Il blog di Antonio Tombolini

Why Mario Draghi Is Unfit to Lead the Recovery Plan (Italiano)

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Draghi studia i venti per inondare da qui l’Europa di denaro sonante (illustrazione tratta da Socialisti Gaudenti)

In un articolo del Financial Times, rilanciato oggi da molti, c’è la ricetta di Draghi per la gestione della crisi economica innescata dal Nuovo Coronavirus SARS-COV-2, che dà luogo alla malattia COVID-19.

La sua ricetta è semplice: gli stati devono inondare il mercato di soldi, tutti quelli che servono.

Ti licenziano perché non hai più lavoro? Ti pago lo stipendio io, uguale. Dovresti licenziare il tuo personale perché non vendi più niente? Ti do i soldi io, tutti quelli che ti servono, non solo per pagare personale e fornitori come se non fosse successo niente, ma anche per investire, se lo fai, in vista del futuro. Hai un mutuo o un prestito personale o aziendale che non puoi più pagare? Lo paga lo stato al posto tuo.

Sospesa ogni forma di tassa e contributo, e gli stati continuino tuttavia a finanziare le loro attività, invece che col gettito fiscale, che non c’è, con nuovo debito pubblico. Tutto a spese degli stati, che ovviamente vedrebbero il loro debito pubblico ingigantirsi a dismisura, cancellando però così, osserva Draghi, tutto il debito privato.

Detta così, e non nel linguaggio forbito e cattedratico, di quello che molti si atteggiano a chiamare “Marione”, manco fossero pappa e ciccia con lui da una vita, la cosa suona assurda. Ma non lo è.

Il mondo è in fase di default, e lo è, dice Draghi, non per cause imputabili a questo o quel soggetto da punire, ma per una causa esogena al sistema, che non è colpa di nessuno. Si diano dunque tutti i soldi che servono a tutti, senza distinzioni, per fare stare in piedi il sistema “come se” non fosse successo niente, fino a che la situazione non tornerà normale, così che persone e imprese potranno ricominciare a pagare e restituire i soldi che hanno ricevuto, grazie al fatto che impiegando i soldi ricevuti per lavorare e darsi da fare l’economia e le imprese ricominciano a produrre ricchezza.

È una vecchia ricetta, che pur su dimensioni di crisi molto più ridotte, a volte ha funzionato. Ma stavolta no.

Stavolta non funzionerebbe, e affidare a Draghi le redini della ricostruzione di tutto significherebbe trascurare che tutto si dovrà sì ricostruire, ma dovrà essere tutto nuovo. Da questo punto di vista Draghi non è che la versione migliore e più presentabile del vecchio che ha già prodotto, ad esempio, la crisi del 2008. Vediamo il perché.

  1. Siamo sicuri che questa crisi sia “esogena”, e che non sia “colpa di nessuno”?
  2. Siamo sicuri che gli individui abbiano ancora fiducia nei proclami programmatici di classi dirigenti che ci hanno ormai abituati a sentirli affermare tutto, e il suo esatto contrario, dall’oggi al domani, senza manco un plissé?

Partiamo da questo secondo aspetto: supponiamo che un governo dica domani ai cittadini “dai, eccovi i soldi, usateli, investiteli, lavorate per ricostruire, vi daremo tutti quelli di cui avrete bisogno finché non ce l’avremo fatta!”.
Già. E se poi cambiate idea? Mi pagate il mutuo? Niente tasse? Se non ho lavoro e non si vende mi pagate voi? Sai che c’è, io nel frattempo me li metto da parte, poi si vedrà.

Se succedesse questo (e Draghi di passaggio se ne avvede, dicendo che tutto funzionerebbe “al netto del moral hazard”, al netto della scommessa che su questo gli stati dovrebbero fare) sarebbe il disastro. Non ripartirebbe un bel niente, e il sistema politico e finanziario globale si ritroverebbe senza più alcuna arma da spendere. Una distopia terrificante.

Ma consideriamo ora la premessa di Draghi, sull’essere questa crisi di origine esogena, estranea all’economia, su cui nessuno ha colpe, talché a tutti, e senza distinzione né valutazione alcuna, andrebbero dati soldi a prescindere, per tenere tutto in piedi a prescindere.

Ecco, io trovo questa premessa incredibile. Senza il virus Alitalia sarebbe stata rilanciata? E le acciaierie a Taranto avrebbero risolto il loro problema di mercato e quello ecologico insieme? E la bomba ambientale si è prodotta dal nulla? La difesa strenua del vecchio contro una prospettiva di difficile e intelligente governo della transizione al digitale per tutti i settori non c’entra niente con questa crisi? La burocrazia che strozza risorse e ostacola l’innovazione non c’entra niente coi morti da coronavirus di oggi? Una classe imprenditoriale abituata a vivere di sussidi e assistenza e di rendita da concessioni su utilities che ha azzerato ogni industria votata all’innovazione e al futuro non c’entra niente? Il livello infimo della educazione di base e di quella specialistica, della ricerca, il perdurante corporativismo di tutte le professioni non c’entrano niente?

E per entrare nel mondo di Draghi: una finanza che si è fatta maestra di moral hazard, a cui non è bastato infettare il mondo col virus dei subprime del 2008, ma è tornata nel frattempo a farlo, in vecchie e nuove forme, non c’entra niente? Anni e anni di quantitative easing, guidato proprio da Draghi, che ha pompato soldi direttamente nelle casse delle banche senza che niente arrivasse all’economia reale, non c’entra niente?

Il rifiuto di accompagnare la globalizzazione degli scambi e dell’economia con un parallelo percorso di globalizzazione delle istanze normative, politiche e democratiche tecnologicamente avvedute e in grado di governare i processi non c’entrano niente?

C’entrano eccome. Il 90% della classe dirigente mondiale al meglio “usa” internet da qualche anno, da quando ha scoperto il potenziale di propaganda rappresentato dai social, decidendo di occuparsene solo per scatenare una guerra per la conquista del consenso di massa su scala planetaria, invece che occuparsi del digitale e della rete come necessari fattori di innovazione di processi e filiere.

Ecco. Il virus non ha fatto che scatenare ciò che già si stava producendo: l’insostenibilità di un modello e di un sistema economico destinato a collassare.

Si tratta di ricostruire tutto. Ma dovrà essere tutto nuovo. E non vi vedo per niente preparati, se correte già ad acclamare Draghi come il nostro Dictator.

C’è altro da fare, e per capire cosa, bisogna studiare. Per esempio come abbiamo cominciato a fare in CoVstat_IT, con un gruppo di giovani ricercatori e scienziati, applicandoci a ragionare attorno all’impatto del virus in termini epidemiologici, e da ora, con questo primo articolo, aprendo il filone dell’analisi e delle proposte da testare lungo la via sull’impatto economico e sulle misure necessarie.

(Disclaimer, Stefano Tombolini, autore dell’articolo che inaugura il filone di ricerca economica di CoVstat_IT, è mio figlio. Ciononostante è economista e statistico, e coordinerà il lavoro del gruppo economia).

A New Marshall Plan for a New Economy – 1

1 Commento

  • Ehm, non è un articolo un po’ pretenzioso? Si vuole spiegare cosa non va nell’attuale sistema economico (italiano? europeo? mondiale?) senza un dato, senza una diagnosi che vada un po’ in profondità, spiegando almeno le premesse su cui il discorso si dovrebbe sostenere. Si vellica semplicemente il lettore con il solito elenco di vizi e ritardi che contraddistinguerebbe il nostro paese. Il solito esercizio di anti-italianità, da cui però chi scrive è, chissà come mai, esente…

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