Il blog di Antonio Tombolini

Il dopo-TwitterCamp: crisi del BarCamp? Sì e no

I

Leggo da alcuni commenti di una certa delusione rispetto al TwitterCamp: pochi interventi, scarso entusiasmo. Tanto che qualcuno arriva a chiedersi esplicitamente: che la formula dei BarCamp stia entrando in crisi?
Abbozzo una risposta, anzi due: sì e no. E provo a spiegare.
Quando nasce un nuovo modo di comunicare, di essere in relazione, l’entusiasmo si concentra sulla novità della formula, sulla modalità che sostituisce, finalmente, quelle vecchie che hanno stancato. Il BarCamp entusiasma in quanto BarCamp.
Poi i BarCamp si affermano, ce ne sono sempre di più, qualcuno riesce meglio qualcun altro meno, ma – ecco ciò che contasono sempre meno nuovi, per forza di cose: la formula diviene sempre più conosciuta e collaudata.
A questo punto (ecco la crisi!) l’entusiasmo per il metodo decade, come è naturale, insieme alla sua carica di novità.
Credo che ci troviamo – almeno in Italia – esattamente a questo punto: abbiamo digerito e consolidato la formula-BarCamp, e la formula in se stessa, proprio perchè conosciuta, non è più in grado di suscitare entusiasmo e interesse. A meno che…
A meno che (ed ecco il passaggio da fare adesso!) non ci si sposti dai BarCamp fatti per sperimentare il BarCamp, la sua modalità, il suo metodo, ai BarCamp tematici, dove finalmente la motivazione, l’entusiasmo, l’interesse vengano suscitati dal tema di volta in volta in questione.
In questo senso i BarCamp non sarebbero mai troppi, tanti sono infatti i temi su cui sarebbe senz’altro utile – per gruppi diverse di persone/interessi – utilizzare la formula-BarCamp per approfondire, riflettere, accendere idee e iniziative.
Detto di passaggio, è con questa idea che è nato dalla prestigiosa testolina di Vittorio il FoodCamp, un BarCamp tematico che ha già in programma addirittura tre sessioni (maggio, luglio e ottobre), che esplicitamente dichiara nel presentarsi:

Il FoodCamp Il Gusto di Internet punta a riunire addetti ai lavori food e/o wine e/o internet e/o grande e/o piccola distribuzione, ma non solo, per fare il punto della situazione sul settore. Lo scopo è (anche) quello di mettere capo a eventuali startup da avviare. Il tutto in stile BarCamp.

Dall’entusiasmo sul metodo all’entusiasmo sul merito delle questioni: se funzionerà questo passaggio, la cosiddetta crisi dei BarCamp si dimostrerà una crisi di crescita.

Commenta

  • Antonio,
    a mio modesto parere una delle grandi pecche della formula BarCamp e’ che si parte dal presupposto che tutti – e sottolineo tutti – abbiano la possibilita’ di dire qualcosa (in forma di presentazione, s’intende) senza poter verificare in anticipo la qualita’ degli interventi proposti.
    Il risultato e’ che il livello medio degli interventi ai BarCamp e’ decisamente basso e gli spunti sono pochi… mentre invece sono proprio la qualita’ degli interventi (e degli speaker) e la ricchezza di spunti a rendere una conferenza o un evento attraente.

  • Non sono d’accordo né con Giorgio né con Tambu, alé! 🙂
    @Tambu: no, TwitterCamp è un BarCamp su Twitter, ovvero sulla rete, sui suoi luoghi e strumenti ecc… quindi sempre sul “metodo-rete”, per capirci. Il BarCamp tematico è quello in cui si prende un tema (dal ciclo di vita delle carote all’ultimo Tour di Orietta Berti) e lo si tratta col “metodo-rete”, di cui il BarCamp è uno dei modi.
    @Giorgio: ci mancherebbe solo il “verificare in anticipo la qualità degli interventi”! Il BarCamp è giustamente il contrario, e a giudicare sono solo quelli che agli interventi partecipano. Ecco un altro dei punti della rete: in rete la quantità fa la qualità, in 2 sensi:
    a) la (potenziale) quantità è talmente tanta che la probabilità di non trovarci nulla di qualitativamente elevato tende a zero
    b) la quantità consente percorsi di qualità impredictable: è la questione della “serendipity”, vai al BarCamp, senti una cosa che agli altri non dice assolutamente nulla, e anzi sembra una cavolata, e invece è proprio quella che a te fa accendere LA lampadina ecc…

  • Ne riflettevo di ritorno dal TwitterCamp appunto. Non credo sia un problema di formula, che peraltro non è tanto innovativa, quanto di contenuti grezzi.
    Non sempre con i numeri che abbiamo la quantità genera qualità. E’ vero in Rete, dove abbiamo una realtà infinita ed estesa nel tempo, ma non in una giornata (come gli ultimi camp) con un centinaio di persone.
    Detto questo una delle possibili evoluzioni della formula è senz’altro tentare di dare una continuità agli sforzi ed ai ragionamenti dell’incontro, un po’ come il presupposto del Ritaliacamp. Solo che in questo modo diventa molto più impegnativo (per questo il foodcamp mi sembra un ottimo esperimento 🙂 .

  • Antonio, in teoria sono d’accordo con te.
    In pratica (parlo della mia esperienza, per l’amor del cielo) ho solo visto tante presentazioni/interventi arraffazzonati all’ultimo minuto e tante banalita’ sentite e risentite
    Il principio della “long tail degli interventi” (tra i tanti interventi qualcuno sara’ sicuramente di qualita’ e sta agli ascoltatori/partecipanti promuovere o bocciare) a mio parere funziona sulla rete (interventi potenzialmente illimitati, strumenti per filtrare e scegliere gli interventi migliori), non nel mondo fisico dove i vincoli dello spazio e del tempo mi impongono di seguire una scaletta in cui intervengono un numero per forza limitato di speaker.

  • Tommaso, Giorgio: avete ragione! Ovviamente c’è il problema dei “limiti” del mondo fisico.
    Ma per risolvere non si tratta di “fare un passo indietro”, e tornare alle dinamiche degli workshop tradizionali (tutti gli interventi ben preparati ecc…): si tratta invece di creare un continuum real-virtual dell’evento, facendo in modo che i partecipanti (e gli interventi) siano non solo quelli “in loco”, ma anche quelli di chi partecipa via internet. E’ in questa direzione che secondo me vale la pena di sperimentare.

  • Antonio perdonami la pessima impressione che do nello scrivere quello che sto per scrivere… ma il tuo blog si è trasformato, nell’ultimo anno, in un blogo per addetti ai lavori…
    Io 6 volte su 10 non riesco a capire un cacchio di quello che scrivi, o meglio ne capisco il senso… ma poco la sostanza.
    quanto mi manca l’Antonio che ci postava le foto della bimba appena nata o dell’Antonio ai fornelli…
    scusa pensiero assolutamente personale
    Gianluca
    Roma

  • Gluca
    il bello è che non si capiscono neanche tra loro!
    twittercamp-barcamp tematico-serendipity-workshop-continuum real-virtual -Ritaliacamp-TwitterCamp è un BarCamp su Twitter-
    Sono da sedare con calmanti per il bene loro..!

  • Da sirio aspetto l’olio di ricino (con l’aria che tira perché stupirsi?).
    A gluca dico che mi sento profondissimamente offeso. Il mio blog è sempre stato, orgogliosamente, un blog per addetti ai lavori, e ha sempre fatto di tutto per scoraggiare i suoi visitatori dal frequentarlo, peraltro con ottimi risultati.

  • Guai a me se questa nota sembra ri-aprire polemiche.
    Su quella decina che non hanno gradito il Twittercamp rispondo con le note che ho pubblicato ieri su Wordcamp e che potrebbero essere utili anche per questa conversazione:
    Titolo: Format o non format?
    Non sono un grandissimo frequentatore di barcamp, mi sembra 5 o 6 in tutto. Ho le idee molto chiare invece su cosa mi aspetto dai Barcamp in genere.
    Spero di non scrivere un pistolotto ma è d’obbligo una premessa di fondo: I BARCAMP SONO FATTI DALLE PERSONE. LA RETE E’ ABITATA DA PERSONE.
    Tutto gira attorno a questi concetti. Quanto bisogno c’è di relazionarsi con gli altri? Quanta voglia abbiamo di portare un contributo, di accettare un contradittorio o semplicemente di assumere un atteggiamento assertivo ma di partecipazione?
    Non credo nei format e negli slogan talebani:
    Palco si, palco no!
    Microfono forse, microfono mai!
    Sponsor male, sponsor bene!
    Sala, salone, cameretta, open-air, cantina o stadio!
    Insomma da quello che ho visto il successo dipende sempre dall’atteggiamento delle persone.
    Ovvio che, a seconda della prospettiva, ogni Barcamp ha dei punti di eccellenza e altri criticabili ma, sta nell’evidenza che tutto è perfettibile e migliorabile.
    Ne ho gustati alcuni dove eravamo in pochi (meno di 30 persone) e il rapporto era dialogico e includente. Altri tipo megaraduni, erano più dispersivi e l’inclusione non era vista come un valore. Piuttosto erano dei cluster che fra loro comunicavano poco.
    Non so se, come nelle reti sociali, i Barcamp abbiano bisogno di animazione. Certo, l’animatore, come nei villaggi turistici, rompe la timidezza, ti trascina in pista insomma.
    A me piace pensare che ognuno costruisce il suo Barcamp. Pochi paletti fissi:
    Il posto
    La bacheca per appuntare i talk
    Angoli di aggregazione flessibili
    Il resto, come detto, dipende dalle persone e dalla loro voglia di abitare la rete e i barcamp in modo attivo e partecipativo.
    I miei due cents
    Scusami se ho fatto un copia e incolla, ma mi sembrava coerente con il tema da te proposto.
    Ribadisco che, come nella vita, ci possono essere persone più o meno predisposte a una conversazione a un meeting o a un momento sociale.
    L’importante è non pensare che chi urla più forte il suo malessere sia sempre quello che ha ragione. Per lo meno altri 85 che si son divertiti, hanno espresso la loro opinione in rete dul Twittercamp.
    Ma non vorrei darmi la zappa sui piedi. Non è una questione di numeri. E’ una questione di rispetto per le opinioni e l’impegno degli altri.
    Se nel tuo camp qualcosa non andasee bene, non ne farei una polemica. Magari ti scriverei una mail di incoraggiamento con dei suggerimenti.
    Un grosso in bocca al lupo per il Foodcamp e, non prometto nulla, ma il 1 Maggio sono in viaggio sulla A14 verso Matera, chissà 🙂
    Rivedere Vittorio e conoscere te mi farebbe piacere.

  • @gigicogo, condivido TUTTO quello che hai scritto. Questo non mi impedisce di ribadire la mia sensazione: che si avverta la necessità (utilità) di passare dalla fase del “facciamo un barcamp per parlare di internet” alla fase del “facciamo un barcamp per parlare di X (dove X è un tema della vita a piacere) ai tempi della rete”.
    E al FoodCamp fatti vedere! 🙂

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