Tavoli, utensili, giocattoli, cibi, imballaggi, mobili e suppellettili… tutto tenderà ad avere di default un indirizzo ip. (A.D. MMVIII, Antonio dixit)
Morgan Stanley ha pubblicato il suo studio sugli Internet Trends 2008. Dei molti spunti che se ne possono ricavare, vorrei sottolinearne tre, anzi, tre più uno.
Il primo trend che mi sembra segnalare un cambiamento in qualche modo epocale riguarda il fatto che a guidare – anche in termini di qualità – lo sviluppo di servizi e applicazioni internet non è più il mercato professionale, ma la domanda dei privati:
Fifteen years ago, enterprise technology was higher-quality than consumer technology. That’s not true anymore. It used to be that you used enterprise technology because you wanted uptime, security and speed. None of those things are as good in enterprise software anymore [as they are in some consumer software]. (Douglas Merrill, Former Google Chief Information Officer, New President of EMI Music, Digital Business)
Il secondo trend riguarda la sempre minore centralità del mercato nord-americano, a favore di Europa, Asia e Sud-America. Asia, soprattutto. Un bene o un male? Domanda sbagliata, naturalmente. La domanda giusta è: cosa sappiamo noi di questi nuovi centri di sviluppo? Che ne sappiamo noi, per dire, di quanta e quale roba viene creata in cinese? Io niente, ma temo di non essere solo. Digital divide ecc…
Il terzo trend è quello segnalato dalla crescente domanda di storage, di memorizzazione di dati e applicazioni su server online, a cui poter accedere per tutto quello che ci serve da qualsiasi luogo, in qualsiasi momento, con qualsiasi strumento. Si tratta in fondo dell’inveramento della visione che già molti avevano agli albori di internet, che sembrava invece sconfitta e frustrata. Torna invece alla ribalta con la sempre maggiore disponibilità di banda e connettività: device e terminali leggeri e server pesanti. Fruizione sui primi, storage dati e applicazioni al lavoro sui secondi.
Il quarto (pseudo)trend (che Morgan Stanley segnala come terzo, e a cui dedica la parte più cospicua della sua presentazione) è quello del Mobile, col paradigma iPhone al centro. Sembra il più ovvio e evidente, ma a me pare che enfatizzarlo troppo rischi di far scommettere (e sprecare) un sacco di risorse in un ambito che potrebbe rivelarsi presto bruciato da una evoluzione di cui invece ancora troppo poco si parla: the Internet of Things. Siamo vicini ad un’epoca in cui tutte le cose, gli oggetti fisici di cui è fatta la nostra vita quotidiana saranno essi stessi terminali e nodi della rete, localizzati, interconnessi e abilitati a ricevere e trasmettere dati. Tavoli, utensili, giocattoli, cibi, imballaggi, mobili e suppellettili… tutto tenderà ad avere di default un indirizzo ip. In uno scenario come questo i telefonini tuttofare rischiano di diventare presto obsoleti.
Caro Antonio,
io mi trovo perfettamente rappresentato nel 3° trend: storage. Non ne uso molto – mai abbastanza rispetto alle opportunità che il mercato ormai offre – ma mi rendo sempre più conto che il fine a cui tendo è trasferire ogni traccia della mia esistenza sulla rete: pensieri, foto, parole, indirizzi, agenda ecc. Non c’entra la privacy (me ne frego abbastanza) ma è piuttosto un piano più ambizioso: il fatto è principalmente pratico (cerco il modo più semplice per accedere alla mia memoria da qualsiasi luogo, previa connessione alla rete, ovviamente), ma diventa ambizioso perché trasferisce la suddetta memoria a quella che un tempo si chiamava virtualità (che è sempre meno tale). Mi sto trasferendo su un server, fisicamente, mentalmente. Voglio indicizzarmi, taggarmi, organizzarmi, infine. E farlo da ovunque, tariffe dei nostri strozzini di gestori a parte. So che non mi prenderai per pazzo. Ho in mente un pezzo sull’indicizzazione della nostra vita e sul suo simulacro: il campo “search”. Sarà fantastico e definitivo, e resterà su qualche server – spero – ben oltre la mia parabola esistenziale.
un indirizzo IP serve a poter comunicare.
Impossibile comunicare con un cibo (solo Pierangelini forse riesce:-)
Il frigo avrà un undirizzo IP.
I cibi probabilmente avranno un tag RFID.Una targetta con un codice e informazioni collegate.
Connettendoti al frigo potrai sapere cosa c’e’ dentro, e di ogni prodotto quando scade, da dove viene, quante calorie ecc ecc.
Mah, bello il futuro ma sara’ veramente cosi’???
Qualcuno ha tentato di accedere al sito rai durante gli europei??? Impossibile. E credo che di server e banda loro ne abbiano.
Quando tutti avranno giga in rete (di foto, filamti, email ecc.) e vorranno accederci, che server serviranno e che banda dovremmo avere??? Quando tutti apriranno il rubinetto dei dei dati chi avra’ abbastanza flusso da offrire??
E te pareva che arrivava Isacco a tirare il freno…
@isacco, Google ha pianificato l’acquisto di 500.000 (dicasi 500.000) server all’anno per i prossimi tre anni, e sta comprando ettari ed ettari di terreni per le proprie server farm. Amazon, con S3 e EC2, idem. E quanto alla banda:
“Cisco announced that it will deliver gigabit broadband service to houses in Hong Kong–over existing copper wiring. A California group is working to ensure gigabit broadband to all Californians by 2010” http://www.cnet.com/4520-6033_1-5759958-1.html?tag=nl.e501
Tanto per dire 🙂
@francesco, quella del frigo che tiene l’inventario è solo un’applicazione, internet of things è un’altra cosa, esattamente quella che tu dici: le cose che comunicano, anche tra loro. Cosa vuol dire? Beh… mi sa che vi tocca un altro pallosissimo post 🙂
@martino, aspetto con ansia il pezzo!
@AT: sarà così definitivo che imploderò cerebralmente e non sarò mai più in grado di scrivere niente. Ma, a pensarci bene, devo essere già a quel punto vista la mia recente parsimonia prosaica (nel senso si “prosa prodotta”).
@isacco: 500.000, t’è capì?
@AT: sarà così definitivo che imploderò cerebralmente e non sarò mai più in grado di scrivere niente. Ma, a pensarci bene, devo essere già a quel punto vista la mia recente parsimonia prosaica (nel senso di “prosa prodotta”).
@isacco: 500.000, t’è capì?
Il gigabit in broadband entro il 2010 mi sembra un po’ ottimistico, ma molto probabilmente mi sbaglio, al momento e’ complicato farlo in una semplice lan.
Al momento la banda garantita di una normale adsl credo si aggiri attorno ai 50k. E velocita’ massima non implica necessariamente banda.
Non lo so, vedo che le persone si spazientiscono per i 30 secondi di attesa che ci vogliono nell’aprire un pdf in locale. Insomma non lo vedo proprio dietro l’angolo questo super futuro. Ma sono un po’ pessimista ultimamente 🙂
ok, a costo di farmi prendere per pazza: non solo condivido la necessità di Martino di poter accedere sempre e ovunque alle informazioni, e non solo sarei molto curiosa di leggere la sua mente (perché il pezzo mi sa che lo aspetteremo, vista la sua dichiarata parsimonia letteraria dell’ultimo periodo), ma vi dirò che il limite maggiore che sento è quello di non potermi fisicamente connettere direttamente.
Intendo dire che ho sempre e comunque bisogno del mio computer per farlo.
Cosa non darei per un impianto borg e un paio di nanosonde wireless…
Se volete sapere come sara’ il futuro se questo trend continua leggetevi il ciclo: WRIGHT JOHN C. – L’ETA’ DELL’ORO. Il libro puo’ piacere o meno ma secondo me è un ottimo esercizio di immaginazione del futuro.
non so se l’ho già detto, ma il romanzo di sf “Rainbows End” di Vernor Vinge (2005) prefigura lo sviluppo dell’uso del web, nella direzione che tu sottolinei, in modo piuttosto dettagliato e complesso (le periferiche più diffuse, nel romanzo, sono lenti a contatto – per dire).
Paolo, grazie della segnalazione, corro a leggerlo!
Considerazione a margine.
Il fatturato dei primi retailer on line è di $ 53 mld (slide 26)
Nessuno considera che Ebay genera un GMV (valore della merce venduta) di € 60 mld.
Anche scorporando case e motori, siamo oltre il € 35 mld, più di due volte amazon che si ferma a € 14 mld.
Non è che fra i Trend c’è anche quello di decidere quanto pagare una cosa? E quello di una domanda e un’offerta sullo stesso piano, che dialogano?
Bibliografia. Bellissimo il concetto di Internet of things. Vi segnalo “La forma del Futuro di Bruce Sterling”. Comunque penso che con il concetto di gingillo Sterling prefiguri l’IOT. Non ci ho capito molto, ma la traduzione improbabile ha avuto il suo peso 🙂
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