Domani pomeriggio dovrò intervenire al 57° Congresso Nazionale AIB (Associazione Italiana Biblioteche), dove si parlerà ovviamente di ebook.
Nel tentativo di preparare qualcosa di sensato per il mio intervento, ho ripescato nei meandri delle mie clouds un appunto digitale del 6 novembre 2010, che avevo tenuto per me, in cui cercavo di rispondere alla domanda “come può funzionare un servizio di prestito digitale?“. A me sembrava ovvio dovesse essere così, e invece il mondo pare andare in tutt’altre (e più complicate) direzioni. Ciononostante a me sembra ancora oggi ovvio che debba andare… come dico io 😉
Domani riproporrò pubblicamente questa mia visione, magari è la volta buona che mi convincono del contrario 🙂
[Legenda: “Alexandria” è il nome in codice che avevo scelto per il servizio di digital lending ad uso delle biblioteche di Simplicissimus Book Farm. Non è ancora in piedi, e il nome probabilmente sarà un altro]
[…] mission già da ora la socialità e su questa dovrà semplicemente (?) lavorare di più. Qui le slide […]
Se comprendo correttamente la tua proposta, questo schema per essere sostenibile dovrebbe fissare il ‘fee’ per prestito uguale al prezzo di un libro cartaceo diviso il numero medio di prestiti nell’arco di vita di una biblioteca. Con questa premessa e senza conoscere i numeri, mi sembrerebbe che il fee dovrebbe essere molto basso.
Luigi, sì, dev’essere molto basso, ma non tanto in riferimento ai parametri che tu indichi. In riferimento, piuttosto, alla copertura dell’unico costo che un sistema come questo effettivamente genera: quello della “consegna”, la “delivery” del contenuto da parte della piattaforma di distribuzione, maggiorato del ricavo che l’editore vuole mettersi in tasca per ogni singolo atto di prestito. A occhio direi una cosa del tipo “non più di 0,20-0,40 euro”.
[…] provato a spiegarlo mille volte, l’ho spiegato anche al Congresso Nazionale Bibliotecari, apparentemente non contestato e approvato da tutti, eppure niente, si continua su quella strada. […]