L’antefatto: tale Valerio M. Visintin pubblica una sedicente recensione del ristorante del mio amico chef Nicola Cavallaro.
Poiché Nicola è un mio amico fraterno (e lo è solo in virtù delle sue qualità di cuoco, ché prima manco ci conoscevamo), poiché non sopporto chi usa la denigrazione gratuita e infondata solo per mettersi in mostra, ecco: ci terrei a far sapere ai miei venticinque lettori che quello che scrive Visintin semplicemente non è vero e c’è da sperare sia almeno scritto in malafede, e non dettato da ignoranza delle cose di cui trattasi, come invece temo.
So che, almeno su questa materia, mi fate fiducia (e qualcuno di voi venticinque con me c’è pur venuto, su mio invito, a mangiare da Nicola, e dunque sa), e perciò andateci, è uno dei migliori di Milano, ai navigli, all’11 di Via Lodovico il Moro. Salutatelo per me, perché la cosa l’ha amareggiato non poco, e si capisce.
E a te, Nicola: tu sei Chef, ricordalo, e agli Chef è concesso di seguire una strada soltanto: la propria.
Commento abbastanza definitivo letto su dissa(pore)
“la linea [di Visintin] è chiara: stroncare tutti i ristoranti che cercano di fare un minimo di ricerca, per solleticare i bassi istinti dei suoi lettori generalisti. Confermandoli nella loro idea qualunquista che chi spende oltre una certa cifra e ama la cucina creativa è un imbecille che si fa fregare i soldi. Ha stroncato con raro livore tutti i migliori ristoranti di Milano. Letteralmente non ne salva uno, per lui, dal primo all’ultimo, fanno tutti schifo.
Le rare recensioni positive sono solo su rosticcerie, pizzerie e locali di cucina tradizionale low cost”.
Così uno si fa anche un’idea del critico, direi.
Grazie Fiorenzo. Di questi tempi, si sa, il populismo sembra pagare. Ma non dura, credetemi, non dura.
Massì, dai, diciamo che come zappa sui piedi non è male per il signor critico.
Passi per una recensione “stroncatrice” che negli anni ’80 poteva forse avere un senso – dal punto di vista di chi la scriveva, ovvio – se l’intento era quello di affossare un ristorante/uno chef: veniva pubblicata su carta, magari in una qualche pubblicazione di culto e non c’era verso – o quasi – di potere rispondere o recuperare il discredito così generato.
Ma oggi, nell’era del web 2.0 e del social media, chi scrive recensioni avverse su tutto e tutti può sensatamente sperare che nessuno gli risponda? Può sensatamente sperare che ci si accodi pedissequamente alle sue opinioni?
Beh, direi decisamente di no. E quindi si levi un bel coro di disappunto via twitter, via blog e via quant’altro così magari è la volta buona che qualcuno comincerà a capire che – nell’era del social media e dei blog – delle proprie parole e opinioni si deve rispondere, oggi come mai in passato.
Anni fa lessi una recensione positiva di Visintion sul Corriere, andai a provare il posto e fu una grande delusione per non dire bidonata. Gli scrissi pure lamentandomi e raccontadogli l’episodio.
Mi rispose in modo evasivo…