Il blog di Antonio Tombolini

RU486, quasi quasi la provo

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Elio Sgreccia, con rispetto parlando
Dovrò informarmi su eventuali effetti indesiderati nell’assuzione della pillola RU486 da parte di un maschio: avrei infatti intenzione di ingerirne una, o suggerire per lo meno di fare altrettanto a monsignor Elio Sgreccia (e ai prelati che egli ritenga opportuno coinvolgere).
Dice che tu o donna che la prendi, e i medici che te la prescrivono, i farmacisti che te la vendono, il tuo compagno che ti versa l’acqua nel bicchiere per ingoiarla e quant’altri più o meno direttamente coinvolto nella filiera (nulla è detto, ma ça vas sans dire, le kattivi$$ime multinazionali che la producono) vengono tutti ipso facto, automaticamente (dice proprio così, automaticamente) scomunicati. Ma non è questo che deve preoccuparti, o donna: anche chi abortisce chirurgicamente subisce lo stesso automatismo, dunque nulla di nuovo. Non hanno scomunicato automaticamente (lagnandosi semmai dell’eccesso di pubblicità data all’automatismo stesso, ché l’automatismo è lì proprio per poter dire nel caso beh, nessuno di noi vorrebbe mai, ma tant’è, è automatico…) financo una bambina (medici e quant’altri coinvolti) di 9 anni, violentata e messa incinta di due gemelli dal patrigno?
Dice poi che ‘sta pillola è solo un incoraggiamento e una facilitazione all’aborto, e questo non va bene. Perché vuoi mettere dover fare un vero intervento chirurgico per abortire? Magari dove vivi non c’è uno straccio di medico disposto a fartelo, salvandoti così l’anima, e magari se proprio insisti ti tocca metterti in fila a qualche centinaio di kilometri da casa tua, così che tu possa avere agio di ripensarci, e se proprio non ci ripensi, che per lo meno la cosa ti sia resa difficile, cribbio.
Perché monsignor Sgreccia la sa lunga, lui lo sa come tu, o donna, decidi di abortire, mi par di vederti che dici Oh, magari s’abortisce (metti che sei toscana, ti verrebbe di dirlo così, no?), vediamo un po’ come si fa… ICCHÉ?!? Un’operazione chirurgica? Ma neanche per sogno, niente aborto, via, si torna a casa e iddio provvederà.
Ora che c’è la pillola invece, ci rivela il monsignore, magari tu, o donna toscana, magari ti viene di dire Oh sai icchec’è, visto che ora s’ha la pillola, s’abortisce e ‘un ci si pensa più.
Eh, quante ne sa ‘sto monsignore della vita, e delle donne poi! Pensa te che io m’immaginavo invece che tu, o donna (toscana o no), decidessi prima se abortire o no, e che solo poi ti ponessi il problema di come e dove, tanto che a volte ti riduci perfino (ti riducono perfino) a farlo clandestinamente, e chissà come. Ah, quanto c’è da imparare ancora…
Dice poi che c’è il pericolo del tuo ritorno, o donna, alla solitudine e alla disperazione, visto che si può abortire anche fuori dall’ospedale. Mica come con l’operazione, che sei lì in ospedale a cianciare con le amiche e a ragionar lieta di futuro, mentre aspetti il tuo turno per il raschiamento.
Ma perché provarla anch’io, o almeno il monsignore? Beh, c’è un punto che non è stato ancora, almeno mi pare, considerato come meriterebbe: già in quanto pillola mi facilita il tutto, e questo è male assai. Non sia mai però che me la consentano perfino – Dio non voglia! – al gusto fragola: ma che almeno sia amara!

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