Dopo aver visto la mostra a Mantova, mi frullano in testa un sacco di cose che a volerle mettere in ordine e documentare come si deve mi ci vorrebbe qualche giornata di lavoro.
Mi limiterò pertanto ad enunciare, per ora, la mia tesi sull’artista. Mantegna (non da solo, probabilmente, ma lui di certo sì, e forse per primo) annuncia con la sua pittura quel che Leopardi e Nietzsche annunceranno, secoli dopo, poetico-filosoficamente, e cioè:
- Dio è morto
- I valori sono punti di vista
Giustificazione sommaria della tesi: nei soggetti sacri il distacco tra l’artista e la scena è sommo, al contrario di quanto avviene nei soggetti profani (o nei dettagli più nascosti e marginali dei soggetti sacri), dove il suo coinvolgimento, vitale ed entusiastico, è totale. Se il committente vuole un soggetto sacro, glielo si fa, ci mancherebbe altro: ma esso diviene pretesto per l’arte, non più viceversa, non più l’arte come strumento del messaggio sacro (Giotto, e ancora Raffaello, forse, per quanto…). L’arte dimostra che i valori sono punti di vista: i putti in piedi alla balaustra, in verticale sulla parete orizzontale del soffitto nella Camera degli Sposi e il Cristo morto orizzontale a sfidare provocatoriamente l’angusta verticalità della tela, sono solo gli emblemi più espliciti di questo manifesto. E l’arte, che dispone governa e crea i punti di vista, diventa, come testualmente affermerà Nietzsche, il valore supremo, un valore più importante della stessa verità (anch’essa un punto di vista, naturalmente, e dunque sottomessa all’arte).