Interessante intervento, e chiarificatore assai, di Giulio Blasi, patron di MLOL, che, al (presunto) riparo di un google-group per addetti ai lavori, ritiene di sintetizzare più o meno così la cosa: l’intervento di Tombolini sulle biblioteche (questo) è “bullismo tomboliniano“, magari il modello che lui propone è anche giusto ma lo fa solo “a chiacchiere“, e la verità è che siccome su STEALTH non sono capaci di portare gli editori in biblioteca, andremo all’attacco degli editori per “scavalcare” il loro distributore, così ottuso e poco aperto a questa grande (e “rivoluzionaria”, e “storica”, come si legge dai comunicati stampa) opportunità.
L’intervento (di raro quanto per me sorprendente livore) può ciascuno valutarlo da sé andando qui.
Voglio tranquillizzare Blasi, che evidentemente troppo preso dalle sue (sacrosante) esigenze di gestione del business day-by-day dimentica (oltre che un minimo di fair play, che non fa mai male) quel che da più di un anno vado ripetendo: non solo penso tutto il male possibile del modello Overdrive su cui (DRM o non-DRM, è un falso problema) tutti si stanno appiattendo. Non solo penso che un modello pay-per-rent sia più equo e onesto nei confronti delle biblioteche e degli editori (a proposito di “chiacchiere“, STEALTH, unica tra le piattaforme di distribuzione, è in grado già da un anno di gestire tecnicamente il “noleggio” o “prestito a tempo” degli ebook).
Ma c’è di più: credo che la questione stessa del prestito degli ebook, comunque impostata, sia una questione di retroguardia e del tutto secondaria rispetto ai veri cambiamenti in atto. Questione di cui parlerò, come sempre, nell’agorà della rete, qui, dal mio blog, tra oggi e domani, alla ricerca di un dibattito sulle cose (come mi pare già il mio primo intervento, seguito da altri, abbia positivamente provocato), e non di una, un po’ meschina, riduzione di tutto a piccole tattiche per chiudere un contrattino in più.
Sono certo che anche Blasi ne rimarrà confortato: proverò infatti a teorizzare di come, chi ha davvero a cuore le biblioteche, a ben altro debba invitarle e aiutarle a pensare, che non a “collezionare libri“, di carta o di bit che siano fatti. Lo anticipo qui sinteticamente, usando un’espressione che ho usato nel mio intervento al recente congresso dell’AIB: trasformare la biblioteca da luogo dei libri a luogo delle persone che leggono i libri, scommettendo tutto sul proprio radicamento territoriale e sul legame vitale con la comunità in cui insiste. Lasciando per parte mia campo libero, senza remora alcuna, a chi invece volesse continuare a vedere le biblioteche come facili (per quanto gracili) vacche dalle cui mammelle pubbliche, ahimé peraltro sempre più avvizzite, continuare a mungere purchessia.
Non entro nel merito della polemica.
Ne lancio invece una nuova su ‘radicamento territoriale’.
Mi sembra solo una figura retorica priva di fondamento. Nella misura in cui si passa dal cartaceo (fisico) al digitale (virtuale) viene meno la dimensione territoriale della biblioteca così come quella della libreria. Non si capisce perché quello che vale per le librerie non debba valere per le biblioteche.
Auspicare che queste istituzioni/luoghi possano/debbano trasformarsi è lecito anche se velleitario considerato la vocazione alla ‘conservazione’ del mondo bibliotecario.
Caro Luigi, grazie per passare finalmente al merito delle cose 🙂
A quello che tu dici – e che è senz’altro un esito possibile – il digitale segnerà l’inutilità e dunque la fine di librerie e biblioteche come “luoghi”, insediati in un territorio definito. Riconoscerai comunque con me che mentre resta un senso nella molteplicità di librerie non più fisiche ma online, che competono tra loro, la sola idea di molte biblioteche che prestano ebook in remoto dai loro siti web è una fesseria: a che pro? In rete ne basterebbe una, la Grande Biblioteca Online Universale, che effettua un servizio di “digital lending” (sempre ammesso che serva).
A me pare però che la questione possa essere posta in modo diverso se librerie e/o biblioteche riescono, ai tempi del digitale, a reinterpretarsi, come ho suggerito, da “luoghi dei libri” (e perciò inutili quando il libro perde la sua materilità) a “luoghi delle persone che leggono i libri”, quand’anche questi ultimi fossero solo ebook. E mi pare anche che vi siano embrioni di esperienze significative in questo senso, sia tra le librerie (Barnes & Noble negli USA sta radicalmente trasformando le librerie in veri e propri “Nook point”, e pare che gli vada non così male, vedremo), che tra le biblioteche (sono parecchie le biblioteche che negli USA, e forse anche altrove, trovano la ragion d’essere nello svolgere un ruolo attivo di polo d’aggregazione rilevante per la comunità territoriale in cui insistono). Su quest’ultimo aspetto inviterei ad andarsi a rivedere gli interventi tenutisi all’ultimo congresso AIB nel loro sito (sono in treno e non riesco a mettere il link, sorry), e in particolare l’intervento del prof. Lankes, che è tutto speso su questa prospettiva.
E questa per me, da cittadino prima ancora che da “mercante di ebook” (orgoglioso di esserlo peraltro!), è una prospettiva per la quale varrebbe la pena di spendersi. Alimentare equivoci come il prestito digitale in remoto, per di più con la formula ad oggi dominante che fa sborsare alle biblioteche denaro pubblico inutilmente, va invece nella direzione contraria, accelerando semmai la irrilevanza del “luogo” biblioteca, mentre ne incentiva il “sito”, che se sganciato dal luogo fisico e destinato solo a gestire il prestito, basta a se stesso.
[…] degli eBook è stato recentemente fonte di un’accesa polemica a distanza tra Giulio Blasi e Antonio Tombolini, conseguenza dell’annuncio dell’accordo tra MLOL – Bookrepublic per il prestito […]
Ciao Tombolini,
sai che siete citati nel nuovo numero della rivista di “Altro Consumo”?
Buona giornata!
Sì Laura, ho visto l’articolo sulle librerie online, grazie per la segnalazione!