Ogni volta che ne sento parlare, è più forte di me, mi arrabbio.
Trovo che Critical Wine sia un’aberrazione. Ne accennai già qui, tempo fa.
Ora si appropinqua l’edizione veronese, in chiave anti-vinitaly, di Critical Wine, nientepopodimenoche Terre ribelli, e il formidabile post di Tommaso Farina dice che meglio non si potrebbe quel che io saprei dire solo peggio.
Categoria: must read.
secondo me è solo moda.
così come i vini bio biologici biodinamici.
Operazioni di marketing al contrario o camuffate.
Come i biodinamici che fanno marketing dicendo che il
marketing gli fa schifo.
Come il cappello di Gravner o la scritta di qualche anno
allo stand veronese del Kurni “le uniche guide sono quelle alpine”.
Detto da loro, che se c’è 1 sola azienda che senza guide non esisterebbe sono loro…
PP Pasolini li avrebbe chiamati forse “fintoalternativi”
Avendo letto anche il post di Tommaso, non mi sorprendo molto nel vedere che si invoca la violenza come soluzione. All’ultimo Critical Wine a Genova (molto meno modaiolo di quello milanese, direi) al quale ho partecipato, ho sentito discorsi analoghi; sembra una specie di maledizione, o incapacita’ ad elaborare un linguaggio diverso, tipico di questo àmbito politico.
Patetico e squalificante questo tuo criticare senza argomentare e senza mai avere visitato un’edizione del CW.
Cosa e’ che ti turba ?
Che Veronelli con le sue ultime idee rivoluzionarie: il prezzo sorgente le De.Co. e le fiere dei partcolari, si trovasse più in sintonia con i ragazzi dei centri sociali che con i soliti nomi altisonanti del settore ?!
/”Il progetto /t/Terra e libertà//critical wine/ / e le sue proposte
saranno presentati e discussi In Italia, proposti da giovani di grande
chiarezza…. In Francia si tiene da oltre cinquant’anni la Foire des
Particuliers, in cui convergono i migliori vignaioli, i più conosciuti e
i meno e tuttavia capaci di grandi vini. L’ho visitata più volte con
Giacomo Bologna.
I ragazzi – per me lo sono – del Leoncavallo ospitano (e qui la parola
ha un valore totale dacché non è mossa dal minimo interesse privato) i
vignaioli, ripeto, migliori e più conosciuti, e quelli, anche migliori,
ma non ancora conosciuti.
Ciascuno di loro – e in primis va da sé, i miei lettori ed amici – sono
invitati a partecipare.
Sarà una fiera del tutto nuova; vi si assaggeranno i vini di ogni parte
d’Italia. Festeggeremo la vita”.
/*Luigi Veronelli,* ottobre 2003
Si puo´essere non d’accordo su metodi e proclami, ma dove sarebbe la nostra civiltá se non dessimo il benvenuto a chi la pensa diversamente ? Vini naturali, vinio veri, critical wine: come mai tutta questa necessitá di voci nuove fuori dal coro ? tutto da cancellare ? tutto da buttar via ? sono solo una moda i vini biologici ? o non va bene che ci sia qualcuno che dica no ai pesticidi ? perché qualcuno (Summa 2007) senza essere né critical né frequentatori di centri sociali, sente il bisogno di organizzare una fiera di vini di qualitá, al di fuori del Vinitaly ? invece di tante posizioni preconcette, di destra, di sinistra di centro, un po´di quá ed un po´di lá, vogliamo assaggiare questi benedetti vini e poi ne riparliamo ??
@Francesco: datti una regolata. Patetico sarai tu nel chiedere le “credenziali” del caso a me. Visto che le invochi, eccotele qua:
1) del “prezzo sorgente” il sottoscritto parla da *MOLTO PRIMA* che ne parlasse Veronelli, e a differenza di quest’ultimo il sottoscritto lo ha perfino PRATICATO. Non ti metto manco i link del caso, vatteli a cercare.
2) di Critical Wine e della opportunità di aderirvi (come di altre cose) Veronelli ne parlò (anche) con me, e io gli dissi quel che pensavo, esaminando con lui ciò di cui trattavasi.
3) se un limite Veronelli ha avuto (e chi lo ha amato e conosciuto da vicino, e non facendone un “idolo” e un fetticcio, ne ha conosciuto anche i limiti, non pochi) era la sua grande “capacità” di vendersi all’occorrenza come rivoluzionario proletario e all’occorrenza come redattore supino ad uso dei vip di turno. Il tutto per una buona causa (dal suo punto di vista): mantenere la piccola corte che lo ha sfruttato (e in qualche modo lo sfrutta ancora). Rivoluzionario Veronelli, ma per favore…
4) A riprova di tutto ciò, basta rileggere la baggianata scritta da Veronelli e da te riportata (“proposti da giovani di grande chiarezza”) col testo del “Manifesto” di Critical Wine. Leggasi con particolare attenzione il punto 2: http://www.criticalwine.org/index.php?module=pagesetter&func=viewpub&tid=12&pid=0
@Carlo: ogni tanto ti succede. Quando ti succede non si capisce mai bene se tu lo faccia apposta per amor di polemica oppure involontariamente. Propendo per la seconda, ovviamente. Sta di fatto che ti tanto in tanto fai opera di *mistificazione*, mettendo in bocca a me cose mai dette. Tu vieni a perorare il “dare il benvenuto a chi la pensa diversamente” come se io ne conculcassi la libertà. Figuriamoci: semmai rivendico la mia di dire quel che ne penso, se necessario fuori dal coro “progressista perbene”. Tu ti ergi contro i “preconcetti”, in nome del fatto che dei vini, prima di parlarne male, bisognerebbe assaggiarli. Ma di grazia, chi cazzo sta parlando dei vini di Critical Wine? Io sto criticando *Critical Wine*, questa manifestazione pseudo-rivoluzionaria (e dunque *borghese*) à la Bertinotti, non me ne fotte niente di quanto siano buoni o cattivi i vini lì esposti.
@antonio: concordo con te. Infatti Rifondazione è il partito radicalscic-piccoloborghese per eccellenza.
La maggioranza del suo elettorato non è composta da operai ma da benstanti che spesso campano con reddito non lavorativo. Poi ci credo che chi fa i turni di notte in fabbrica si incazza e vota AN…
A me quello che disturba non è tanto questa o quella manifestazione che come dice Carlo ma so come pensi anche tu Antonio, hanno tutte pari dignità di esistere. No, quello che mi disturba è l’ipocrisia con la quale da un lato questi eventi alternativi vogliano porsi in antitesi con l’evento di riferimento e, dall’altro, ne sfruttino a man bassa la visibilità e l’indotto. Qui un vecchio mio pezzo sul tema :
http://www.tigulliovino.it/blog/2006/03/linevitabile_confusione.html
Vedi Antonio, c’e’ una cosa che non e’ affatto secondaria e che non mi torna per nulla nel tuo post. E non e’ la critica negativa a Critical Wine, bensi’ la critica positiva al post di Farina. E’ quell’apprezzamento, e con quelle parole, che imo proprio non ci puo’ stare, soprattutto da parte di una persona che puo’ vantarsi di aver esaminato con Veronelli cio’ di cui trattavasi (il Critical Wine).
@Filippo: il fatto che Critical Wine sfrutti a man bassa visibilita’ e indotto del Vinitaly non lo vedo come aporia del loro agire, ma al contrario come mossa deliberata e anche molto trasparente. Non ci trovo nulla di strano che chi e’ piccolo e cerca di conquistarsi uno spazio al sole, cerchi anche di avvalersi tatticamente dell’indotto positivo che i suoi “concorrenti” (o “nemici”, a seconda della fraseologia di riferimento) gli assicurano. Chi e’ senza questo genere di peccati (ammesso e non concesso che siano dei peccati)? Non mettiamoci a fare come i famigerati gauleiter del Gruppo Coordinamento News che dopo aver parassitato la gerarchia soc.culture.italian per lungo tempo grazie al cross-posting (per crearsi un po’ di traffico), si sono messi poi a teorizzare che “il cross-posting e’ male”…
ma infatti il grande limite del vino bio biodinamico vero ecc… non sta nel metodo di produzione, discutibile fin quanto si vuole ma certo legittimo, ma nell’etichettarsi e/o nell’aggrapparsi a pseudo scienze (la biodinamica fino a prova contraria è una PSEUDO scienza).
E’ come se un enologo difendesse i lieviti selezionati in nome dell’astrologia (e chi ha letto il libro di Joly sa che non esagero).
Vedi Filippo – nel senso di Cintolesi, che qui i Filippi vanno via come il pane 😉 – c’è una cosa che non è affatto secondaria e che non mi torna per nulla nel tuo commento: se non mi spieghi *perché* il mio apprezzamento per il post di Tommaso “proprio non ci può stare”, come facciamo a discuterne? Se mi spieghi cosa esattamente non va in quel mio “apprezzamento”, magari poi posso ri-spiegarmi anch’io, no?
Condivido totalmente invece quel che dici a Filippo, nel senso di Ronco: non ci vedo niente di male nello sfruttare le occasioni di visibilità al meglio. La mia critica non è affatto su questo, ma è *nel merito*, e riguarda solo Critical Wine e l’impalcatura ideologica di cui si ammanta.
Antonio: il tuo apprezzamento sperticato del post di Farina a mio avviso non ci puo’ stare (ma forse mi sbaglio, siamo qui appunto per chiarirci e scoprirci reciprocamente) perche’ io ho trovato quel post singolarmente banale e riduttivo: se la critica a Critical Wine e’ tutta qua…E scusa se insisto con te: se la critica che hai/avevi da muovere a Critical Wine e’ tutta nel succo che tu da solo molto ironicamente sintetizzavi “Tanto alternativa, signora mia!” (siamo cioe’ all’argomentum sinistrae kashmerii, mi par di capire..:-/; ci puo’ stare pure quello, ad abundantiam, ma basare la propria critica su quello, fa mooooolto autobus, molto molto)…tu mi capisci. Stiamo attenti perche’ lo spirito flaianeo (becco lui. potrei beccare Pasolini. o Soldati, che ora sto in fissa) era diverso. Diverso perche’ sinceramente disperato, riarso. Perche’ era diversa la realta’ che li circondava questi “scettici”. Sbagliero’..
Toglimi scusa una curiosita’: perche’ proprio il punto 2 del manifesto degli scalmanati ti sta cosi’ sulle scatole? Il linguaggio? Il contenuto? Io lo trovo uno dei piu’ stimolanti.
Detto questo, non e’ che idealizzo certe iniziative. Non e’ che non sono esenti da critiche, anche serie. Pero’, in tanto giardino di iniziative e manifestazioni… sono contento che ci siano anche loro. E quella di andarsela a prendere proprio con loro, quella di pretendere proprio da loro d’essere irreprensibilmente perfetti e a prova di critica..non lo so, ma mi pare poco fair. Il mio karma si rifiuta di sparargli addosso.
Bene, grazie per le precisazioni. Io non sparo addosso a nessuno, sono nonviolento militante, figuriamoci. Ma dichiaro il mio odio e il mio amore (chissà, forse un modo per esorcizzare e l’uno e l’altro). Non solo: ciò che mi resta indifferente non passa di qui, dunque ciò che odio (come ciò che amo) merita la mia attenzione, il resto no.
Sul punto 2, che tu trovi “uno dei più stimolanti”: ti sei tradito. Mi hai fatto una domanda retorica, ben conoscendo la risposta, “il linguaggio”. Il linguaggio non è un “accessorio” del contenuto, il linguaggio *è il contenuto prima e più del contenuto stesso*. Il linguaggio dice più di quel che affermi di dire. Il tuo linguaggio è te stesso. E quel linguaggio dice il chi e il cosa di quella manifestazione più di mille considerazioni.
Già che ci siamo: non ho mai sottovalutato gli autobus, anzi, ci sono praticamente cresciuto dentro. E’ in autobus che ho sentito una ragazza romana apostrofare la manomorta di turno con un epico “Anvedi aho’, a stronzo, nun vedi che c’ho er montone, manco te sento!”. E’ in autobus che ho imparato che non sempre le vecchie, quando sono anche prepotenti e scorbutiche, c’hanno ragione. Ed è in autobus, certo, in autobus che si impara che criticare la cosiddetta sinistra perché manifesta in cachemire, o solidarizza coi morti di fame a base di caviale non è affatto una cosa stupida, tutt’altro. E’ la sostanza. Per me Casini (e qui non siamo più a sinistra, così generalizzo) si può trombare tutte le amanti che vuole, e sposarsi quindici volte, chissenefrega. Ma il giorno in cui si erge a pontificare sulla indissolubilità del matrimonio mi metto a spernacchiarlo a tutta forza, unendomi a tutti i nobilissimi autobus d’Italia.
Ecco perché mi unisco anche all’autobus di Tommaso Farina (se lui consente) e al suo pernacchio rivolto al “Critical Wine”, se permetti.
..chi Tommaso Farina? Un simpaticone , da comitiva !Ma scrive su Libero
@ Filippo Cintolesi – Antonio
Non c’è nulla di male nello sfruttare le occasioni di visibilità al meglio, sono d’accordo. E’ incoerente farlo però quando ti poni in completa antitesi con quelle occasioni, al limite, poco elegante. My two cents.
Antonio, non mi sono tradito affatto 😉 La domanda non era retorica. Avresti potuto rispondere che nonostante il linguaggio detestavi il contenuto di quel punto. Che nonostante il contenuto ne detestavi il linguaggio. Che a prescindere dal linguaggio ne detestavi il contenuto. ecc. Sono d’accordo che il linguaggio e’ parte del contenuto. Diro’ di piu’: il tono, lo stile, sono parte del contenuto. Parte pero’. Veniamo allora a quel linguaggio da te incriminato. E soprattutto veniamo al modo ammiccante con cui tu lo avresti additato al ludibrio delle genti, il linguaggio/contenuto di quel famigerato punto 2 appunto. Il quale, lo ricordo, starebbe a riprova della capacita’ veronelliana di vendersi sia come rivoluzionario proletario che come redattore supino ad uso del vip di turno. In modo cosi’ lampante da non richiedere ulteriore spiegazione. Posso invece richiederla questa spiegazione, giusto per sapere che cosa di quel linguaggio e’ cosi’ abominevole al punto da non meritare alcun commento per illustrarne l’essenza malefica e il carattere di prova provata della doppiezza opportunistica di Veronelli?
Perche’ quello che un vero autobus per fortuna non ha e non avra’ mai (di qui fra l’altro procede quel tanto di positivo che come tu m’insegni il vero autobus puo’ avere, e che invece qualunque tentativo di farne stile non avra’ mai) e’ questo voler platealmente sottintendere l’assoluta ovvieta’ di un punto tutt’altro che ovvio, questo calcato giocare con il pubblico al “non v’e’ chi non veda”, questo decurtisiano “e ho detto tutto!” (al quale ben risponde “ma che ha detto?”), artificio retorico tutt’altro che da autobus, al contrario da podio dialettico scaltro e consumato.
Mi viene il dubbio che il mio “tradimento” sia stato dichiarare che trovo quel punto 2 “stimolante”. E’ cosi’?
Per concludere mi richiamo a quanto dico sopra sul linguaggio (sulle forme, piu’ in generale): solo “in parte” esprimono il contenuto. La sinistra del cachemere sta sul cazzo (e ci e’ sempre stata) anche a me, e uso il francese con cognizione di causa. Ma non mi sentirei mai di potermi limitare a indicare il maglioncino di cachemere come critica a chi lo indossa. Per un motivo molto semplice: perche’ sono troppo orgoglioso, e non accetterei mai di dar loro la soddisfazione di cadere in questa trappola di bassa lega. Non sia mai detto che io non possa non dico sommergere, dico ANNEGARE di argomenti lor signori in cachemere teste’ citati. Ma senza mai per un attimo dar segno di essermi accorto del loro maglioncino o delle loro mutande, fossero pure d’oro zecchino. Il cachemerino come argomentum lo lascio agli insipienti left-bashers del regime passato e al loro spessore, cosa che (insipiente dico) mi sono fatto l’opinione che tu non sia.
@Antonio: Involontario, involontario…ma mentre a te puo´anche non “fottertene niente”, a me, che sono vinaio, interessano solo i vini esposti.
E quelli e solo quelli dovrebbero interessare a chi si interessa di vino. Poi so fare da solo le mie addizioni e sottrazioni ed é nella cabina elettorale che scelgo per chi votare. Non riesco neanche a vedere l’ ipocrisia della cosa: tutti quelli che producono vino lo devono vendere. Ognuno secondo le proprie capacitá mercantili e il proprio temperamento. Non é che con i frequentatori dei centri sociali ci devo andare a cena come non devo andare a cena con i produttori snob della nostra nomenklatura enologica. E´il vino in bottiglia che parla.
Ma mi sentirei invece ancor piu´scarso come vinaio se ad un cliente che mi cita il vino X, dovessi rispondere “No, non lo ho assaggiato perché era esposto in una fiera di destra o di sinistra o di centro.” La fiera é un momento funzionale del lavoro di vinaio. Poi chi, perché, percome e se le mutande di Bertinotti sono di cachemere o di lana mortaccina sono tutte cose irrilevanti.
Allora ?
@ Filippo Cintolesi: ridurre la biodinamica ai rituali dell’ astrologia e alla polvere di corna di bue mi sembra non averne colto il significato vero. Piu´del libro di Joly – anche qui – assaggia i vini di chi lavorando bene ed essendo un buon vinificatore lavora ANCHE in regime biologico e/o biodinamico. Trovo
inspiegabile certa resistenza ad una scelta agricola che vuole tenere lontani il piu´possibile chimica e pesticidi dal nostro organismo. E visto che non é mio fornitore, un invito: assaggia per esempio un Lagrein 2003 Riserva Nusserhof di Henrik Mayr. Poi rileggi quello che hai scritto e rivedi alla luce di quel vino le tue idee. E´il vino che parla: tutto il resto é salotto. Piacevole finché vogliamo, ma salotto.
Carlo, io non a caso (con linguaggio che forse fara’ inorridire il nostro ospite) parlo di “specifico biodinamico”. Perche’ so che la pratica dei biodinamici si nutre di molti atti che non sono loro unica prerogativa. L’uso di letame, di compost, l’astensione dall’uso di pesticidi e di concimi di sintesi chimica, ecc. sono tutte cose che appartengono alla vasta famiglia dell'”organic/biologico”. Se c’e’ qualcosa che appartiene in via esclusiva ai biodinamici, e che quindi li distingue dalle altre parrocchie del biologico, sono proprio le speculazioni steineriane e thuniane: la teoria sugli effetti del ciclo sidereo della luna, l’uso dell’omeopatia in agricoltura, il cornoletame, il cornosilice. Su una cosa spinosa come l’anidride solforosa in enologia a mio avviso mostrano in pieno la coda di paglia: la prendono di lontano e parlano dell’antichita’ dell’uso di bruciare zolfo nelle botti. Excusatio non petita. Chi se ne importa se e’ un uso antico. Mi vengano a dire che cosi’ facendo non solfitano il vino. Vengano a dirmelo. Allora, se permettono, a me importa di piu’ che di SO2 nel vino ce ne sia il meno possibile, non del modo impiegato per farcela finire.
Per non parlare poi di quando iniziano a discettare di cristallizzazione sensibile. Anche li’ l’arnese retorico del “non v’e’ chi non veda”(dev’essere per questo che lo detesto 😉 ), quando additano al buon senso intuitivo delle masse i diversi pattern di cristallizzazione dei vini naturali e dei prodotti industriali. Avessi trovato uno straccio di informazione disponibile non dico su un tentativo di spiegazione (sia pure secondo le loro categorie), ma almeno di descrizione del protocollo da seguire per RIPRODURRE quegli esperimenti (sembra invece che non stia loro molto a cuore che altri siano messi nella condizione di ripetere criticamente le loro esperienze in merito).
Ho visto foto di sezioni del suolo dopo coltura biodinamica rispetto ad altre di coltura pluriennale con criteri “industriali”. Non e’ la prova corretta da fare. Mi mostrino lo spaccato di suolo dopo un pari ammontare di anni in coltura “tradizionale” (merda di vacca e lavoro di zappa). Vediamolo allora il raffronto col biodinamico. Anzi: vediamo lo spaccato di suolo di un orto coltivato a la Fukuoka, e vediamo il loro.
Non ho citato Fukuoka a caso perche’ leggendolo (e leggendo per confronto un biodinamico a caso) emerge tutta quanta la differenza (imo, ovvio) fra la sostanza e la fuffa. Fra la modestia e la spocchia. Fra la sincerita’ e l’assovinceassoperde.
Quanto alla scelta di tenere piu’ lontani possibile dal nostro organismo i pesticidi e i diserbanti, io la capisco perfettamente invece, e la condivido.
E comprendo e condivido anche l’esigenza di tenere lontano dal suolo i concimi di sintesi (e i pesticidi, per altri motivi rispetto ai precedenti). Ma questo non ha a che fare necessariamente con la biodinamica.
Scusate se sono cosi’ deciso, ma proprio non mi vanno a genio. Su una cosa, a una cosa invece concedo che la biodinamica possa fare bene: all’animo del coltivatore. Se cosi’ fosse, questa sarebbe ragione piu’ che sufficiente perche’ la praticasse. Ma basta dirlo. Ognuno si sceglie la droga di cui farsi, o il dio da pregare, ci mancherebbe.
@Filippo, quello Ronco: hai ragione.
@Filippo, quello Cintolesi: hai torto 😉 Io il problema del tuo trovare “stimolanti” quei contenuti manco me lo sono posto: leggo e trovo il tutto (in)degno di una pièce del teatro dell’assurdo, divertente perfino, non fosse che dietro quel linguaggio v’è chi ne è fiero (e spesso violento) assertore. Interessante sarebbe poi interrogare gli espositori (HAHAHAHA!) sulla loro adesione al “manifesto” della manifestazione cui aderiscono (HAHAHAHAAHA!).
Quanto a Veronelli: uomo di grandi contraddizioni, come tutti noi, non sempre felici. L’ho amato e odiato a un tempo, entusiasticamente ricambiato, nell’uno e nell’altro verso, credo di poter dire. Contraddizioni, Filippo, non doppiezza, bada bene. Le stesse che lo “costringevano” a farsi sponsorizzare la guida dal gruppo FIAT, o ad ospitare nella sua rivista inserzionisti iper-mega-ultra-industriali (e non parlo dei produttori di vino, ma di cosucce come la succitata Fiat, o Telecom, o gruppi bancari ecc.).
E perché sia chiaro: a me stava bene quest’ultima cosa, e non bene il perdersi in stronzate come “Critical Wine”, per capirci.
@Carlo: il problema è che io qui non ho dato il mio giudizio sui vini che ci saranno, ma sulla manifestazione in sé. Tu quindi non puoi (intendo dire “logicamente”) dire a me “e no! hai torto!” motivando sui “vini” di cui, in questa sede, mi sono disinteressato. Spero aiuti a chiarire 🙂
Mi sono letto tutti i post, i link ed i commenti vostri e dopo tanta fatica un commento me lo concedo.
Secondo me siete manieristici, è una critica personale, non un giudizio.
A questo punto però, dopo tanto chiacchierare, siamo tutti costretti a convenire sul fatto che il vino è un mezzo, e non un fine. Purtroppo la conseguenza di ciò è che del vino stesso non importa più a nessuno e la qualità del prodotto diventa secondaria. Quindi, infine, va bene anche un vino che fa schifo (in senso oggettivo, infinitamente al di sotto di qualsiasi tipo di gusto soggettivo), l’importante è quello che gli gira intorno. Insomma, anche il vino è finalmente giunto al concetto di brand, possiamo tutti tirare un sospiro di sollievo.
Mi viene in mente un amico che dice: io non sono bello, ho un’immagine!
Alla faccia di tutti quelli che passano le giornate in vigna. Questo sì che è radical-chic.
Saluti.
Beh, scusate, ma non resisto agli argomenti da autobus. Ce n’è uno, nel manifesto dei critical-oni, cui non volevo ricorrere, ma tant’è. E’ al punto in cui ci spiegano cosa bisogna fare contro gli OGM. Leggete bene, e magari andate a chiedere agli espositori se intendono darsi da fare in tal senso:
“Ma dove la coltivazione, seppur sperimentale, è consentita, bisogna con ogni mezzo distruggere gli Ogm. L’obiettivo minimo della sensibilità planetaria è distruggere le legislazioni a favore degli Ogm, distruggere le coltivazioni Ogm, distruggere i prodotti Ogm in tutta la loro filiera, dalla ricerca alla vendita. Se vuoi fare una buona azione, distruggi gli Ogm. Basta andare al supermercato più vicino e aprire, rendendole invendibili, le confezioni che li contengono. Basta bruciare i campi in cui vengono coltivati.”
Ecco qua. Magari a te, FilippoC, non basta per “criticarli”, o per esprimere apprezzamento al post di Tommaso Farina, che meritoriamente segnala il brano. A me sì. A me basta. E avanza.
Carlo, naturalmente io sto parlando dei teorici o dei divulgatori della bionamica. Non dei tanti viticoltori che dichiarano di rifarsi alla biodinamica (e che magari ad andare a vedere nel dettaglio applicano tutto tranne…lo specifico biodinamico; ipotesi provocatoria, metto le mani avanti). E men che meno dei loro vini che possono ben essere ottimi e pure sani. Era diverso il discorso che facevo, piu’ tomboliniano (nel senso di non ignorare il discorso che sta dietro a quel che uno fa).
Approfitto della reprise per ririspondere anche a Filippo Ronco: ci scommetto che i “critici” che parassitano la visibilita’ mediatica data dalla contemporaneita’ col Vinitaly, non solo non considerano la mancanza di “coerenza” un problema; ma addirittura forse risponderebbero che proprio la “contraddizione” in questione e’ una scelta (le contraddizioni su cui fare leva eccetera..). Dipende da quanto veteroterzinternazionalista vs veterodadaista o situazionista e’ l’interlocutore. Andando beceramente a spanne, eh…
Antonio, ormai accetto questa tua di contraddizione: c’e’ un Tombo buono e un Tombo cattivo ;-P Nella prima risposta mi eri piaciuto. Ti avevo trovato umano e cominciavo a comprendere la tua critica. Nella seconda..buhhh!.. vatti (se ti va) a rileggere il prosieguo della discussione che c’e’ stata sull'”autobus” di Farina, e ci troverai due miei commenti in cui mi vedi dare non dei cretini, bensi’ dei doppi cretini a coloro che hanno scritto quelle cose. Ribadisco (anche qui): se quell’appello quarantottardo si riferisce alla situazione nelle nostre societa’, beninteso, le quali non sono al livello da giustificare l’azione diretta violenta. Non cosi’ in altri luoghi, anche se l’azione suggerita non e’ certo una soluzione (ma sarebbe moralmente piu’ che accettabile, eccome!). Comunque non considero questi tuoi swing bassi, e torno al Tombo che mi piace anche se posso non condividerlo: “leggo e trovo il tutto (in)degno di una pièce del teatro dell’assurdo, divertente perfino, non fosse che dietro quel linguaggio v’è chi ne è fiero (e spesso violento) assertore.” A parte che devo ancora vedere della violenza realmente praticata associata al manifesto di Critical Wine, ecco, cominci a inquadrare l’ambito piu’ giusto: non quello del teatro dell’assurdo, ma quello dei dadaisti forse si’. E anche questo Veronelli infatti e’ stato. Pate’ de bourgeois? Pate’, pate’, why not.
Posso pure capire che a qualcuno questo Veronelli possa piacere meno. Quello che non capisco e’ il trasporto emotivo che porta a dire “Odiare Critical Wine”. Perche’ e’ vero: a te sta sul cazzo da morire. Devo solo ancora arrivare a inquadrare per bene il motivo preciso (perche’ un motivo preciso sono convinto che c’e’: un astio cosi’ preciso richiede una sorgente precisa).
Solo, un’ultima cosa permettimi di dirtela (intanto che ancora quel motivo non l’ho capito): ti ci vedo molto poco bene in compagnia di certi viaggiatori su quest’autobus. E il fatto e’ che tu non puoi non esserne consapevole. Ecco: questa tua consapevolezza, e questo tuo accettare come compagno di sedile o di piattaforma certo becero anti-rossismo (questo e’), e’ il _tuo_ fare pate’, e’ il tuo tamburo dadaistico. Ammettimelo 😉 come on…
Il massimo del dada-ismo cui arrivo è il Dada-Umpa delle Kessler, giuro!
@Filippo Cintolesi : leggo nelle tue righe di sentita ed informata critica al biodinamico la ricerca di un rigore, di una verginitá quasi, che con il vino, hanno ben poco a che fare. Sull’anidride solforosa: tecnicamente é possibile produrre vino in assenza totale e c’é anche qualcuno che lo fa. Ma a tutto scapito della serbevolezza e della commerciabilitá. Conosco diversi produttori che applicano la biodinamica, ma nessun che si vergogna di dover usare l’ anidride solforosa.
E comunque a tenori sempre molto molto bassi. Anche se ci sono diverse regole sulla produzione come tale, penso che la forza dei principi biologici e biodinamici stia soprattutto nella parte strettamente agricola.
Non é che bisogna prendere tutto come aut-aut o come veritá rivelata. Bastano giá, ed avanzano, la tensione ed il sentire l’ esigenza. E che poi l’agricoltore stia bene con se stesso, non mi sembra un risultato da poco.
Dell’ effetto delle fasi lunari sono stati scritti volumi, sull’ omeopatia anche, del cornosilicio ma chissene frega, del cornoletame idem. Guarda che non sono molti quelli che applicano pedissequamente tutte le teorie antroposofiche. Le foto delle cristallizzazioni sono pur sempre foto: se ci credi confermano le tue convinzioni. Se non ci credi, non muore nessuno. Capisco che sei molto informato sull’ argomento, sulla teoria, ma lasciami chiedere: quanti vini biodinamici hai assaggiato ? ti sono piaciuti ? hai rilevato una differenza ?
Se si, ed é stata positiva mi sembra che molto oltre non c’é bisogno di andare.
@Antonio: ma guarda che la manifestazione non é un contenitore vuoto fine a se stesso, apprezzabile da alcuni e criticabile da altri. Esiste solo in funzione dei vini e da essi viene qualificata. Quindi a bocce vuote si dirá : Critical Wine gran cagata oppure Critical Wine meritoria manifestazione.
@ Sirio: grazie del “simpaticone”.
@Carlo Merolli: inizio dalla fine, no veri e propri vini biodinamici non credo di averne bevuti, anche se ne ho bevuti almeno un paio di persone che dichiarano di rifarsi un po’ a quell’approccio. Uno mi e’ piaciuto (ma non ho colto la differenza specifica) l’altro no, anzi l’ho trovato sul “muscolare”. Lungi da me voler credere comunque di aver assaggiato vini biodinamici, con questo. Sicuramente mi riprometto di farlo con piu’ serieta’ appena possibile, in generale mi piace l’idea di un vino “genuino” e “sincero” e anzi e’ esattamente quello che cerco di fare anch’io, anche se preferisco darlo per scontato e non farne oggetto di comunicazione particolare. Infatti la ricerca del rigore e della verginita’ che ti pare di trovare nelle mie parole, e lo prendo come un grande complimento, non avra’ a che fare col vino (e mi pare strano), ma col vino che faccio io eccome se ci ha a che fare. Vini senza solforosa? Be’, se si intende senza solforosa aggiunta siamo d’accordo, e’ possibile farne (anche se trovo un buon risultato che siano con _poca_ solforosa, vuoi aggiunta vuoi endogena), ma senza solforosa tout court ho paura proprio di no: l’anidride solforosa e’ uno dei prodotti del metabolismo dei lieviti, e a seconda dei casi possono produrne persino in quantita’ superiore alla fatidica soglia dei 10 ppm al di la’ della quale scatta l’obbligo di scritta “contiene solfiti”.
Giustissima la distinzione che ricordi e che e’ il caso di sottolineare ulteriormente: vini biologici non esistono (almeno non ancora), uve biologiche invece si’: per dire che la certificazione “biologico” riguarda l’agricoltura e i suoi prodotti, mentre ancora non esiste niente di simile per quanto riguarda il prodotto della tecnica enologica applicata ai prodotti della viticoltura (biologica o meno).
Me lo immaginavo, come dicevo, che non fossero molti quelli che applicano pedissequamente tutte le teorie biodinamiche. Il che ammonta a dire allora che sono biologici (salvo l’osservazione appena fatta), piu’ che biodinamici.
Mi pare insomma che “biodinamico” oggi come oggi in Italia sia un po’ come dire “cattolico”, che consiste in moltissimi casi in un essere genericamente “cristiano”, poi se si va a indagare in dettaglio su certi punti dirimenti ci si accorge di avere a che fare con dei veri eretici 😉 Oppure (altro ambito, per non fare dispetto a nessuno) a quello che era dirsi “comunisti” per molti giovani verso la meta’ degli anni settanta: era un semplice essere genericamente “di sinistra”. Si usa cioe’ il termine piu’ specifico che in quel contesto e in quel momento sembra essere piu’ diffuso e “di successo” per significare in realta’ un piu’ generico ambito.
Ok, basta intendersi 😉
@Antonio: non me la bevo ma nemmeno…;-P
>Francesco: datti una regolata. Patetico sarai tu nel chiedere le “credenziali” del caso a me. Visto che le invochi, eccotele qua
Antonio io ti accuso di critica preconcetta e ti chiedo argomenti e riscontri oggettivi.
Tuttaltro che credenziali, proprio il contrario ti esorto a metterle da parte perchè non e’ con le credenziali che si può fare una critica.
Ma pensa te che ovvietà mi tocca risponderti…
Ah Francé, ma che stai addì?
Mi hai scritto:
> criticare senza argomentare e senza mai avere visitato un’edizione del CW
Ho argomentato ad abundantiam, ed è specioso volermelo impedire perché “non ho mai visitato CW”. Infatti vale il contrario: non ho mai visitato un CW, né mai lo visiterò, proprio in quanto ne penso quel che ne ho scritto. E quel che ne penso è ricavato dalle idee da essi stessi esposte. Il giorno che qualcuno mi convincerà che parlare a quel modo e incitare a dare fuoco ai campi e fare tutte quelle belle cosine che nei centri sociali vanno tanto di mode è cosa buona e giusta, ecco, allora forse mi vedrai in visita al CW.
Suvvia, Anto’ l’hai ammesso anche tu che il tuo era un parlare da autobus.
(ammissione alla quale sei stato costretto perchè magistralmente messo alle strette da Cincolesi)
Poi se uno sull’autobus ci sta una giornata intera alla fine e’ chiaro che il suo parlare non e’ più tanto da autobus.
Deragliamo un attimo, perché penso che il nocciolo della questione sia questo:
Antonio legge il manifesto, si informa e sceglie di pensar male del CW e quindi di non visitarlo. Altri leggono il manifesto e visitano il CW proprio per questa posizione teorica. Altri ancora sentono che c’é una fiera in cui si mettono in degustazione vini e – letti o non letti i manifesti, scelgono di andare ad assaggiare.
Tre comportamenti legittimi e rispettosi di tutto e di tutti.
Rimane la domanda: se io vado al CW, significa che esprimo solidarietá alle istigazioni alla violenza contenute nel loro manifesto ?
Beh, indirettamente si, é nell’oggettivitá della scelta, ma anche questo dipende dalla coscienza di ognuno. Personalmente – non vedo l’equazione tra il comprare un biglietto e sottoscrivere un manifesto: io ti do´ la mia curiositá professionale e li finisce la cosa.
@Cintolesi: scrivi che fai vino. Che vino fai ? (magari e´da uve in coltivazione biologica o da agricoltura “piulita” e non ce lo vuoi fare sapere….)
Bene, Carlo, bene. Solo una precisazione: non mi passa affatto per la testa il fatto che il visitatore, per il solo fatto di visitare una manifestazione, ne debba condividere impostazioni e “manifesti”. Anche a me capita di andare a vedere film che so già che non mi piacciono. E a rigore non dico che in assoluto non ci vado, magari un giorno ci andrò, chi lo sa: ovviamente continuando ad “odiare” (per i motivi che ho detto) la manifestazione.
Non si può però dire la stessa cosa per gli espositori, mi dispiace: la manifestazione ha un “manifesto” ben preciso, dove ci sono scritte certe cose. Aderendo alla manifestazione da espositore aderisco al manifesto. Fare finta di niente è pura ipocrisia: dal lato dell’espositore è cinismo markettaro strumentalizzante (vanno di moda, chemmefrega, ci vado lo stesso); dal lato dei leoncavallani è idiozia pura (o che bello, guarda quanti espositori condividono le mie idee rivoluzionarie!).
Carlo Merolli, faccio rosso. Sangiovese e un po’ di canaiolo (rings a bell?). Oltre a pochissimo vinsanto con la bianca. Se il padron di casa me lo permette, ti metto il link a un paio di cose che ho scritto sul blog dei produttori di Tigulliovino
http://www.tigulliovino.it/blogproduttori/2007/03/cera_una_volta_erbolo.html
e il post successivo. Al momento sono i piu’ recenti.
Biologico? Bella domanda. Di fatto forse sono anche piu’ che biologico, ma non ho (ancora?) chiesto nessuna certificazione. Sarei tentato di non chiederla e se qualcuno vuole controllare, che venga pure a vedere quando e quanto vuole. Ma mi rendo conto che e’ una posizione forse un po’ arrogante, o irrealistica. C’e’ che, come ho cercato di spiegare ieri sul blog di Aristide, io negli attuali disciplinari biologici per il vino non mi ci riconosco per nulla. Si va dal troppo vago al troppo (e inutilmente) talebano.
Ma almeno per gli olivi e per gli altri prodotti che conto di mettere in coltura (cioe’ per la parte di cui esiste gia’ una legislazione consolidata a livello europeo), penso che sara’ opportuno chiederla sta certificazione, se non altro per rispetto verso coloro che per comunicare il dato si assoggettano a beghe e spese: so quanto mi danno fastidio quelli che “non credono” al sistema delle DOP dell’olio, e tuttavia non rinunciano a comunicare origini territoriali del loro olio, senza assoggettarsi ai controlli e alle spese di una DOP; non voglio quindi rifare lo stesso con il biologico. C’e’ che la sola certificazione mi sta un po’ larga, devo dire. Ma vedro’ di aggiungere qualcosa di pensato bene.
E sono un bel bischero perche’ se l’avessi chiesta appena “insediato” a questo punto ce l’avrei gia’.. Hai visto quando si ritiene che certe cose non sia nemmeno il caso di doverle dire perche’ si ritengono scontate (salvo poi scoprire che non sono scontate per nessuno)? Ecco..;-))
D’accordo con l’ultimo commento di Antonio. Anch’io sono per la consapevolezza. Se esponi bandiera, vuol dire che militi sotto quella bandiera. Sei responsabile per cio’ che i tuoi ideologi dicono. Di piu’: sei la loro milizia.
Ovviamente non vale per chi, per dover di critica, o per curiosita’ di visitatore, passa a vedere cosa si dice sotto quelle bandiere.
Antonio tu dici:
“la manifestazione ha un “manifesto” ben preciso, dove ci sono scritte certe cose. Aderendo alla manifestazione da espositore aderisco al manifesto. Fare finta di niente è pura ipocrisia: dal lato dell’espositore è cinismo markettaro strumentalizzante (vanno di moda, chemmefrega, ci vado lo stesso); dal lato dei leoncavallani è idiozia pura (o che bello, guarda quanti espositori condividono le mie idee rivoluzionarie!).
”
Considerazioni molto logiche e condivisibili…. verrebbe da aggiungere “signora mia!”…
Ma del tutto teoriche e in questo caso portano a delle conclusioni completamente
sbagliate (a mio avviso) o comunque attaccabili.
Portare i responsabili marketing di una grossa cantina dentro il Leoncavallo e’ una cosa di tale portata che va ben al di là della razionale condivisione o meno del manifesto della manifestazione.
Per quella gente varcare la soglia del Lenoka, servire da bere ai leoncavallini e’ stato letteralmente un pugno allo stomaco.
Ma un pugno forte.
E viceversa altrettanto lo e’stato per i leoncavallini ospitare certe persone e aziende e da loro farsi offrire da bere.
Non per quello che il leoncavallo e le aziende rappresentano ma per quello che sono, l’abissale distanza esteriore, per l’appartenza a tribù etniche di due pianeti distanti anni luce.
Averli fatti incontrare e’ un traguardo incredibile, l’abbattimento di un tabù, una festa dove per entrare ognuno si prende un pugno in pancia.
Una cosa incredibile che ancora stupisce profondamente, e come suggerisce Cintolesi questo stupore forse e’ proprio il traguardo di CW.
Chiaramente questi due mondi si incontrano superando tanta distanza perchè condividono – certamente non tutto – ma almeno qualche punto del manifesto.
Condividendo forse quell’amore per la Terra per il quale Veronelli ha inteso organizare questa festa.
Sirio: grazie del “simpaticone”.
Tommaso ma tu sei quello del Meeting di Rimini? Te possino caricatte!Stai bene? A magnà le sarsicce sei nfenomeno!Ma mo scrivi pure!
Balle pseudo-romantiche (stimo troppo il romanticismo), caro Francesco. Dentro il leonka non si avvera la profezia di Isaia, non è il lupo che si pasce con l’agnello. Spesso sono i padri (i responsabili marketing ecc. ecc.) che si incontrano semplicemente coi loro figli, i “figli di papà”, per l’appunto. Magari a casa non si guardano e non si parlano neanche, e quindi forse sì, hai ragione, magari lì, in nome della rivoluzione, possono incontrarsi. E in questo incontro i rivoluzionari figli possono incontrarsi col loro prefigurato (perfino sperato, segretamente) futuro.
Balle pseudo-pasoliniane, caro Antonio.
Balle pseudo-romantiche- Balle pseudo-pasoliniane
Che grappa bevete ?
Io credo che abbiano ragione un po’ tutti e due, Antonio e Francesco. Esattamente come avevano ragione entrambi, i contestatori del sessantotto e Pasolini. E’ vero quel che dice Francesco sull’incontro che CW costituisce, ma c’e’ del vero anche nella visione cinica che propone Antonio sull’incontro con il proprio futuro sperato. E’ vero nel senso che puo’ esserlo. Le cose potranno andare cosi’. Come e’ vero che il sessantotto (e se per questo pure il sessantasette) se da un lato furono lo spartiacqua che furono, dall’altro e’ pure vero che da un punto di vista oggettivo, guardando cioe’ alla storia come a un sistema complesso in cui agiscono molte forze spesso all’insaputa di se stesse e delle altre forze, e’ pure vero dicevo che c’e’ stato anche l’aspetto repulisti, piazza pulita, fateci largo che mo tocca a noi (e ci siamo capiti).
A ragionarci troppo sulla realta’ si arriva infatti alla saggezza dei monaci zen: ci si zittisce. La verita’ e’ troppo per poterne parlare.
tombolini che uomo triste che devi essere
Tu dici? Beh, certo non raggiungerò mai la sbornia di allegria che trabocca dal vostro sito: http://www.officinaenoica.org/chi-siamo/