Il blog di Antonio Tombolini

Il Marketing per la Salute, ma pensa te…

I

Gianna Ferretti, biochimica, ricercatrice dell’Università Politecnica delle Marche e anima del CIESS (Centro Interdipartimentale di Educazione Sanitaria e Promozione alla Salute), mi segnala che nella provincia di Modena si parla di Marketing per la Salute, così sono andato a dare un’occhiata.
Quei venticinque tra voi che mi conoscono un po’, sanno che la sola parola Marketing provoca ormai in me attacchi di orticaria, e Gianna è tra questi. Se poi alla parola Marketing ci mettete vicino non detersivi e merendine, ma aggettivi come sociale, o etico, o espressioni come per la salute, il mio fisico comincia a reagire in maniera incontrollata, e sente la necessità di uno sfogo immediato: ecco spiegate dunque, in termini di cura e prevenzione di peggiori patologie, le ragioni di questo post.
Dicono quelli di Modena nella definizione di ciò che sarebbe il Marketing per la Salute:

Il marketing per la salute è uno strumento innovativo, in cui le tecniche del marketing tradizionale vengono applicate alla promozione della salute. Così come il marketing d’impresa è finalizzato ad aumentare le vendite di un certo prodotto (beni e servizi) a scapito dei concorrenti, scopo del marketing per la salute è di facilitare l’adozione di stili di vita corretti, inducendo l’abbandono di comportamenti nocivi.

Ecco qua, il problema è tutto qui: il marketing per sua natura è uno strumento di guerra. Qualcuno vince a scapito di qualcun altro. Così, ci dicono, il marketing per la salute serve a far adottare stili di vita corretti, a scapito di comportamenti nocivi.
Il tutto avviene senza nessun coinvolgimento vero e autentico della persona e della sua libertà di scelta. Il tutto, come nel marketing tradizionale, avviene per via di “em>seduzione (per far adottare gli stili di vita corretti) e di induzione (ad abbandonare i comportamenti nocivi). Insomma: l’essenza del funzionamento del marketing è nella suggestione. E già Freud, agli inizi della sua carriera, dimostro’ come gli effetti indotti per via di suggestione durino quanto la suggestione stessa, e non appena la suggestione cessa, l’individuo torna a comportarsi come e “peggio” di prima (la suggestione porta all’eliminazione dei fenomeni patologici, ma solo transitoriamente, scrive nei suoi Aforismi e pensieri). Per questo Freud abbandonò la tecnica dell’ipnosi, per passare a quella delle libere associazioni. E per questo il marketing (che è una tecnica fondata sulla suggestione) per ottenere i suoi effetti ha bisogno di mantenere i suoi destinatari in uno stato permanente di suggestione, e dunque di invadere sempre più ogni momento della giornata e ogni spazio di vita. Se la suggestione cessasse (se la campagna pubblicitaria cessasse…) il prodotto non si venderebbe più.
E dunque il marketing per la salute, anche nel migliore dei casi, dovrebbe imporsi con questi criteri e con questa logica di costi spaventosamente crescenti in ottica esponenziale, pena la ricaduta del soggetto nei comportamenti che si desidera abbandoni.
Senza contare che nell’ottica del marketing, a decidere qual è il prodotto buono e quale quello cattivo non è l’individuo con la sua libera valutazione e autodeterminazione, ma l’autorità competente, cioè l’azienda che fa il marketing (la dop, la certificazione di qualità, ecc., non fanno appello alla libera valutazione del consumatore, ma gli dicono questo è buono perché te lo dico io, e sottintendono quell’altro non è buono.
La stessa logica (in un ambito molto più delicato e importante per i diritti della persona) si avrebbe col marketing per la salute, e infatti lo si percepisce nettamente in quella definizione: i comportamenti corretti e quelli nocivi non sono tali in base a un percorso (informato) di valutazione, scelta, autodeterminazione libera dell’individuo, ma vengono decisi da un’istanza esterna (chi? la società? Il ministro per la salute? i medici? la asl?…). Cosa che ripugna al mio senso di libertà e che mi fa spontaneamente ribellare.

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  • se anche la suggestione mi porta ad acquistare un prodotto che dicono sia buono e poi non lo è, il buonsenso mi porta a non riacquistarlo una seconda volta!!il marketing prevede anche una fase analitica di raccolta d’informazioni attendibili e una documentazione mirata: nessuno si inventa niente o si improvvisa medico ( nel caso di marketing per la salute)

di Antonio Tombolini
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