Quante volte l’avete chiesto, per scoprire che facendo questa domanda i grandi tendevano a cambiare discorso con grande imbarazzo, o a buttarla a ridere dandosi di gomito coi loro amici? Sono sicuro di averlo fatto anch’io.
Del resto dovete capire: si tratta effettivamente di una cosa che qualche imbarazzo, o meglio, qualche pudore lo richiede, e scriverne è sicuramente – almeno per me – più facile che parlarne.
Non vi farò una lezione di educazione sessuale, non ho un buon ricordo di quelle che fecero a me: avevo capito tutto di come si riproducono i fiori e le api, ma come nascessero i bambini no, quello no. Avevo capito solo che era una cosa così brutta che non era il caso di dirlo esplicitamente.
E invece la vita mi ha fatto scoprire, proprio grazie a voi, che non era vero per niente, anzi.
Come nascono i bambini? Facciamo così, partiamo dalla fine, dal bambino già bello nato e strillante: da dove è uscito fuori?
E’ uscito fuori dalla vagina della donna. Le femmine, infatti, hanno due canali che si aprono sulla vulva (altrimenti e più simpaticamente detta, almeno a casa nostra, la papera. Viene chiamata anche in altri modi, meno simpatici, che preferisco non usare qui e che comunque so che voi potreste semmai insegnare a me): un canale, più in alto, serve a fare pipì, ed è collegato alla vescica urinaria; l’altro, un poco sotto a quello, è la vagina, e collega a un organo che solo la donna ha dentro la pancia, e l’uomo no: l’utero.
Bene. Visto che il nostro bambino esce dalla vagina, vuol dire che prima stava nell’utero. Ah, una cosa: può capitare che, per qualche motivo (per esempio perché è messo a testa in su invece che a testa in giù), quando è ora di nascere il bambino non venga fatto uscire dalla vagina (in questo caso si chiama parto naturale), ma per prudenza venga fatto uscire da un taglio che il medico pratica nella parte più bassa della pancia della mamma, il cosiddetto parto cesareo. Un tempo il parto cesareo equivaleva quasi sempre alla vita del bambino ma anche alla immediata morte della mamma, tanto che una leggenda vuole che il nome derivi dal fatto che Aurelia, mamma di Giulio Cesare, fosse rimasta miracolosamente viva dopo la nascita del futuro imperatore. Ma questa è – appunto – leggenda. La verità è che l’espressione parto cesareo viene dal latino caedere, che significa tagliare. Per fortuna oggi il parto cesareo è del tutto tranquillo e sicuro.
Il bambino, prima di nascere, stava nell’utero, e ci è stato a lungo: di solito circa nove mesi. E’ lì, dentro l’utero, che il feto (così si chiama il bambino nell’utero, prima di essere bambino) per nove mesi si è formato ed è cresciuto (facendo crescere il pancione), sfruttando in tutto e per tutto le energie della mamma.
Il feto vive e si sviluppa all’interno di una membrana, l’amnio, piena di liquido, il liquido amniotico: praticamente dentro un uovo pieno d’acqua. Cosa fondamentale, per nutrirsi e alimentare la sua crescita, il feto è collegato alla mamma, al suo utero, con un tubo, il cordone ombelicale, che alla nascita viene tagliato e che, una volta cicatrizzato, diventa il nostro ombelico.
Ma proseguiamo il nostro viaggio all’indietro. Cos’era il feto prima di essere feto? E dov’era?
Era sempre nell’utero, ed era un piccolissimo ammasso di cellule che si moltiplicano vertiginosamente: era un embrione (parola bellissima! Viene da en, che vuol dire dentro, e bryein, che vuol dire germogliare, fiorire: che germoglia e fiorisce dentro), che per sette-otto settimane si è andato moltiplicando fino ad assumere le forme iniziali di un feto, con un sopra e un sotto, un davanti e un didietro, anche se ancora molto approssimativi.
Ci stiamo avvicinando sempre di più all’inizio, alle origini della vita del nostro bambino. Come ci è finito l’embrione nell’utero della mamma? Qui cominceremo a parlare anche del papà, finora rimasto abbastanza estraneo alla faccenda: per avere un embrione, occorre che un uovo (femminile) venga fecondato da un seme (maschile). Questo è il principio della riproduzione sessuata, che governa la vita della gran parte degli esseri viventi che popolano la terra.
Nell’utero della donna, all’incirca una volta al mese, viene prodotto un uovo, piccolo, piccolissimo, un ovulo, che va a sistemarsi sulle pareti dell’utero per un po’ di giorni. Se in questo periodo viene raggiunto da un seme maschile, l’uovo viene fecondato e diventa embrione, cominciando così il cammino della crescita. Se invece in questo periodo non succede niente, l’uovo viene espulso dalla vagina (si tratta delle mestruazioni), e se ne riparla il mese successivo. Le femmine cominciano a produrre l’uovo, a ovulare, in età diverse, perché ognuna ha i suoi ritmi. C’è chi comincia a nove anni, ma c’è anche chi comincia a sedici: ognuna ha il suo tempo. Da quel momento in poi, e fino alla menopausa (al momento in cui cessa l’ovulazione: anche qui, per alcune donne prima, per altre dopo, ma abbastanza avanti con gli anni) l’organismo femminile produrrà una ovulazione al mese.
Il seme maschile che, se riesce a incontrare un ovulo femminile, lo feconda e dà origine alla vita, è lo spermatozoo. Gli spermatozoi, organismi microscopici, vengono prodotti in continuazione dai maschi, da una certa età in su. Anche per i maschi è come per le femmine: c’è chi comincia prima, a nove dieci anni, e chi comincia più tardi, anche a sedici anni. Vale sempre la stessa cosa: ognuno ha i suoi ritmi. Gli spermatozoi sono contenuti in due palline, i testicoli, a loro volta contenuti nello scroto, la sacca che si trova sotto il pène (altrimenti e più simpaticamente detto, almeno a casa nostra, il pisello. Anche in questo esiste un’infinità di nomignoli meno simpatici, dei quali siete certamente a conoscenza).
Riassumiamo la situazione: abbiamo un ovulo nell’utero della donna, pronto ad accogliere uno spermatozoo per fecondarsi e dare il via alla crescita dell’embrione, che dopo sette-otto settimane diventerà un feto, che crescerà per altri sette mesi fino alla nascita del bambino. E abbiamo milioni di spermatozoi dentro i testicoli dell’uomo, pronti e smaniosi di incontrarsi con l’ovulo dei loro sogni. Ma come avviene l’incontro?
Abbiamo visto che l’utero comunica con l’esterno attraverso il canale della vagina. A loro volta i testicoli, che contengono gli spermatozoi, comunicano con l’esterno attraverso l’uretra, un tubo che passa attraverso il pisello fino all’esterno (l’uretra è collegata anche alla vescica, per consentire anche ai maschi di fare pipì attraverso il pisello). A questo punto, perché almeno uno spermatozoo incontri un ovulo, occorre che il pene maschile entri dentro la vagina femminile. Occorre cioè che l’uomo e la donna si uniscano, con il pisello dell’uomo dentro la papera della donna.
Questo atto è non solo intimo e segreto (come potete immaginare), ma anche bellissimo e ricco di piacere, a patto che tutto venga fatto con e per amore (se fatto invece con violenza è probabilmente la cosa più brutta e dolorosa che possa capitare). Insomma, arrivano momenti in cui la donna desidera unirsi al suo uomo, e viceversa. Quando arriva questo desiderio, l’uomo ha un’erezione: il pisello riceve più sangue del normale e si gonfia e si indurisce, così da poter entrare nella papera, proprio mentre questa (è l’effetto del desiderio sulla donna) si inumidisce per rendere tutto più facile. Una volta dentro, ad un certo punto, arriverà il momento della eiaculazione: milioni di spermatozoi verranno spruzzati dentro l’utero femminile e si metteranno alla ricerca dell’ovulo da fecondare.
E’ questo l’atto sessuale, detto anche copula, quello di cui sentite parlare in mille modi, anche in questo caso non sempre così belli e simpatici; ed è a questo che si allude quando sentite (nelle canzoni o nei discorsi) espressioni come fare l’amore.
Naturalmente non ogni volta che si fa l’amore lo spermatozoo trova l’ovulo e lo feconda, altrimenti sai quanti saremmo!
Sia perché a volte si capita nel periodo in cui non c’è nessun ovulo da fecondare (il periodo fecondo dura solo pochi giorni al mese), sia perché, proprio per evitare che ogni volta si dia il via a una gravidanza, e poter ugualmente fare l’amore, vengono usati i cosiddetti contraccettivi. I più diffusi sono la pillola, per la donna, e cioè una pastiglia che impedisce l’ovulazione, e il preservativo (o profilattico), per i maschi, una specie di cappuccetto di gomma sottile, con cui rivestire il pisello già eretto prima dell’atto sessuale, per far sì che gli spermatozoi durante l’atto restino dentro il preservativo e non vadano a finire nell’utero, liberi di fecondare. Altri mezzi contraccettivi poi consentono di determinare con una certa precisione quali sono i giorni fecondi della donna, per poter decidere di conseguenza.
Siamo arrivati all’inizio. L’inizio, l’origine, è sempre la cosa più misteriosa, anche in questo caso. E l’inizio è tutto in questo atto, in questo incontro, anch’esso misterioso. Un incontro che può essere bellissimo, se vissuto con amore e con partecipazione, nel rispetto dei giusti ritmi di ciascuno. Ma un incontro che può al contrario essere terribile e mortificante, un evento peggiore della morte, se subìto o addirittura imposto con la forza e con la violenza.
Così, cari figli miei, nascono i bambini. E così siete nati anche voi. Così una donna diventa mamma, e così un uomo diventa papà.
Resta aperto un altro interrogativo, cui per ora non so dare risposta: se un papà non è papà fino a che non ha un figlio, nasce prima il papà o nasce prima il figlio? Magari a questa domanda mi aiuterete a rispondere voi, e i vostri amici!
Antonio