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Parte Prima
DIRITTO E TEMPO NELLA FILOSOFIA GIURIDICA ITALIANA
Capitolo I
L’inautenticità strutturale del tempo giuridico: Gino Capozzi
§12 L’autonomia del tempo giuridico
Delineati i rapporti tra storia e diritto, tra "cangiamento" dell’una e "intemporalità" dell’altro, Capozzi passa a considerare quest’ultima dall’interno del fenomeno giuridico, nel concreto darsi della norma di diritto.
In che cosa consiste l’intemporalità? Quali tracce possiamo individuarne nella struttura della norma?
La risposta è apparentemente negativa. Se l’analisi dell’esperienza giuridica ci ha condotti alla "intemporalità" come sua qualificazione essenziale, un esame, anche superficiale, della norma in se stessa rivela al contrario il rilievo che il tempo assume proprio all’interno della sua struttura: termini, scadenze, date, sono solo gli aspetti più appariscenti di una temporalità di cui il diritto sembra intessuto in ogni sua branca:
"L’analisi della norma e l’esperienza del diritto mostrano risultati contrastanti rispetto al tempo. L’una perviene alla conclusione della neutralizzazione del tempo nel diritto, l’altra, al contrario, offre la prova irrefutabile dell’efficacia del tempo come fattore costitutivo del diritto"25.
Come risolvere la contraddizione tra i due esiti della ricerca? E’ vera l’intemporalità da cui il diritto ricava il suo senso specifico in rapporto alla storia, o è vera la temporalità costitutiva della norma?
La risposta non è nell’alternativa, ma nella contestualità dei due aspetti. L’intemporalità si determina per astrazione dal tempo della storia. La temporalità intrinseca della norma è invece autonoma determinazione giuridica, dotata di caratteristiche proprie:
"Temporalità e intemporalità del diritto sono né l’una né l’altra falsa ma entrambe vere. (…) Il diritto produce la neutralizzazione del tempo effettuale nella norma, la norma crea una dimensione autonoma del tempo per il diritto. (…) Sussiste un ‘tempo giuridico’ che va distinto dal ‘tempo effettuale’"26.
Trattandosi appunto di una temporalità giuridica si rende necessario un esame del suo atteggiarsi, alla ricerca del suo senso specifico.
Ma anticipiamo fin d’ora l’esito di tale ricerca: il "tempo giuridico" non costituisce una temporalizzazione particolare del tempo che definiamo provvisoriamente originario, e che Capozzi chiama "effettuale".
La logica del tempo giuridico prescinde totalmente da quella del tempo effettuale, e anzi il parlare di "guise temporali" nel diritto è richiesto dalla impossibilità di definire il tempo giuridico come "dimensione" in quanto tale avente senso unitario27.
Capozzi perviene a tali conclusioni attraverso un minuzioso esame delle diverse "guise temporali" del diritto. Ci limitiamo qui ad esporne i punti fondamentali.
La prima questione affrontata è quella della "direzione" del tempo giuridico: reversibile o irreversibile?
Entrambe le soluzioni sembrano possibili, contrariamente a quanto accade nel tempo effettuale, orientato nel senso della irreversibilità. Se a favore di questa testimonia il brocardo prior tempore, potior iure, a favore della reciproca depone l’altro classico brocardo secondo cui lex posterior derogat legi priori.
Cosa concluderne? Il tempo giuridico non è dotato per sé di una direzione propria: è da questo punto di vista un tempo senza senso. La positiva normazione nel senso della reversibilità o della irreversibilità è oggetto della "scelta giuridica" o "legge", che si determina per l’una o per l’altra in base ad un autentico "arbitrium indifferentiae".
Se un criterio è rinvenibile in tale determinazione positiva, esso non è intrinseco al diritto, ma dipende da ragioni di opportunità politica, che possono spingere all’una o all’altra soluzione:
"Non è già la logica intrinseca ed obiettiva del senso del tempo a produrre effetti per il diritto, specie con riferimento alla successione di leggi, ma è la funzione deontologica della scelta giuridica o legge che sancisce l’efficacia della correlazione temporale, col senso che assume positivamente a norma"28.
E ancora:
"La scelta giuridica o legge è arbitrium indifferentiae tra i sensi analoghi e inversi che il tempo può avere nel diritto: la reversibilità e l’irreversibilità"29.
Un’altra determinazione temporale largamente operante nel diritto è quella riconducibile all’istituto del termine. Ponendo un termine, la norma stabilisce un "decorso determinato" di tempo, allo scadere del quale avranno effetto le previsioni normative. Qui ci troviamo di fronte a un fenomeno a prima vista paragonabile alla durata, e dunque ad un certo legame tra tempo giuridico e tempo effettuale.
Ma il paragone non è legittimo, "perché la ‘durata’, per la sua irriducibilità ad unità elementare di misura, ‘non è’ proprio ciò che il decorso determinato del tempo giuridico ‘è’. A volersi mantenere nell’àmbito del bergsonismo, termine di confronto più appropriato per il ‘decorso determinato’, sarebbe da ravvisare piuttosto in quel tempo esteriorizzato nel suo profilo di dimensione meramente spaziale, al quale il filosofo riserva l’attenzione della sua critica"30.
Il "decorso determinato" dunque sembra più affine al tempo esteriorizzato e convenzionale della scienza, che non al fenomeno della durata. E il termine altro non è che "la misura della quantità del decorso necessario e sufficiente al compimento del tempo giuridico"31.
Misura, ancora una volta, indipendente da una dimensione temporale esterna o sovraordinata al diritto, ma da questo stabilita normativamente.
NOTE
25 TN, p. 261 (torna al testo).
26 TN, p. 262 (torna al testo).
27 Cfr. TN, p. 291 (torna al testo).
28 TN, p. 268 (torna al testo).
29 TN, p. 269 (torna al testo).
30 TN, p. 273 (torna al testo).
31 TN, p. 275 (torna al testo).
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