(Vai al Sommario)
INTRODUZIONE
II. L’influenza delle nuove riflessioni sul tempo
§5 La temporalità giuridica: Antonio Villani
Gli studi sulla filosofia di Heidegger si sviluppano in Italia relativamente tardi, rispetto a paesi come la Francia, il Giappone, la stessa Gran Bretagna. Tale ritardo risulta ancora più evidente per ciò che riguarda la filosofia del diritto. Nonostante un indubbio interesse da parte di questa per le tematiche esistenzialiste, il pensiero di Heidegger resterà a lungo vittima del pregiudizio in base al quale la sua atipicità lo renderebbe irrilevante nei confronti della filosofia morale e pratica in genere, ove pure ne fosse riconosciuta una qualche validità in sede teoretica.
Maggior rilievo acquista dunque lo studio di Antonio Villani, che
nel 1958 pubblica una ricerca esplicitamente orientata a discutere le
possibili connessioni tra le riflessioni condotte da Martin Heidegger
da un lato, e le problematiche relative al diritto dall’altro.
Nell’àmbito di tale studio, Villani rileva con nettezza la fondamentale importanza della temporalità nel pensiero di Heidegger:
"La
temporalità in cui l’Esserci sperimenta ‘la possibilità della sua pura
e semplice impossibilità’ diventa non solo l’unica e più alta
‘istanza’, ma anche il fondamento assoluto ‘da cui’ ed ‘in vista di
cui’ l’Esserci esiste e al cui cospetto scopre la sua intima
infondatezza e positiva indeterminazione. L”autentico se stesso’ è
contraddistinto dal fatto che esso si apre a questa scoperta e la
‘sopporta’"(18).
Si direbbe che Villani per primo rende noto alla filosofia del
diritto che il concetto di tempo non è affatto ovvio, e che Heidegger
(ma prima di lui Bergson, e prima ancora Agostino) ha introdotto una
nozione di temporalità autentica che rende ambiguo (nel senso di zwei-deutig)
il fenomeno tempo. E Villani, rilevando la questione, non manca di
affrontarla, risolvendola però in una contrapposizione da cui il
diritto uscirebbe vincitore.
L’autore, infatti, avvertendo la necessità di un raffronto tra la temporalità autentica come descritta in Sein und Zeit e la temporalità così come è rilevabile all’interno dell’esperienza giuridica, conclude per l’artificiosità della prima.
Insomma, Villani avverte che il problema è quello del nesso tra il
tempo autentico e il tempo giuridico, ma lo allontana subito, motivando
che l’autenticità del tempo in Heidegger altro non sarebbe che il
formalismo di un tempo kantianamente vuoto, a priori.
Il problema stesso di una "commisurazione" tra un determinato
concetto di tempo ed il tempo giuridico viene in un certo senso
delegittimato come problema, nel nome di una concretezza che dovrebbe
caratterizzare una positiva filosofia del diritto:
"Il problema del
rapporto tra ‘diritto’ e ‘tempo’ acquista centralità e originarietà
solo a patto che l’indagine superi il procedere commisurativo, cessi,
cioè, di essere riduzione del ‘tempo del diritto’ ad un ‘tempo’ già
qualificato e si faccia invece valere come penetrazione del e nel
‘tempo del diritto’, nel ritmo pieno in cui si articola quella
singolare esperienza che è l’esperienza giuridica. A tale scopo, una
distinzione fra ‘tempo autentico’ (puro, ontologico) e ‘tempo
inautentico’, non è adeguata (…) perché costringe ad attutire la
forza della geniale intuizione del tempo come dimensione costitutiva,
‘significato dell’essere’. (…) la separazione tra ‘ontico’ e
‘ontologico’ ha richiesto il sacrificio di quella ‘concretezza’ e
‘pienezza’ che segnava il ‘nuovo’ carattere della ‘temporalità’ nei
confronti del ‘vecchio’ concetto di ‘tempo’ inteso come il ‘luogo ove’,
‘categoria pura’, ‘apriori’, ‘vuota’"(19).
Comincia così ad intravvedersi una delle direttrici fondamentali
dell’interrogazione filosofica sulla questione diritto e tempo: ammessa
l’esistenza di un tempo giuridico, dotato di caratteristiche proprie, che esamineremo più avanti, rispetto a quello che chiamiamo per ora il tempo tout court, occorrerà riflettere sulle connessioni, attuali o potenziali, tra i due fenomeni.
Diversamente, evitando il problema nel nome della concretezza
della ricerca filosofico-giuridica, potranno raggiungersi vette di
perfezione sistematica e dommatica nell’àmbito di una teoria generale
del diritto, ma resterà non pensato l’essenziale della stessa
esperienza giuridica: il riferimento intrascendibile all’esistenza
dell’uomo, il cui tempo non è scandito soltanto dal diritto e dai suoi
istituti.
Resta merito di Villani non solo l’aver tematizzato, e per ciò
stesso stimolato ad ulteriori sviluppi, un incontro tra il pensiero di
Heidegger e la filosofia del diritto, ma anche l’aver compreso, al di
là della soluzione proposta, la centralità che il problema del tempo ha
in un tale confronto(20).
NOTE
(18) Antonio VILLANI, Heidegger e il ‘problema’ del diritto, in "Annali dell’Università di Macerata", 1958, p. 268 (torna al testo).
(19) Ivi, p. 306 in nota (torna al testo).
(20) Non altrettanto può dirsi di studi più recenti, peraltro molto più attenti alla globalità del pensiero heideggeriano. E’ il caso di Andrea BIXIO, che pur restando tra i pochissimi ad aver osato una ricerca esplicita su Heidegger (cfr. Esistenza, colpa e dike. Martin Heidegger e la filosofia del diritto, in "RIFD", 1973, pp. 379-424), ha completamente trascurato la dimensione della temporalità (torna al testo).
(Vai al Sommario)