Ho aspettato un po’ per capire bene il significato (letterale, effettivo, e anche simbolico) del decreto Bersani. Ho sentito alcuni dire "eh, ma è tutto fumo negli occhi, tutta robetta da poco": bene, robetta da poco, intanto portiamola a casa e facciamo questo primo passo, magari altri ne seguiranno. E il valore simbolico e di rottura di un provvedimento come questo, rispetto a una cultura assistenzialistica e anti-mercato come quella italiana? Altro che "robetta".
Ho sentito altri inventarsi non so quali argomentazioni per difendere "da sinistra" privilegi (e quindi sprechi) indifendibili. Prendi i contributi all’editoria, ad esempio. Prendi la progressistissima rivista Carta (nomen omen) ad esempio, col suo patetico editoriale anti-Bersani e pro-editoria (solo cartacea, però!) assistita. Il miglior commento l’ho ricevuto via email da un amico, e lo riporto qui:
Un editoriale che fa uso dell’ironia quale unico strumento dialettico disponibile per sollevare una patetica protesta contro un provvedimento che tutela gli interessi del cittadino.
In effetti quelli di carta ne producono un bel pò, di carta. Ma se sono tanto preoccupati che, se cessano i contributi allora non la possono più produrre, tutta sta carta, allora forse si dovrebbero chiedere se c’e’ effettivamente qualcuno che è disposto a pagare quanto essa effettivamente vale (o meglio dire, costa).
Io, in generale provo un senso di rabbia quasi infantile verso tutti quelli che stanno cercando di affossare le prime vere riforme liberali in Italia da millenni a questa parte. Mi viene rabbia perché a nessuno gliene fotte di giustificare le rendite di posizione nei confronti dei cittadini/consumatori/ o come si vogliano chiamare.
Spero che il governo non ceda e che abbia la forza di andare avanti, anche rispetto ad atteggiamenti palesemente intolleranti e fuori legge di questi giorni, diversamente sarebbe la fine di ogni speranza di mettere l’Italia in cammino verso l’enorme gap che ci divide dai paesi evoluti (come l’UK, che ad occhio ci distanzia di almeno 20-30 anni).
… e aggiungo: tanto di cappello al Manifesto che in questi giorni attraversa una crisi economica e non se la prende con Bersani, ma chiede direttamente ai suoi lettori, simpatizzanti, amici e nemici di aiutarlo a restare in vita.
Sia chiara la differenza abissale tra un giornale che chiede aiuto a chi spontaneamente intende offrirglielo e un giornale che invece rivendica il diritto ad avere aiuti di stato.
“Non è un grido d’allarme, è una semplice notizia: nelle pagine interne ne illustriamo i termini. Perciò da oggi inizia un referendum sul futuro di questo giornale: le schede elettorali stanno nel portafoglio di tante e tanti. ”
http://www.ilmanifesto.it/sottoscrizione2006/start.html
http://www.dm.unito.it/personalpages/scienza/documenti/Altroconsumo-CdS-611-2006-estratto.htm
Pienamente d’accordo….si sarebbe potuto fare molto di più ? Vero…mi vengono in mente giusto per fare qualche esempio eliminazione di obbligo notaio per la maggior parte delle operazioni aziendali ( creazione, cambio sede etc ), liberalizzazione licenze farmacie, vendita dei farmaci da banco online 🙂 ma questo è il paese del “il VERO problema è un altro”… chissà come mai il problema sta sempre nel giardino di qualcun altro 🙂
Quindi bravo Bersani, speriamo tengano duro….non bastavano quei beceri di AN e FI, ora anche i PDCI a dire che poveri tassisti sono lavoratori da proteggere….e la Rosa che quando finalmente vede affrontare in un dibattito pubblico i temi che ha portato avanti che perde tempo a sciogliersi…mah 🙁
E’ tutta fuffa!
Non cadeteci!
Non fatevi abbagliare dai compagni!
Loro sono troppo abili in questo; basta vedere cosa hanno combinato nelle Regioni dove governano da 60 anni.
Sono di destra è questa partenza mi è piaciuta, era quello che doveva fare l’altro Governo.Ma se adesso la decisione passa alle Regioni o ai Comuni stiamo da capo a dodici! Sono convinto che in questo Paese esiste un parte trasversale di persone dinamiche, operative che tutti i santi giorni sfidano la concorrenza senza lamentarsi. Io fui contrario all’istituzione delle Regioni (1970) volute dal PCI per creare un contropotere(altro che Bossi).L’Italia è cresciuta fino a quel momento cioè con un Governo sgangherato ma con un minimo di programmazione.Dopo? Ci siamo resi conto che abbiamo ormai 8-9 livelli di potere(Stato,Regioni,Provincie,Comuni,Circoscrizioni, Comunità Montane, Enti vari ( Parchi etc) , Magistrati vari (delle acque , dei bacini etc.)L’altro giorno ho visto un assessore provinciale con macchina blu e autista (follia !!).Ci rendiamo conto che in questa Babele investitori Stranieri non vengono più? Provate (io lo faccio) a fare una piccola impresa che si muove a livello di 3-4 Regioni ognuna ormai con le proprie regole, e da lasciar perdere. La Coin (grande distribuzione) preferisce prendere multe piuttosto che partire con i Saldi in tempi diversi per ogni Regione.Badate bene che quanto parliamo di Regioni (quindi di federalismo)spesso parliamo di entità territoriali (tipo Molise, Friuli, Valle d’ Aosta, Umbria)con 600.000 abitanti 10 condomini di una città come Roma. Quale futuro?Sono di destra ma ho votato no a questo referendum.I ciambellani dei maggiori giornali hanno detto che Io sono la parte sottosviluppata del Paese.La parte avanzata, progredita, evoluta, istruita quale è? Quella che si riunisce ogni hanno a Pontida.Siamo seri!
Roberto Anderlini scrive:
“E’ tutta fuffa!
Non cadeteci!
Non fatevi abbagliare dai compagni!
Loro sono troppo abili in questo; basta vedere cosa hanno combinato nelle Regioni dove governano da 60 anni.”
Ovvero?
assodata la bontà della parte liberalizzatrice, si dovrebbe forse tentare di analizzare anche l’altra, quella fiscale. sinceramente mi ha allarmato l’articolo apparso il 19 su Libero. Faccio riferimento alla maggiore burocratizzazione del sistema, alla valanga di dati che si dovrebbe riversare negli uffici preposti ai controlli anti-evasione… per non parlare dei contributo da versare per i ricorsi ai tribunali amministrativi. Vorrei capirci qualcosa di più, ma su questo tema c’é un silenzio che puzza… e molto.