. La condizione di immortalità (dall’albero della vita) non si concilia, nell’uomo, con la conoscenza del bene e del male, l’una cosa esclude l’altra. Questo ci dice il testo.
> La logica dell’azione diabolica è proprio questo falsare la realtà dei fatti, solo un pochino, quel tanto che basta a portare fuori strada.
Su questo sono d’accordo. Solo che per te il “falsare” risiede nel dire “così sarete uguali a Dio”, e invece, stando al testo, la menzogna del serpente è un’altra, è in quel “non morirete affatto!”, palesemente in contrasto con quanto affermato da Dio. Il fatto che possedere “contemporaneamente” del frutto dell’immortalità e del frutto della conoscenza del bene e del male comporti l’essere “uguali a Dio” viene invece successivamente confermato da Dio stesso, che pone un angelo a guardia dell’albero della vita, perché l’uomo non torni per mangiarne, “e diventi così simile a noi” (ma su questo nella prossima “lectio”).
> Credo che l’accorgersi di essere nudi indichi il penetrare nell’uomo della malizia, non della conoscenza, che aveva già. E la malizia entra con il peccato di orgoglio, che porta Adamo ed Eva a dimenticare di essere figli di Dio,a voler in qualche modo negare la propia creaturalità per voler diventare come Dio, cosa impossibile per l’uomo.
Niente di tutto ciò è nel testo. Nessuna “malizia” è nel comportamento di Eva e di Adamo (né potrebbe): Eva non fa che accostarsi all’albero, constatare che i frutti apparivano buoni e desiderabili (e del resto Dio li aveva posti li’, nel giardino). E quel che acquisiscono col frutto di cui mangiano è quel che tu neghi, ma che Dio stesso ha invece qualificato fin dall’inizio: la conoscenza del bene e del male.
Il peccato non è nel fatto di “scegliere” (nonostante l’avviso amorevole di Dio, che vorrebbe risparmiargli la dimensione della mortalità) di mangiare il frutto della conoscenza del bene e del male, e così di averla, sia pure a costo (consapevole) della mortalità. Il peccato è nel fatto di *non scegliere*, di affidarsi a un inganno, di credere alla menzogna, di non fare fiducia a se stessi, alla propria libertà/responsabilità.
La tua interpretazione, Andrea (che comunque è quella largamente dominante), si reggerebbe solo sul presupposto di un Dio cinico e crudele, che per ingannare la noia e passare un po’ di tempo si dà il diversivo di creare un essere da mettere alla prova e tendendogli tranelli. E presupporrebbe ciò che più trovo inaccettabile (e che più viene dato per scontato, ahime’, nelle versioni ufficiali della dottrina della chiesa): un concetto di libertà intesa come “libertà di sbagliare”, ovvero sinonimo di crudeltà.
Tutto ciò nel testo non c’è. C’è invece la dimensione della libertà come “libertà/responsabilità di scegliere”, e questa come “ingrediente” essenziale dell’essere uomo e della sua dignità. Libertà rinunciando alla quale, perciò, l’uomo rinuncia a se stesso, alla sua “dignità-decenza”, ed è costretto a vergognarsi di sé.
Vuol dire che se Adamo ed Eva non avessero mangiato la mela , sarebbero rimasti uguali a Dio ? A parte le considerazioni giá espresse precedentemente, mi sembra che la scelta di
Eva e di Adamo poi sia l’ unica valida e proponibile se la storia biblica deve avere un senso, una continuazione. In quest’ottica, bene la scelta, superba quanto vuoi, ma realistica dei progenitori. Puo´anche darsi che si erano annoiati di quella condizione felice a tre, ma qualunque sia stato il motivo, vedete bene che qualsiasi altra scelta avrebbe “bloccato” la storia.
Il fatto é che questa religione richiede atti di
fede e credulitá anche quando non sono necessarii. Di pu´: ci leggo una necessitá di controllo che a guardare bene é il vero peccato originale. Originale , cioé dell’ Originatore, non di Adamo ed Eva.
E´vero : tecnicamente Dio avverte , non proibisce. Ma la distinzione é talmente sottile che quasi tutti ci cascano. Colpa del lettore, so dirá. Si, vero, ma anche della formulazione dell’ avvertimento. Tanté´che , sempre stando alla religione, poi Dio Padre
rendendosi conto di aver sbagliato nel forma e nella sostanza dell’ avvertimento, manda
suo figlio Gesú a riparare. A riparare che ?
A dare una seconda chance ad Adamo ed Eva ? Summa summarum : chi ha scritto la Bibbia e quando ?
Ad ogni tuo distinguo, Antonio, la tua interpretazione risulta sempre piu’ credibile ed affascinante. Ma non mi spiego ancora cosa ci sta a fare li’ il serpente.
Lui, a differenza di Adamo ed Eva, non ha peccato lui sta scegliendo liberamente.
Al serpente ci arriveremo, Isacco, ci arriveremo. Del resto hai ragione: messo in luce quel che abbiamo messo in luce, è proprio il serpente “la” questione ora da affrontare. Ma occorre pazienza. In ogni sforzo di autentica interpretazione (e questo, Carlo, vale sia per i “testi” che per i “Testi”!) non siamo noi a parlare, ma è la parola che parla tramite noi: noi siamo suo strumento fedele solo in quanto, ponendoci al suo servizio, la “lasciamo parlare”.
Evidentemente saltare il pasto mi ispira. E probabilmente il ragionamento successivo ha un qualche bug, consideratelo un beta-ragionamento.
In base a cosa facciamo le nostre scelte?? La maggior parte credo in base a cio’ che riteniamo giusto o sbagliato. Ma giusto e sbagliato sono due concetti che sono molto legati a bene e male (specie in un caso come questo). E quindi in base a quale criterio potevano scegliere Adamo ed Eva non avendo conoscenza del bene o del male??
L’unica scelta a loro possibile era quella di seguire o meno le indicazioni di Dio senza poterne valutare le motivazioni, in fondo non va molto oltre al “fai come ti dico io”.
E portata all’estremo (a livello di flowchart decisionale) anche il non scegliere o delegare la scelta va contro le indicazioni di Dio o il suo programma creativo che ci aveva dato, diventando in definitiva il non decidere una disobbedienza e quindi anch’esso una scelta.
E ancora, chi mi dice che Eva si sia fatta ingannare?? Lei guarda l’albero (ne fa una sua valutazione) e’ bello, e’ buono e porta conoscenza sono tutti pro, unico contro al limite e’ la morte e forse neanche quello stando a quel che mi dice questo serpentello simpatico. Ma qui mi cade un po’ il palco, di che morte si tratta? La morte della carne? Beh poco male mangiamci sta mela o e’ anche morte dello spirito? non e’ stato molto preciso in questo.
E poi Dio non me l’ha detta tutta perche’ non solo la morte ma vengo anche cacciato dal paradiso terrestre, partorisco con dolore, sudo per procurarmi il cibo ecc. ecc. ecc. Ma questa parte restando in sintonia con Antonio potrebbe essere si una punizione ma per il non aver scelto e non per aver mangiato la mela.
Ecco! Isacco c’ e´arrivato, mi sembra! Eva, secondo me, sceglie. Non: si fa ingannare – sceglie perché non avendo conoscenza del bene e del male non puo´dare giusta valutazione all’ avvertimento di “morire”. Dio tranellante – absit iniuria verbo – infatti se ne esce con il vero significato di “morire” solo DOPO che la mela é stata mangiata.
PRIMA che nozione poteva Eva avere del concetto di morire ? morire fisico ? morire in senso traslato ? ambedue ? (come poi sará ).
Nella sequela di condanne (partorire con dolore etc.) mi sembra di leggere quasi un Dio che non aspettava altro che la mela messa li nel bel mezzo del giardino, fosse mangiata. L’avvertimento forse sarebbe stato piu´ efficace se fosse stato piu´ragguagliato, dettagliato. Ad una che non sa distinguere il bene dal male , magari morire poteva apparire come una cosa da provare, che so: una tantum.
No, sono sempre piu´convinto non solo di un vizio di forma iniziale ne la Bibbia ma anche della felicitá della scelta di Eva, in questo, vera madre dei viventi. Trionfo della
condizione umana in cui vita é vita perche´
Eva ha scelto l’ eventualitá di poter morire
Comunque i punti volevano essere due distinti.
Il primo un dubbio su un possibile vizio di fondo nel ragionamento di Antonio, se non c’e’ praticamente possibilita’ di scelta l’errore non puo’ consistere in questo.
Il secondo la possibilita’, a prescindere dal primo punto, che comunque Eva una scelta l’abbia fatta visto che viene specificatamente detto che dopo avere sentito le parole del biscione lei guarda l’albero ed il frutto e ne fa una valutazione precisa.
Mea culpa (si scrive cosi?) ammetto che non mi ero andato a rileggere l’intero passo, ma ora vi ho trovato altre due cose che mi lasciano perplesso e che cozzano un po’ con l’interpretazione di Antonio. Primo: Dio dice all’uomo di non mangiare, la donna ancora non c’era, quindi lei lo sente solo di rimbalzo. Secondo: Dio dice “… e hai mangiato dall’albero di cui ti avevo COMANDATO di non mangiare…” quindi non veniva inteso come un avvertimento ma come una vera e propria proibizione.
Come in ogni buon giallo che si rispetti, ecco il colpo di scena! “COMANDATO di non mangiare”!! possibilitá di traduzione alternativa, errore di traduzione, o altro ??
D’altra parte un avvertimento che viene da Dio, non mi sembra ci siano molte alternative
a seguire quell’avvertimento, cioé all’ubbidienza. a cosa si ubbisce ? ai comandi.
Eh già, abbiamo le prove, c’è il “comando”, caro Antonio, ti abbiamo preso in fallo! Che vai cianciando di cose strane? E’ quel che s’e’ sempre detto saputo e risaputo: quel Dio li’ e’ un Dio che vuol solo dimostrare la sua potenza, mette alla prova l’uomo, l’uomo prometeicamente disobbedisce e Dio lo punisce per il suo peccato. Per esser buoni si puo’ essere liberi, si’, ma liberi solo di obbedire. Questo vi direbbe oggi Ratzinger, questo vi direbbe oggi Ruini, e questo vi berreste voi.
Del resto, mi dite, non c’e’ scampo, li’ c’e’ proprio scritto che “vi do questo comando:…”. E poi “hai forse mangiato del frutto che ti avevo *comandato* di non mangiare?”…
Carlo – conoscendomi – mette le mani avanti: vuoi vedere che adesso Antonio, con un altro incantesimo dei suoi vorrà dimostrarci che c’è comando e comando, ubbidienza e ubbidienza…
Beh, si’, Carlo, anche questo: Comandare non è originariamente “costringere con la forza a fare qualcosa sotto minaccia di punizione”. Comandare è lo stesso che “commendare” (da cui la commenda, cioe’ il dono, l’affidamento, e il commendatore, per es.), da cum- (qui con valore intensivo) e mandare, affidare. Affidare con trepidazione, si direbbe.
E obbedire? Ob-oedio, ob-audire: chinarsi incontro a colui che parla per meglio ascoltare, prestare ascolto e attenzione. Talche’ la vera obbedienza – essendo autentico ascolto della parola autorevole finalizzato alla propria libera decisione di aderirvi o no – e’ *l’opposto* della sottomissione, dove ci si adegua (non si “ob-bedisce”) sotto minaccia, e con riserva mentale di pensarla esattamente all’opposto. Il soldato che esegue un ordine non obbedisce, ma si sottomette. Mia figlia Matilde (due anni) che guardandomi con la manina paffutella che segna no-no-no vuole dirmi che ha capito che il forno caldo e’ meglio non toccarlo, per farmi capire che ha capito quel che le ho detto, lei “obbedisce”.
“Matilde, non toccare il forno, altrimenti ti scotti!”.
“Adamo, non mangiare di quel frutto, altrimenti morirai!”. Questo il comando di Dio. Lasciato alla “ob-oedienza” dell’uomo.
“Ma come Matilde, porca miseria!, come ti sei scottata? Hai forse toccato il forno che non dovevi toccare?”
“Chi ti ha fatto conoscere che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto che ti avevo ordinato di non toccare?”.
E’ afflitto Dio, afflitto perche’ l’uomo *non scegliendo*, ma lasciandosi ingannare dal serpente (“non morirete affatto!”) si ritrova in un destino di mortalità non avendolo scelto. E quel che segue non è una condanna e punizione per l’uomo, ma, guarda caso, per il serpente (lo vedremo). Per l’uomo sarà invece la rivelazione del destino di contraddittorietà di cui è fatta la vita di chi quella contraddittorieta’ (la conoscenza del bene e del male entrambi compresenti) ora conosce. Quella contraddittorietà cui solo la morte pone fine.
Ma ancora piu’ indietro, il dubbio di Isacco: ma come si puo’ parlare di scelta? Si sceglie tra il bene e il male, e loro, che non avevano ancora la conoscenza del bene e del male, come potevano scegliere? Dunque il ragionamento non sta in piedi!
Ah, Isacco, ah Carlo, vi capisco. Talmente siamo impregnati di moralismo, che non sappiamo neanche piu’ pensare che “scegliere”, e non “scegliere il bene”, e’ gia’ in se’ tutta la dignita’ dell’uomo. E che si puo’ scegliere, e continuamente scegliamo, non tra il bene e il male, ma tra una possibilita’ e l’altra, senza che queste debbano per forza essere connotate moralisticamente. Che cravatta metto domani? Rossa o verde? E che facolta’ fara’ mio figlio il prossimo anno? E che partito votero’ alle prossime elezioni?
Per questo il “peccato” di Adamo e di Eva non è affatto consistito nell’aver fatto il “male”, ma nell’aver tradito se stessi, abdicando alla liberta’, alla responsabilita’ di scegliere in proprio. Un peccato non “morale” ma “ontologico”. E solo per questo si puo’ parlare di un “peccato originale” che segna l’uomo come tale. Un peccato “ereditario” che dal punto di vista morale sarebbe un semplice e selvaggio assurdo. Ma che letto invece nell’ottica della sempre possibile per tutti noi “rinuncia” alla liberta’ (cosa che sperimentiamo ogni giorno in tanti nostri comportamenti) come elemento che ci contrassegna, assume il suo significato proprio e “originale”.
Il serpente… resta il serpente. Me la potrei cavare dicendovi (come vi direbbero tutti i libri) che ponendo il serpente come “cattivo” l’autore voleva polemizzare con molti politeismi naturalistici dell’epoca, che spesso attribuivano al serpente elementi di divinita’. Ma resteremmo alla superficie. Qui la domanda non e’ “perche’ proprio un serpente”, ma la domanda e’: perche’ c’e’ un “ingannatore” in questa scena? come esce fuori? E come mai e’ cosi’ “cattivo” pur essendo anch’esso creatura dello stesso creatore? Cosa rappresenta, insomma, il serpente, nel linguaggio del mito della creazione narrato in genesi?
Mi spiace Antonio che la discussione sia diventata una specie di gara nel coglierti in fallo, una caccia alle streghe (per restare in tema), o almeno che tu la percepisca come tale, ma tant’e’ che non sono riuscito a metterla giu’ in altro modo.
Il nocciolo della questione e’ che tu vuoi dare un’interpretazione nuova e ardita di un testo che vanta migliaia di interpretazioni e la tua e’ decisamente controtendenza, benvenga.
Nel farlo non dici che essendo un testo sacro necessita di una lettura particolare con significati segreti delle parole, ma che il significato sgorga naturalmente dalle parole basta saper leggere con occhi aperti ed il cuore privo di preconcetti e giudizi.
Ritengo che questo non solo non sia arrogante, ma sia addirittura nobile.
C’e’ ovviamente un pero’, se la tua visione e’ completamente diversa da quella “ufficiale” viene naturale chiedere di mostrare dove questa sbaglia e di farlo con basi estremamente solide visto che “tutti” la pensiamo in modo diverso.
Arrivati a questo punto trovo la tua interpretazione affascinante, costruttiva, profonda e veste di nuova dignita’ il testo, ma basata su presupposti troppo fragili. Tanto vale sbarazzarci del testo sottostante e tenere solo la tua costruzione come base su cui discutere, che non e’ piu’ quindi interpretazione ma libera ispirazione al testo.
E’ per questa fragilita’ delle premesse che tento di minarle, perche’ per quanto bello sia il tuo discorso senza esse non sta in piedi; e se torniamo alla interpretazione classica come dici tu: “si reggerebbe solo sul presupposto di un Dio cinico e crudele, che per ingannare la noia e passare un po’ di tempo si dà il diversivo di creare un essere da mettere alla prova e tendendogli tranelli”.
Non ho nulla di nuovo da aggiungere riguardo al testo, ma visto che ci sono provo a fare il punto.
Il bene ed il male ce li siamo voluti noi, non erano necessari. E fin qui sono d’accordo, e’ forse malvagio il leone quando uccide il cucciolo del capo branco appena spodestato? O vuol far del male forse la tempesta quando si abbatte con violenza inaudita?
Ma scegliere se mettere una cravatta verde od una blu non e’ scegliere, tanto vale tirare una monetina; ma in questo caso la scelta e’ ancora meno significativa tanto quanto ordinare un piatto tailandese da un menu’ non tradotto, visto che Adamo ed Eva nulla sapevano di bene, male o morte.
Una scelta per essere tale deve essere consapevole e pesata, un mondo dove scegliere di che colore vestirmi non mi basta.
Il comando mi sta anche bene nell’accezione che dici tu (anche se, bluffando, potrei dire che nel testo ebraico originale l’accezione da te data non esiste), ma sta sicuro che un bambino, se non si e’ mai scottato, la manina prima o poi la appoggia sul forno. Ad ogni modo Dio s’e’ preso la briga di creare un universo, il sole, la terra ecc.. e poi ci mette su due bambini non consapevoli?
Le tue puntualizzazioni non mi sembra spostino molto l’ago della bilancia, quei due hanno troppo poco da scegliere e senza alcuna consapevolezza, sono totalmente impreparati ad affrontare l’inganno.
Insomma mi devi concedere un minimo di scetticismo in un libro in cui visto che s’era protestato per il cibo e la manna aveva stufato “l’ira del Signore divampo’ contro il popolo e il Signore fece del popolo una strage grande assai” (Num. 11,33); puoi dirmi che c’e’ strage e strage e l’ira del signore non e’ quella che pensiamo noi ma insomma…
Ovviamente non credo in un Dio crudele e vendicativo, ma non riesco neanche a credere che questo libro (Il Pentateuco) non mi stia proprio descrivendo un Dio crudele e vendicativo.
Non mi sembra che Isacco abbia bisogno di sostenitori , peró due cose scrive che anche a me paiono degne di riflessione :
” ordinare un piatto tailandese da un menu’ non tradotto, visto che Adamo ed Eva nulla sapevano di bene, male o morte.” e piu´in lá:
Ad ogni modo Dio s’e’ preso la briga di creare un universo, il sole, la terra ecc.. e poi ci mette su due bambini non consapevoli?
Questo mi riporta al discorso di “chi l’ ha scritto”. Chiaramente, almeno per me, chi l’ha scritto aveva giá preordinato la sceneggiatura:
Dio onnipotente dalle disposizioni e dalle azioni insondabili sia
dalla mente di Adamo ed Eva, sia da quella della loro prole.
Quindi non per alzare barriere , ma mi sembra che la fede sia l’ unica chiave di lettura: o ci credi ed allora
sta bene cosi´o non ci credi ed allora il testo/Testi non reggono alle prime anche brancicanti analisi della logica.
L’esempio del bambino e della stufa é calzante. Provate a sostituire gli attori: genitori=Dio, bambino = Adamo&Eva,
stufa = albero del bene e del male, serpente = alter-ego dei genitori in fase avvertente.
Finisce che il bambino tocca e si brucia. Perché tocca ? perché la stufa sta in mezzo alla stanza e perché il bambino nato non fu a vivere come bruto. Risultato: il bambino tocca, si brucia e si prende una sgridata dai genitori, sculaccioni e a letto senza cena .
Se questo é il Dio dell’ Amore, il padre universale, il role-model, allora ben si spiegano i casini
poi commessi dal genre umano: guerre etc.
Se peccato originale c’é’ , esso é stato commesso solo da chi aveva la conoscenza del bene e del male, non da chi non la aveva.
La figura di Dio nella Genesi, se non vogliamo definirla “tranellosa”, che mi sembra veramente un po´troppo, é perlomeno definibile come irresponsabile,e poco amorosa. Allora se é cosi´ed uno vuole credere in questa Figura, ha difficoltá a sostenerla con la logica: solo la Fede aiuta.
volevo soltanto sapere chi ha mangiato per primo la mela? adamo o eva? grazie
Eva, Andrea, Eva: ma bastava leggere il testo Andrea, non ti pare? E comunque non si trattava di mela, ma di un non meglio precisato “frutto della conoscenza del bene e del male”.
Salve,
ho trovato questo blog alla ricerca di lectio di un passo davvero controverso. Ho compreso il punto a cui sei arrivato tu Antonio..la libertà. Io penso che la tua conclusione sia imperfetta. Innanzi tutto Adamo ed Eva avevano piena coscienza di cos’era bene (Dio) e di cos’era male (assenza di Dio); infatti satana che ha parlato per mezzo del serpente che di per sè non è malvagio, ma astuto, senza nessuna implicazione malvagia, quindi vuol dire che satana ha potuto decidere di non stare con Dio. Se questo era valido x gli angeli xkè non sarebbe dovuto valere anke per l’uomo?? Quindi Adamo ed Eva facendosi TENTARE hanno DECISO di mangiare il frutto della conoscienza. Il frutto della conoscienza non significa ke prima erano all’oscuro del bene e del male, ma ke non potevano scegliere cos’è bene e cos’è male, ke è diverso!! Ovvero se io decido ke in questo bikkiere pieno di veleno c’è acqua e bevo, io morirò; Dio invece se dice ke il veleno è acqua io non morirò. Quindi il peccato sta nel voler decidere cos’è il bene e cos’è il male, potere ke non può avere l’uomo. Di conseguenza la libertà è un concetto libero da vincoli morali ke non sono scindibili dalla condizione reale. Essere liberi di uccidere qualcuno, sotto tentazione e non, del demonio, non è libertà, anke se è frutto di libera scelta. Quindi la libertà deve essere intesa come “libertà di fare il bene”, perkè l’uomo, essendo ad immagine e somiglianza di Dio è di riflesso Amore, decidere di fare il male è andare contro se stessi, contro l’umanità.
Daniele, non starò a contestare le tue motivazioni, le mie le ho già abbondantemente date e motivate. Mi limiterò a osservare che la tua apparentemente ortodossissima e piena di buonsenso libertà intesa come “libertà di fare il bene” è in continuità totale e assoluta (tanto per fare qualche esempio “macro”) con gli stermini perpetrati da un Hitler, da uno Stalin, da un Mao. Tutti sempre e solo nel nome del “bene”, ovviamente.
Buonasera, ho letto con interesse la sua disquisizione in merito all’argomento, il che sarebbe anche esatta se fosse solo in tema umano ed etico secondo la morale odierna o meglio post eden. In realtà mi permetto di essere in disaccordo, in quanto pur credendo che il fatto sia realmente accaduto, il brano biblico ha una valenza anche (ma non solo) metaforica. Aprire gli occhi ha un significato assolutamente positivo se associato al venir fuori da un condizionamento negativo (vedi la sottomissione a situazioni dannose ma che portano a dipendenza, idealizzare una persone ecc.) ma in questo caso significa “conoscere anche il male come risultato della mancanza di fiducia nel Creatore, perchè la superbia della vita è entrata nella mente di Eva, e fino lì non c’è peccato (la tentazione non è peccato) e lei invece di credere alla Parola di Dio ha “provato” il gusto del frutto proibito. Che poi quell’albero a mio parere non aveva nulla di diverso o meno attraente degli altri, solo che era legato a un comando divino e si sa è bello trasgredire. I loro occhi si sono aperti e dopo aver constatato la nudità (che voleva dire non avere segreti nè verso il partner tantomeno verso Dio) hanno cercato di coprirsi per causa del senso di colpa. Da qual momento il vestito è sinonimo di dignità. Ma quanto vorrei poter tornare alla purezza dell’Eden per comparire “nudo” senza ipocrisia e religiosità, dinanzi al mio Dio. Le auguro buona domenica. P.S. Sono solo un pastore evangelico senza lauree speciali ma che è costantemente alla scuola dello Spirito Santo. Dio la benedica e la illumini.