Sono stato al Salone del Gusto di Torino giovedì e venerdì scorso. Alcune impressioni telegrafiche.
Gli espositori sono sempre gli stessi, più o meno.
Gli espositori mi sono sembrati un po’ meno delle precedenti edizioni.
Il pubblico mi è sembrato ancora più numeroso delle precedenti edizioni.
Al pubblico di sempre si sono aggiunte quest’anno intere scolaresche in gita: non solo di scuole superiori, ho visto ragazzini delle medie.
Frequentare il Salone per lavoro (assaggiare, selezionare prodotti, incontrare produttori, avviare trattative, ecc.) è praticamente impossibile.
I Presidi sono a un punto di non ritorno. Leggasi: non sanno più cosa inventarsi.
La tanto mediaticamente pompata iniziativa Terra Madre in realtà altro non è che un padiglione dedicato agli stand esotici di paesi esotici con persone esotiche vestite esoticamente: tutto molto molto molto triste.
I produttori di cioccolata artigianale crescono come funghi, non se ne può più.
L’organizzazione dei Presidi Slow Food, sostenuti economicamente da sponsor di peso (COOP e Berlucchi) e spesso anche da denaro pubblico, è assolutamente inconsistente: salvo rarissime eccezioni non è possibile impostare con essi un rapporto continuativo di carattere commerciale. Falliscono così il loro scopo dichiarato, e rivelano così il loro scopo reale: costituire anch’essi una riserva indiana dell’alimentazione da mettere in bella mostra al Salone (e in altre occasioni) per épater les bourgeois.
I produttori di birra artigianale crescono e fanno tutti cose buone. Finalmente non c’è più solo Teo Musso di Baladin, ormai impegnato a prestare la sua birra e il suo volto in un vortice di operazioni marketing alquanto discutibili (come le sue birre, del resto). Presto birra artigianale anche su San-lorenzo.com.
Tra i selezionatori/affinatori seri di formaggi spicca ormai definitivamente Beppino Occelli: lo porterei ovunque come massimo esempio di crescita sostenibile di un’azienda che riesce a farsi conoscere e apprezzare sempre di più da sempre più persone, mantenendo uno standard qualitativo stratosferico. Hanno anche aperto un ristorante in Valcasotto: devo assolutamente andarci.
Francamente insopportabile la presenza sempre più arrogante di Lavazza: in nome del main sponsor Slow Food – obbedendo al diktat Lavazza – ha definitivamente sepolto la speranza di trovare al Salone i torrefattori artigianali di qualità: questo lo trovo francamente vergognoso.
Sbuca qua e là un nuovo marchio: Eataly. Ecco la vera storia di Eataly: Oscar Farinetti aveva creato e portato avanti Unieuro, sì, quella lì, quella del povero Tonino Guerra e del suo ottimismo obbligatorio. Due anni fa cede Unieuro a un gruppo inglese, incassando una bella montagna di soldi, e decide di investire sulla gastronomia. E’ piemontese, ha Slow Food lì a due passi, e parte in grande. Investendo parecchio (voci dicono addirittura salvando dal fallimento l’Università del Gusto di Pollenzo, di cui è diventato Presidente) e stabilendo con Slow Food un rapporto assai stretto, sta lanciando l’idea di una Grande Distribuzione del prodotto gastronomico di alta qualità, con superfici tra i 5.000 e i 10.000 metri quadri. Minchia!
Incontrati molti amici, cosa sempre molto piacevole.
Giudizio sintetico finale: non può continuare così, già venerdì pomeriggio non si camminava più nei corridoi, la situazione era assolutamente invivibile: non oso pensare a quel che sarà capitato ieri e capiterà oggi. Capisco che il business dei biglietti a 20 Euro l’uno sia per Slow Food una miniera da sfruttare al massimo, ma così rischiano di far collassare la manifestazione. Spero se ne rendano conto.
Uhmmm…….
“La tanto mediaticamente pompata iniziativa Terra Madre in realtà altro non è che un padiglione dedicato agli stand esotici di paesi esotici con persone esotiche vestite esoticamente”.
Ma lei è entrato all’Oval?
Da quel che scrive sembra di no.
Oppure non ha capito nulla della manifestazione.
Dente avvelenato?
Sono d’accordo con te Antonio, tutto è diventato un gran business. Parli del caffè ma hai visto produttori di pasta? E poi, nella bolgia, riusciamo ad annusare, parlare, discutere? E’scomparso il medio produttore, o immenso o molto piccolo senza possibilità di errore. L’evento Terra Madre da chi è stato capito o compreso? Non certo da coloro che sono entrati solo al Salone, che potevano essere in un qualunque altro Salone Alimentare. I 20 euro tutto escluso penso sinceramente servissero a finanziare l’evento Terra Madre..diciamo che sono soldi spesi per una buona causa..
Sono d’accordo con te Antonio, tutto è diventato un gran business. Parli del caffè ma hai visto produttori di pasta? E poi, nella bolgia, riusciamo ad annusare, parlare, discutere? E’scomparso il medio produttore, o immenso o molto piccolo senza possibilità di errore. L’evento Terra Madre da chi è stato capito o compreso? Non certo da coloro che sono entrati solo al Salone, che potevano essere in un qualunque altro Salone Alimentare. I 20 euro tutto escluso penso sinceramente servissero a finanziare l’evento Terra Madre..diciamo che sono soldi spesi per una buona causa..
Nonostante il tuo fraintendimento su Terra Madre – il giudizio più opinabile di tutti in quanto gli stand esotici non erano il fulcro della manifestazione ma una spontanea iniziativa dei 5000 partecipanti, lì per parlare del futuro del cibo, incontrarsi, scambiarsi opinioni, NON per vendere – ti segnalo comunque la sezione “speciale” della nostra rivista, dedicata ai blog gastronomici (l’anteprima la trovi qui: http://chiacchieredivinoecucina.blogspot.com/). Dove sei trattato molto meglio di quanto tratti noi, ma tant’è. Opinioni…
Alessandro, prima di tutto grazie per aver parlato “non male” di me nel pezzo di Slow che mi segnali 🙂
Quanto a Terra Madre, temo proprio che il mio non sia un “fraintendimento”. Guard cosa ne scrivevo già 2 anni fa, alla sua prima edizione:
http://www.simplicissimus.it/2004/10/terra_madre_2004_dai_prodotti.html
Definire Terra Madre una “spontanea iniziativa dei 5000 partecipanti” mi sembra piuttosto inverosimile. Il fatto che siano “usati” folcloristicamente l’ho visto confermato anche quest’anno. E me lo confermi anche tu, quando mi dici con enfasi che erano lì per mille cose (molti di loro, due anni fa, erano lì per tentare di rimanere in Italia chiedendo asilo politico, per fuggire dai “meravigliosi territori” di cui li si vorrebbe fare “ambasciatori”…) ma “NON per vendere”. E’ proprio questo il problema: se a chi vive nel terzo e quarto mondo continuiamo ad offrire platee folcloristiche per la voglia di spettacolo che il ricco occidentale ha, senza creare reali opportunità di crescita e di profitto sostenibile per loro, a che vale? E’ solo un diverso modo di sfruttarli, secondo me.
5000mq di alimentari d’alta gamma??? Il category killer del culatello? Il media world del barbaresco?
LA cosa mi puzza alquanto. Boh qui non ci si capisce più nulla.
Intanto son quattro anni che manco dal salone del gusto, l’ultima volta che son andato esponeva pure antonio. E direi che non mi manca affatto se è come mi raccontano tutti.