Il blog di Antonio Tombolini

La farsa del Biologico

L

Luigi Cenerelli è docente di Scienze degli Alimenti all’Istituto Alberghiero di Senigallia. E’ stato per anni Tecnico Ispettore di una delle società che effettuano servizi di controllo sulle produzioni bio, e dunque conosce quella realtà dall’interno.
Questa esperienza lo ha condotto a scrivere un articolo assai interessante, che, nonostante le reiterate richieste, la redazione di Greenplanet si è guardata bene dal pubblicare. Indovinate un po’ perché…, si sfoga pudicamente l’autore.
Provo a farlo circolare un po’ io, ringraziando Gianna Ferretti per la segnalazione.

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  • Interessante? Non mi sembra. L’articolo che hai linkato è una mezza paginetta con accuse generiche, senza entrare nei particolari.
    A quando un dossier più approfondito?

  • A parte i limiti della nomenklatura burocratica in fatto di biologico, illustrati dall’articolo,
    il problema ancora più radicale è che spesso i prodotti “biologici” utilizzati in agricoltura lasciano tracce sul terreno molto più difficili da smaltire di quelle utilizzate dalla agricoltura normale!!!
    Per non parlare poi dei vini biologici – e qui siamo oltre i limiti della farsa, visto che in verità non esistono: sono fatti con uve provenienti da agricoltura biologica. Pensate se però in vinificazione uno utilizza lieviti selezionati, enzimi che tirano fuori il profumo di moscato dal verdicchio (non esagero), tannini industriali, trucioli, concentratori e chi più ne ha più ne metta!

  • Caro Tombolini, ancora non ci conosciamo ma posso dire che apprezzo
    l’intervento e l’attenzione dimostrati: vorrei aggiungere che
    l’articolo ha lo scopo di sollevare qualche dubbio non tanto sulla
    bontà dell’agricoltura biologica quanto sul sistema di controllo e di
    far aumentare l’attenzione nel consumatore, che non può limitarsi a
    pagare di più gli alimenti quotidiani quasi che così possa farsi una
    sorta di assicurazione sulla salute.
    Credo fermamente in un’agricoltura quale quella proposta dal metodo
    biologico anche se talora vi può essere la necessità di ricorrere al
    prodotto chimico: del resto in medicina non è forse così ? Prima degli
    antibiotici si moriva per una semplice infezione ….
    Saluti.
    Luigi Cenerelli

  • Non ci samo, non ci siamo.
    Quando ci fu proposto l’intervento del dott. Cenerelli lo considerammo uno sfogo e gli chiedemmo maggiori dettagli e che uscisse dall’indeterminatezza.
    Trovavamo del tutto generiche e abbastanza banali alcune sue considerazioni.
    Dicemmo (pure) che se si aveva notizia di reati, ci sembrava che il percorso più sensato (e meno confusionario) non fosse un generico “sparare nel mucchio”, ma quello di circostanziare nomi, cognomi e avvenimenti, segnalandoli all’autorità competente (il che “potrebbe” fare ogni cittadino ma “dovrebbe” fare chi esercita un controllo su autorizzazione pubblica.
    Nulla di quanto richiesto è mai pervenuto, e noi ci siamo limitati a non pubblicare l’intervento propostoci, assolutamente privo di ogni riscontro.
    Il nostro sito è il più visitato del settore biologico (da produttori, consumatori, ricercatori, ecc.) proprio perchè dice tutto quello che c’è da dire, ivi comprese questioni “scomode”.
    La “scomodità” non ci spaventa (siamo per l’assoluta trasparenza) ma l’attendibilità e il livello medio degli interventi che ospitiamo sì, per evitare di dar spazio a operazioni poco chiare (“tizio di notte usa anticrittogamici”) o deliri (“tutti di note usano anticrittogamici”), e per mantenere l’autorevolezza che abbiamo costruito in un decennio on line.
    Plaudiamo comunque alla perserveranza del dott. Cenerelli che, dopo due anni, è riuscito a trovare qualcuno che lo diffonde, così com’era, con gli stessi argomenti a sostegno di allora, e cioè solo le sue rispettabili, ma personalissime convinzioni.
    Già che ci siamo, qualche commento nel merito dell’intervento del dott. Cenerelli.
    1) Tesi: I controllori sono pagati dai controllati, quindi qnon sono liberi e non ci si deve fidare.
    Commento: Non sono i controllati ad aver deciso di pagare i controllori (anzi, se pagasse qualcun altro, i produttori biologici sarebbero contenti). E’ la legge che o dispone. Così come lo dispone per TUTTI i sistemi di certificazione.
    Il dott. Cenerelli sa certamente che il Consorzio del Parmigiano Reggiano è pagato dalle aziende produttrici. Sospetta forse che, perchè incassa dai controllati, il Consorzio chiuda un occhio se questi utilizzano latte in polvere?
    Sa anche, certamente, che il Consorzio Docg del Brunello di Montalcino fattura alle aziende vinicole controllate. Ritiene che, per questo motivo, lasci che qualche cantina imbottigli per Brunello del Tavernello?
    Uscendo dal’agro-alimentare, il marchio IMQ che certifica la sicurezza dei prodotti elettrici, incassa royalties dai produttori di elettrodomestici. Crede il dott. Cenerelli che, in virtù dei pagamenti che percepisce, IMQ conceda il suo marchio a un phon che dà la scossa?
    Se non crede che questo accada nel resto del mondo, perchè, di grazia, riserva questo suo convincimento al settore biologico?
    Se nella sua precedente attività di ispettore il dott. Cenerelli si limitava all’esame della documentazione e non a visite in campo e a prelievo di campioni da sottoporre ad analisi, svolgeva male il suo lavoro e se a cessare il rapporto è stato l’organismo di controllo con cui collaborava, ha fatto bene.
    Grazie al cielo, gli altri ispettori non procedono, di norma, nel modo descritto dal dott. Cenerelli.
    Gli organismi di controllo devono richiedere (e ottenere) una specifica autorizzazione dal Ministero delle politiche
    agricole. Un comitato di valutazione verifica che l’organizzazione dell’ente garantisca l’imparzialità, che il personale ispettivo sia qualificato e non legato da rapporti professionali anche indiretti con le aziende controllate, che disponga di dotazioni tecniche, strutture informatiche e organizzative efficienti.
    TUTTI gli organismi sono sottoposti al controllo da parte del Ministero e delle Regioni, che periodicamente provvedono a ispezioni e a visite di verifica delle aziende controllate.
    Gli organismi già attivi (mancano all’appello quelli di più recente autorizzazione: è una procedura che comporta tempi lunghi) sono accreditati dal Sincert, l’authority italiana in materia di certificazione, che attesta la loro conformità alla norma internazionale EN 45011.
    Al sistema di vigilanza pubblico si aggiunge così un ulteriore controllo
    indipendente basato su regole riconosciute internazionalmente.
    Nelle commissioni di certificazione degli organismi siedono rappresentanti delle
    associazioni dei consumatori e di quelle ambientaliste, garantendo ulteriormente
    indipendenza e trasparenza.
    L’affidabilità del sistema di controllo italiano è riconosciuta a livello internazionale: non a caso i governi giapponese e statunitense accreditano i nostri organismi come propri certifying agents, e organismi italiani gesiscono gli schemi d certificazione di altri Paesi esteri (Svizzera, Francia, Quebec ecc.).
    Può darsi che il dott. Cenerelli ritenga babbioni i ministri dell’agricoltura di Italia, Usa, Giappone, Svizzera, Francia ecc., ma è un suo problema privato.
    2) Tesi: Ci sono poche ispezioni
    Commento:In Italia operano in tutto 2.593.090 aziende agricole, 85.332 ristoranti, 116.218 bar, 2.309 mense, 111.067 negozi di generi alimentari, 49.674 artigiani alimentari (di cui 23.062 fornai e 10.348 pasticcerie), 37.000 industrie alimentari. A mettere le mani sugli alimenti
    degli italiani, insomma, sono quasi 3 milioni di imprese.
    Nel 2000 i Nas hanno potuto ispezionarne
    solo 47.757, altre 465 sono state visitate dai Carabinieri politiche agricole.
    In totale, quindi, è stata ispezionata un’impresa su 62 (o, per metterla in un’altra maniera, un’impresa -convenzionale- può aspettarsi un’ispezione ogni 62 anni).
    Per quanto riguarda il biologico, nel corso del 2002 le ispezioni dei sette maggiori
    organismi di controllo sono state oltre 56.000 su sole 46.704 aziende: una media di 1,2 visite per azienda, il 20% in più di quanto richiesto dalla legge.
    Nel corso del 2003, su tutte le 48.473 aziende biologiche inserite nel sistema di controllo sono state effettuate 65.477 visite ispettive, con una media di 1,35 ispezioni per operatore.
    Si tratta di numeri che fanno impallidire la media di 0,016 delle ispezioni pubbliche/anno al settore agro-alimentare nel suo complesso.
    Un’azienda biologica riceve 1,35 ispezioni l’anno, un’azienda convenzionale riceve 1 ispezione ogni 62 anni, diteci chi vi sembra sia più controllato.
    Secondo disposizioni concordate tra tutti gli organismi in ambito Sincert, la frequenza delle visite varia a seconda della classe di rischio dell’azienda (fresco ingresso nel sistema, esito positivo di analisi, altri punti di criticità).
    Non conosciamo il dott. Cenerelli e non sappiamo quale sia la sua formazione agronomica. Se non è in grado di distinguere un campo concimato da uno non concimato, è un grosso problema, ma è un problema suo.
    3) Tesi: si fanno poche analisi chimiche
    Commento: Nel 2002 i sette maggiori organismi di controllo hanno sottoposto ad analisi chimiche oltre 6.000 campioni (circa uno ogni 6 aziende controllate), nel corso del 2003 sono stati analizzati 6.865
    campioni.
    L’analisi chimica è una ciliegina sulla torta, ma non può costituire la base del controllo (rispettando i tempi di carenza, anche un prodotto trattato con sostanze chimiche di sintesi, potrebbe non presentare residui).
    L’analisi serve per confermare sospetti, ma è solo UNO dei numerosi strumenti dell’attività di controllo.
    In ogni caso, nel corso delle ispezioni i campioni vengono regolarmente prelevati.
    Solo una parte (l’anno scorso, appunto, 6.800 e passa, limtandoci agli organismi maggiori) viene poi analizzata, ma l’azienda non può sapere se a essere analizzato sarà il suo campione.
    Se un’azienda orticola da due ettari ha trentacinque prodotti in campo, il dott. Cenerelli propone di effettuare analisi su tutti i 35 prodotti? I circa 6000 euro di costo li deve pagare la mini-azienda orticola? (ma poi,ci si può fidare delle analisi, visto che il costo lo paga l’azienda?, tornando al punto 1).
    4) Tesi: Troppe carte
    Commento: Concordiamo.
    Le aziende biologiche maledicono i burocrati che hanno imposto una valanga di documenti.
    Va detto, comunque, che molti sono utili, così come va detto che da anni le associazioni dei consumatori chiedono che anche gli agricoltori convenzionali siano obligati a tenere il quaderno di campagna (il “diario” dell’azienda).
    Piani di produzione, registri delle vendite, degli acquisti, il registro delle operazioni colturali, il registro di carico e scarico delle etichette hanno un loro senso. Li si semplifichi e modifichi, basta che non diminuisca.
    Per quanto riguarda il computer portatle, niente da dire. Molti digli ispettori che conosciamo lo usano da anni (ben da prima che il dott. Cenerelli ci inviasse la sua lista di insoddisfazioni).
    5) Tesi: Non c’è più etica, ormai tutti fanno biologico.
    Commento: Secondo il quinto censimento Istat dell’agricoltura, nel 2000 l’Italia contava 2.611.580 aziende agricole, forestali e zootecniche. Di queste, alla fine del 2003, erano biologiche in 44.039, circa l’1,7% del totale. Come si possa dire, come fa il dott. Cenerelli “ormai tutti fanno il biologico” è un mistero.
    Da parte nostra vorremmo che sempre più aziende agricole (e aziende di trasfrmazione) si convertissero alla produzione biologica: significherebbe sempre più terreno sottratto all’aggressione delle sostanze chimiche di sintesi, un ecosistema più sano, allevamenti più rispettosi delle esigenze etologiche degli animali, una migliore qualità della vita.
    Il nostro progetto (non chiamiamolo sogno, via) è l’alternativa possibile di un nuovo modello di sviluppo, non avere pochi aziende biologiche che producono per l loro autoconsumo.
    Qui abbiamo cercato di infilare (pur legati dall’enfasi che ci deriva dal credere in un settore che conosciamo bene da vent’anni) fatti, dati e numeri.
    Gli stessi fatti, dati e numeri che avevamo chiesto al dott. Cenerelli e che lo stesso non è stato in grado di fornire, confinando le sue considerazioni nell’ambito dello sfogo esistenziale (ha litigato con l’organismo di controllo con cu colaborava? l’ha lasciato una fidanzata che faceva la produttrice biologica? si è solo alzato col piede sbagliato? Boh.)
    La redazione di Greenplanet
    (visitate http://www.greenplanet.net)
    Basti pensare alle linee per il biologico di tanti grossi marchi italiani ed esteri.
    Che sia necessario educare gli stessi operatori agricoli oltre ai consumatori ?”
    Luigi Cenerelli – giugno 2002

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