Il blog di Antonio Tombolini

Il futuro (prossimo) radicale: come la vedo io

I

Io la vedo così:

1) Prima di tutto sgombriamo il campo dall’opzione-Della Vedova,
semplicemente perché non è un’opzione. La sua posizione, e quella dei
suoi, si riduce a un semplice e ad ogni occasione reiterato caliamoci
le brache, chiediamo scusa, imploriamo perdono per le nostre molte
colpe, e intruppiamoci a qualsiasi costo in uno dei due poli
. Che per
Benedetto (ed altri) sarebbe il centro destra, per Viale (ed altri)
sarebbe il centro sinistra. Formidabile come tuttavia la comune
disponibilità ad annullare se stessi e la propria storia di radicali
risulti premiante rispetto alle loro stesse differenze,
costituendoli appunto in gruppo o corrente. La mia obiezione a
tutto ciò è: a) se voglio andare in parlamento è per fare delle cose e non
altre, e su alcune di esse non
sono disponibile a cedere neanche di mezzo millimetro; b) se proprio
invece mi convincessi della bontà di quella impostazione,
probabilmente mi precipiterei a sperimentarla in proprio: per andare da
Berlusconi e da Prodi a dire sono radicale ma fai finta che non lo sia
anzi scusami se l’ho fatto e ora per favore prendimi con te
non c’è
bisogno di un partito (tantomeno di un partito radicale): ognuno può
farlo per conto suo.

2) Una pluralità di soggetti di area radicale con focalizzazioni e
finalità specifiche può avere un senso, ma (almeno in questa fase) i
costi, in tutti i sensi, sono decisamente superiori ai benefici.
Occorre (ri)costituire un partito, il Partito Radicale Transnazionale,
facendo convergere in esso tutte le tematiche, e dotandolo di una
struttura politica all’altezza di gestire in termini transnazionali
tutti i temi di impegno politico, perché tutti sono ormai prima
transnazionali e poi, semmai, anche italiani.

3) Si dia vita al Partito d’Azione, mettendo a punto una sua magna
charta
attorno alla quale far convergere, se si riesce, chiunque
vuole, ma entro un certo termine, perché il partito d’azione neonato
possa in tempi utili andare a congresso per definire linee e strutture
in vista delle politiche del 2006.

4) Se il Partito d’Azione riesce a costituirsi con presenze
significative anche non-radicali, o comunque quantitativamente
significative (30 mila iscritti?) bene, si procede. Altrimenti niente,
e la politica radicale in Italia resta una parte della iniziativa
politica del Partito Radicale Transnazionale.

5) Niente Terzo Polo: soluzione velleitaria ma anche sbagliata in
sé. Un polo o ha possibilità di concorrere per essere forza di
governo, o non è. Se è strumentale a successivi accordi col
vincitore, allora, meglio e più onesto che faccia le sue scelte prima,
alleandosi prima delle elezioni, e non dopo, salendo sul carro del
vincitore. Quindi:
sia che si riesca a costituire il Partito d’Azione, sia che no, la
partecipazione alle elezioni politiche del 2006 dovrà essere
prioritariamente tentata nell’ambito dello schieramento di centro
sinistra (chi cincischia ancora, almeno in questa fase, con la
possibilità di dialogare col centro destra è solo un disturbatore),
arrivando fino a proporre un proprio programma e un candidato per le
primarie, qualora queste siano vere almeno nella procedura (per
esempio che consentano un efficace controllo di correttezza e
consentano un elettorato attivo significativamente ampio). Il programma
del partito d’azione e del suo candidato comprenderà e anzi avrà come
prioritarie azioni sui temi referendari della libertà di ricerca e
dell’urgenza di un impegno anticlericale. Le mediazioni si faranno dopo
le primarie, cercando di ottenere il massimo, ma la fase delle primarie
dovrà servire a rendere evidente a tutti le idee e la natura di questa componente.

6) Nel caso in cui l’accordo col centro sinistra venga rifiutato
(cosa assai probabile) il Partito d’Azione (o la sezione italiana del
Partito Radicale Transnazionale) presenterà propri candidati solo nel
maggioritario, in alcuni collegi ben individuati, o anche (se gliela si
fa), come ha proposto Cappato, in tutti i collegi in cui né un polo
né l’altro presentino un candidato referendario.

7) Contemporaneamente in seno al Partito Radicale Transnazionale si
metta urgentemente mano e con priorità a una rinnovata riflessione e
rilancio dell’eredità spinelliana, della questione dell’Europa e della
sua necessaria strutturazione federale, in questa fase di evidente
crisi della attuale costruzione europea, e alle azioni politiche e di lotta
conseguenti.

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  • Premesso che pensavo ti riferissi a Della Vedova, io Viale l’ho riascoltato e non mi pare abbia invitato a “calarsi le brache”. Mi pare (dico mi pare perchè ero a pisciare in bagno e la radio radicale a volte sta muta qui a milano) che abbia detto che dovremmo cercare un accordo smussando gli angoli, perché altrimenti non si va da nessuna parte.
    E se non si va da nessuna parte non si può fare nulla. E se non si fa nulla non si ottengono risultati. E se non si ottengono risultati perché cavolo continuiamo a lottare nello stesso modo? Possible che un richiamo al rivedere una strategia appaia agli occhi di tanti una bestemmia? Eppure l’ospitalità non mi pare fosse accolta nello stesso modo. Tu pensi che per entrare in uno schieramente davvero si debbano realizzare il 100% delle cose che pensiamo?

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