Il blog di Antonio Tombolini

L'ipocrisia del made in Italy

L

Il tema enunciato nel titolo è grosso anzichenò. Per ora ci limitiamo a segnalare che l’architetto Martino Pietropoli vede l’ultima puntata di Report (in cui si svela tra l’altro che la borsetta supergriffata che ti propongono con sussiego come esempio di made in Italy è fatta al 90% in Cina) e ci (ri)propone un esemplare modello di partecipazione democratica: la famosa, e mai vinta, risata seppellitrice. Mi sa che io ci provo.
[Disclaimer: astenersi pauperisti. Qui adoriamo la roba buona, persino quando è griffata. Odiamo invece le bufale, specialmente se griffate]

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  • Il prezzo della borsa di D & G non dipende da chi l’ ha fatta e quanto costa alla produzione in Cina, Romania o San Giuliano.
    Dipende un po´dalla qualitá intrinseca dele materiale e moltissimo da chi ha i soldi per comprarla. E´questo infatti il famoso Cliente con la C maiuscola che nella sua somma ignoranza merceologica o nella sua somma sapienza di essere ricco, decide se la borsa di D& G vale quanto vale e dove.
    Puó darsi che nel retromagazzino di Prato valga 30 euro ma a Rodeo Drive o a Via Montenapoleone “debba” , nel senso che sia costretta a valere quattrocentoquaranta dollari. Martino che é un archietto sa benissimo quanto costano alla produzione le sedie di Eames e a quanto vengono vendute. Etc. etc. fai lo stesso discorso per il costo aziendale di un litro di Sassicaia e vedi se non ti metti a ridere. Eppure.
    Insomma mi sembra una questione di lana caprina: vogliamo dare un prezzo oggettivo al fumo e ai sogni ? perché e´proprio questo che le griffe Made in Italy, etc vendono: fumo e sogni.
    A ognuno il suo e l’ ultima a meritare la risata e´proprio la commessa
    che magari prende solo stipendio minimo sindacale e ferie pagate.
    Opure che vogliamo ? il calmiere sulle borse di D & G ? il prezzo nascente per le scarpe di Gucci o il fair trade per le mutande di Versace ?
    Amo Milena Gabanelli ma proprio questa puntata non ha rivelato nulla di quanto ognuno che appena appena usa la crapa propria non si potesse immaginare. (E comunque molto meno del sistema descritto nel primo capitolo di Gomorra. )
    Case closed e marcia vanti.

  • Prezzi calmierati a me liberista leopardiano? Tsè! Io (e mi pare Martino) parliamo esattamente dell’opposto: restaurare (conservatori che siamo!) il libero esercizio del libero arbitrio che solo la trasparenza consente. E che ognuno poi si spende i soldi che vuole, quanto vuole, come vuole. Il punto (della Gabbanelli) qui è un altro: l’apposizione (legale!) del cartellino “made in Italy” su cose che di fatto non lo sono, perché probabilmente dicendo la verità quel prezzo non lo pagherebbe neanche il cliente di Montenapoleone.

  • Ma quando e dove é esistito mai “il libero esercizio del libero arbitrio che solo la trasparenza consente”. Siamo nel paese del caveat emptor
    e lo Stato (= noi) é il primo a volere regole severissime ma sbucherellate da deroghe, dispensazioni, disposizioni transitorie.
    Fammi qualche esempio di prodotto commerciale con prezzo trasparente
    Se D&G ( o chi per loro) sono riuscite a creare queste “idola fori” riuscirebbero probabilmente anche vendere castagne arrosto a cento euro la dozzina nel loro negozio di Via Montenapoleone. Perché ? perché io le posso spendere e tu no. Il Made in Italy non vende prodotti, vende gratificazione, autogratificazione. Vende l’immagine la bellezza ed una serie di altre cose che per alcuni sono pirlate per altri l’ essenza stessa della vita. Dimmi i costi aziendali del Sassicaia
    e poi continuiamo a parlare. Gja ha declassato i suoi tre migliori Barbaresco a Langhe DOC senza declassare il prezzo, anzi. Allora dove picchio sta il “il libero esercizio del libero arbitrio che solo la trasparenza consente. ” ?
    Ci sará sempre un re nudo che continuerá a credere ai suoi sarti anche quando il fanciulleto avrá gridato che il re é nudo.

  • A me capito’ realmente anni fa’, avro’ avuto 17/18 anni, accompagnavo mamma’ nel negozio di Hermes (maison francese) nella centralissima Via Condotti a Roma, dovevamo comprare una borsa da regalare alla cuginetta che si era laureata (o qualcosa del genere). Il commesso ci mostro’ una robba poco piu’ grande di una pochette, alla richiesta del prezzo la gentilissima commessa franco-cinese con molta non-chalance butto li’ qualcosa come unmilionesettecentoottantamilalire.
    Istintivamente scoppia a ridere, una risata che cercavo di soffocare (e per questo mi si riaffacciava alla bocca e alla gola) creando non poco disagio a mamma’ che alla fine dovette accompagnarmi al vicino caffe greco dove grazie ad un bicchiere d’acqua e svariati altri intrugli ritrovai un poco del mio classico aplomb.
    P.S. mentre ridevo alquanto sguaiatamente nel negozio mi rivolgevo ai Sig.Ri Hermes additandoli come braccia rubate all’agricoltura

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