Il blog di Antonio Tombolini

Opposti estremismi: Gianni Alemanno e Nichi Vendola, Uva e Pomodori

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Gianni Alemanno e Nichi Vendola

Il ministro per l’agricoltura Gianni Alemanno ne è orgoglioso, come il suo amico e sodale Nichi Vendola: uno fascista-sociale, l’altro comunista-sociale, si sono messi in moto insieme in Puglia per fronteggiare l’emergenza, e in quattro e quattr’otto hanno risolto il caso. E sì che era delicato, c’era scappato perfino il morto!

Il caso dell’uva e dei pomodori pugliesi: i locali agricoltori non sanno a chi venderli. E che ti fanno? Si chiedono come mai? Macché. Facciamo così: blocchiamo le strade, facciamo un po’ di casino, e chiediamo che lo Stato ci dia un risarcimento. Se no? Se no facciamo casino.

Com’è andata a finire? Ovviamente lo Stato (coi miei soldi) darà un risarcimento (de che?) a costoro, premiando la loro insipienza e la loro violenza. E tutti a battere le mani, alla destra e alla sinistra unite, con le facce di bronzo di Alemanno e Vendola a simboleggiare questa italietta che continua a ballare sul Titanic.
[Ah, dimenticavo: domani pensavo di andare a bloccare il casello dell’autostrada, visto mai… Se qualcuno volesse darmi una mano, appuntamento all’uscita A14 Loreto – Porto Recanati. Sotto ragazzi, ce n’è per tutti!]

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  • Grazie Antonio
    mi erano giusto rimasti dei Norton Antivirus 2003 e dei Windows ME dei quali non sapevo che fare…ottima idea 🙂 Vado con tutti i dipendenti ad occupare la strada qui davanti, a presto 🙂
    Ciao
    Giorgio

  • Ah, Giorgio caro, lo vedi che l’Educazione Civica, e il buon esempio dei nostri politici, funzionano? Bravo, datti da fare per il paese, corri in strada e blocca, non stare sempre li’ a scaldare la poltrona in ufficio!

  • Io intanto blocco la statale Regina sul lago di Como. A Sala Comacina è talmente stretta che basta una sola persona e fai un casino pazzesco 🙂

  • Vai tranquillo Antonio, ora la strada è libera; abbiamo pagato… però fate in fretta che domani chissà chi deciderà di protestare

  • Il segreto dello sviluppo economico del nordest e’ la Milano-Venezia perennemente intasata.
    Impossibilitate ad ottenere aiuti statali tramite il blocco autostradale, le aziende del nordest sono state costrette a trovare il modo di fare utili…
    Scherzi a parte la situazione e’ drammatica e chi ci ha rimesso voleva solo lavorare.
    Brutto sintomo.

  • Già. Orripilante. Ma è l’Italia che funziona così, dopo la finanza creativa i contadini vogliono l’agricoltura stupefacente.

  • Abbiam messo una toppa
    Quasi quasi pure il contadino sente il bisogno di aggiungere qualcosa ai fiumi di parole versate sugli agricoltori pugliesi disperati che bloccavano il traffico. A parte del fatto che abbiamo ormai un sistema economico che rende quasi impossibile viver…

  • Una cosa che so è come funziona il meccanismo del “prezzo d’intervento” per i produttori di riso di Vercelli, Novara, Pavia e dintorni. L’Unione Europea, sempre munifica con gli agricoltori (che poi magari votano Lega, gli ingrati…), ha disposto che il riso quotato alla “borsa risi” (non lo sapete? esiste davvero, è la PiazzAffari del chicco bianco, sta a Vercelli) abbia il prezzo che stabilisce il mercato, proprio come un’azione Fiat. Ma non del tutto. Se il prezzo scende al di sotto di una data soglia, intervengono i soldini di Bruxelles, che acquistano, facendo risalire il prezzo oltre la soglia desiderata, che consente ai contadini di comprarsi il trattore e la mercedes nuova (giuro, non ho mai visto un riscoltore povero, se non in Vietnam) e all’Europa di avere una scorta di riso illimitata. Che poi viene in parte ridistribuita sotto forma di aiuti alimentari (che so, al Cottolengo o alle missioni umanitarie) e in parte… non so. Detto questo, suppongo che, se vale la prima legge di slow food (nutriti solo del prodotto originario) il riso migliore dovrebbe essere quello orientale. Noi mangiamo quello italiano, buonissimo, per carità. Ma molto più caro di quello vietnamita. Dove gli agricoltori non possono permettersi spesso un trattore nuovo. figurarsi una mercedes…

  • Sono le solite deformazioni del mercato di questo assurdo sistema di sussidi….il riso italiano non è solo buonissimo, è INDISPENSABILE…prova a fare un risotto con un patna o un basmati 😀 al posto di un carnaroli e poi me la racconti…. però però…quanti capiscono la differenza ? quanti sanno fare un risotto come si deve ? Quindi il riso italiano buono avrà sempre un mercato, un mercato di nicchia, al quale potrà vendersi a prezzi anche molto alti coprendo i maggiori costi di produzione…per la produzione di massa probabilmente non è più roba per la nostra agricoltura ed invece sarebbe cosa buona e giusta aprire ai produttori dei paesi in via di sviluppo…ma se ci ostiniamo a sprecare risorse per difendere i settori indifendibili anzichè dirottarle sui settori nei quali possiamo dire la nostra….la vedo dura

  • Banda di matti 🙂 simpatici però.
    E l’insieme fa pensare che non tutto sia perduto…
    Digressione (ma qui pare non ne manchino): su “Lievito Riformatore” si parlerà anche di problematiche ambientali, a cominciare dai lupi di Calderoli? 😉
    Milena

  • In difesa dei risicoltori, chiamati in causa, è opportuno dire che questi, me compreso, sono in costante balia delle industrie trasformatrici, che sono loro a determinare il prezzo di acquisto. La borsa merci è solo un luogo di incontro e di minima contrattazione, tant’è che comunemente noi lo chiamiamo il mercato del riso. Il meccanismo del prezzo d’intervento non funzionava come è stato descritto nel post precedente, ora comunque di fatto non esiste più. Una parte considerevole del reddito di un risicoltore è data dalla PAC quindi a tanti verrebbe proprio da dire: “i soliti sussidi all’agricoltura”, ma non è così. Sembrano tanti soldi, soprattutto se sommati agli incassi relativi alla vendita del prodotto, ma non è così. I risicoltori, come gran parte degli agricoltori, sono solo pedine di un sistema, dove a pagare sono sempre loro (i risicoltori (per potersi permettere il Mercedes un risicoltore deve avere un’azienda del valore di almeno 2000.000 di euro)). A guadagnare è soprattutto chi gravita e fa affari attorno all’agricoltura. Sarebbe opportuno chiedersi anche quali sono le dimensioni della fetta di ciò che il risicoltore incassa che finisce nelle tasche delle potenti multinazionali, o nelle casse dello stato. Di certo la risicoltura è in declino, in quanto i costi di produzione sono in costante crescita e le aziende piccole stanno scomparendo. E’ semplice dire che le aziende italiane sono in crisi perché non competitive sotto il profilo del prezzo, ma è leale la concorrenza che ci viene fatta dai produttori stranieri? Si, loro producono a costi inferiori, ma ci siamo mai chiesti come? Perché in Italia non è consentito coltivare come fanno all’estero? Perché noi rispettiamo i tempi di carenza e invece all’estero trattano sempre e consecutivamente? Ed il riso Asiatico, dove viene raffinato? E l’HACCP? Che trattamenti subisce per sopportare i lunghi viaggi in nave? Teniamoci stretti i prodotti della nostra terra, lo dobbiamo alla nostra salute e a quella dei nostri figli. I costi dei contributi all’agricoltura europea non sono poi così alti. Andiamo a confrontarli ad esempio con gli esorbitanti costi della politica.
    Quanto al riso che abbiamo ora in Italia, è un lontano parente di quello asiatico, in quanto è il frutto della selezione fatta dai nostri ricercatori. La qualità, la bontà, la tenuta alla cottura del nostro riso, sono il frutto della mentalità e della cultura italiana. Risi come il Carnaroli, il Sant’Andrea, il Baldo, ecc. non hanno eguali al mondo. E’ anche estremamente facile da dimostrare.
    Forse il riso asiatico è più buono perché arriva già condito. Il condimento, è però quello che si misura in p.p.m.

  • Carlo ha ragione, i sussidi e le agevolazioni sono, per anni, stati merce di scambio elettorale, ma sono anche il prezzo che paghiamo per la sicurezza alimentare, la tutela del territorio e dell’ambiente e contro lo spopolamento di campagna e montagna.
    E’ anche vero che il mercato e’ ormai in mano alla industria e alla grande distribuzione: il produttore e il consumatore non sono altro che delle pedine.
    Vedere l’esempio attuale del pomodoro: il produttore non riesce a venderli neanche a prezzi stracciati e il consumatore paga comunque tanto per avere un prodotto di provenienza, qualità e sicurezza non garantite.

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