Il blog di Antonio Tombolini

Introduzione. II. L'influenza delle nuove riflessioni sul tempo: §4 Il tempo come fondamento della responsabilità: Giuseppe Semerari

I

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INTRODUZIONE

II. L’influenza delle nuove riflessioni sul tempo

§4 Il tempo come fondamento della responsabilità: Giuseppe Semerari

Più vicini alla filosofia del diritto sono gli studi che affrontano tematiche relative alla morale e alla coesistenza sociale. Ne abbiamo un esempio in Giuseppe Semerari, che affrontando il tema della responsabilità, alla ricerca di una sua fondazione, viene ad incontrare la temporalità, soprattutto in riferimento alla tematica della libertà e della responsabilità in Sartre.

Dopo aver correttamente criticato la contraddittoria posizione crociana, mostrando come essa giunga in definitiva a vanificare il concetto di responsabilità, Semerari rileva come nella diametralmente opposta posizione sartriana, di per sé affermatrice di una responsabilità assoluta del singolo individuo, "la validità dell’equazione esistenza-responsabilità dipende dalla validità del termine medio, che è la libertà"(8).

La fondazione di una di una responsabilità assoluta, cui Sartre sembra giungere, si rivelerà autentica solo ad un’approfondita analisi di ciò che, secondo Sartre, è la libertà.

Ed è a questo punto che Semerari introduce il tempo, come elemento determinante:
"Quando si dice che per Sartre libertà è scelta di sé, progetto dell’io nel mondo, non è detto tutto. Che cosa implica lo scegliersi, il progettarsi in quanto libertà? A Sartre non sfugge che lo sciegliersi come atto esistenziale è temporalità. Io mi scelgo nel tempo, anzi il tempo è proprio la scelta che di me, delle mie possibilità, io faccio"(9).

In Sartre non solo la responsabilità, ma anche, e più fondamentalmente, la libertà è totale. Rispetto a questa assolutezza e totalità della libertà, in cui consiste l’esistenza umana, il tempo non può che essere un ostacolo:
"Rispetto a me che ora scelgo, e sciegliendo realizzo la mia libertà, il passato, ciò che io sono stato, mi appare come il limite, la datità che ipoteca il mio avvenire (…) Libero non potrei essere, se non rimuovessi il limite e il dato, mettendo fuori gioco il mio passato. Il non essere più del mio passato è la garanzia della mia presenza come libertà assoluta: dunque, libertà è ‘l’etre humain mettant son passé hors de jeu en sécrétant son propre néant’"(10).

Ogni legame con un ormai dato e fermo e insuperabile essere-stato è la negazione stessa della libertà, e dunque dell’esistenza. Per potersi affermare come umana, essa dovrà liberarsi del passato.

Ma questo significa anche il venire meno di ogni forma di responsabilità:
"Se la libertà mi rivela il nulla, se la libertà mia è il potere di ridurre a zero il mio passato, se la positività della mia libertà è la negazione nella quale si polverizza ciò che ieri volli essere e fui, se, infine, io posso essere libero solo al patto che non coincida con me stesso, io non sono più responsabile. (…) Il mio passato non vale più come il mio passato, io mi rifiuto di riconoscerlo: il disconoscimento del mio passato si rovescia nell’impossibilità che io risponda di esso, la libertà come rottura col passato è il nulla della responsabilità emersa con l’emersione della mia libertà nullificante"(11).

Se il mio passato, e con esso le mie scelte e i miei atti sono posti nel nulla, non c’è più nulla di cui io possa considerarmi responsabile. Semerari coglie dunque il senso specifico della libertà in Sartre: funzione che consente all’uomo di distruggere la temporalità come senso unitario di passato presente e futuro.

In sintesi, l’uomo è tale perché assolutamente libero; a questa assolutezza si contrappone almeno la dimensione del passato, di ciò che persiste indisponibile nel suo essere-stato ed essere-stato-così; la libertà deve assumersi il compito di ridurre al nulla il passato, e con esso il tempo come sintesi unitaria delle sue tre dimensioni; questa nullificazione travolge però, col passato, ogni possibile responsabilità, approdando infine, come già per altro verso in Croce, ad una insanabile contraddizione: l’esistenza assolutamente libera non sembra infatti potersi conciliare con un’esistenza assolutamente irresponsabile, se è valido, come pure lo stesso Sartre ammette, il nesso libertà-responsabilità.

Dalla critica di Croce e di Sartre, Semerari ricava in positivo gli elementi per una sua fondazione della responsabilità. Rilevato che il concetto di responsabilità ha un senso solo in una prospettiva relazionale e sociale, e che la relazione è sempre temporale, Semerari impernia la sua costruzione proprio sulla temporalità, e su una caratteristica del tempo che egli ritiene irriducibile, la irreversibilità:
"La relazione è temporale e il tempo ha una direzione che non si può rovesciare se non contraddicendo alla temporalità stessa. Il tempo è irreversibile, il suo senso è unico e non consente di tornare indietro. La identità e la ripetizione sono la pretesa o di fermare arbitrariamente il corso del tempo o di mettere il passato al posto del futuro, violando in ambedue i casi il principio dell’irreversibile che, come impedisce di arrestarsi in un qualsivoglia momento del tempo, così distingue categoricamente i momenti temporali, onde l’impossibilità che ciò che accade si conservi inalterabile è assieme l’impossibilità che l’accaduto si restauri nel futuro allo stesso modo che accadde nel passato"(12).

In contrapposizione a Sartre, dunque, Semerari pone l’assoluta irreversibilità del tempo, in base alla quale diviene impossibile riprendere e nullificare il passato, e con esso la responsabilità. Le mie scelte, i miei atti passati permangono come tali, non possono essere annullati, e pertanto ne resto responsabile.

La libertà resta il fondamento della responsabilità, ma nel senso di una libertà che, esercitata nella temporalità intrascendibile della relazione interumana, si solidifica nelle scelte già compiute, passate, e a fronte di queste mi costituisce responsabile. Rispetto alla posizione sartriana, la costruzione di Semerari salva il passato, salva ciò di cui l’uomo può essere chiamato a rispondere.

Ma si tratta di una fondazione sufficiente? Basta salvare l’oggetto della responsabilità, per considerarla fondata?

Pare che Semerari, proprio salvaguardando attraverso l’assoluta irreversibilità del tempo la dimensione del passato, in cui si collocano gli atti di cui l’uomo è responsabile, manchi tuttavia di emendare a quello che è il limite più grave della posizione di Sartre, limite in cui si radicano ai giorni nostri le filosofie deboli alla Déleuze e Guattari.

Ponendo l’assolutezza della libertà nullificante il passato, Sartre perde non solo e non tanto l’oggetto della responsabilità, quanto, e in maniera ben più densa di conseguenze, l’unità dell’esistente, della persona. Lo stesso Semerari sembra avvedersene, allorché citando Enzo Paci afferma:
"’il tentativo di sottrarsi alla responsabilità provoca, sul piano della psicologia, il moltiplicarsi di più persone nella stessa persona’ (E. Paci)"(13).

L’annullamento del passato comporta la frammentazione dell’io nella molteplicità indifferenziata degli istanti via via succedentisi. Questo è il punto più rilevante: non esiste più niente di cui esser responsabili, ma ancor più non esiste nessuno che possa esser chiamato responsabile. E ciò in conseguenza della perdita del senso unitario delle tre dimensioni temporali.

Ora, a questa conseguenza, l’assoluta irreversibilità del tempo non pone rimedio. Anzi: se "il principio dell’irreversibile", come afferma l’autore, "impedisce di arrestarsi in un qualsivoglia momento del tempo", e così facendo "distingue categoricamente i momenti temporali", la frammentazione del tempo nelle sue tre dimensioni ne risulta rafforzata. Basterà a questo punto evidenziare gli ostacoli contro cui sembra arenarsi la fondazione della responsabilità tentata da Semerari, sulla base dell’irreversibilità assoluta del tempo.

Da un lato, il passato è conservato nella sua intangibile datità, ma, isolato in se stesso (intangibile, appunto) sembra non offrire alcun appiglio per una sua ripresa responsabile.

Infatti, "l’impossibilità che ciò che accade si conservi inalterabile è assieme l’impossibilità che l’accaduto si restauri nel futuro allo stesso modo che accadde nel passato"(14).

E ancora:
"Essere nella storia vuol dire consumarsi nella temporalità il cui principio è l’irreversibile come impossibilità dell’identico e della ripetizione"(15).

Questa salvezza del passato, è però una condanna assoluta dell’uomo al suo esser-gettato nel tempo, senza alcuna possibilità di ripresa. Se ciò che è accaduto giace ormai assolutamente inalterabile, che senso hanno fenomeni come quello del pentimento, del risarcimento, della correzione, del perdono, fenomeni di cui è sostanziato il concetto di responsabilità? In una prospettiva di irreversibilità assoluta, ammesso che sia sufficiente a fondare una mia responsabilità, che cosa posso rispondere a ciò che è ormai posto come irreversibile? Che senso ha, ad esempio, una mia punizione? Essa verrebbe a svolgere esclusivamente una funzione di deterrenza nei confronti del futuro, richiamandosi così più alla categoria di funzionalità sociale, che non a quella di responsabilità personale(16).

Il secondo ordine di difficoltà in cui incappa Semerari, riguarda la responsabilità a parte subiecti.

In estrema sintesi, data l’assoluta e intrascendibile irreversibilità del tempo, e con essa l’assoluta e categorica separazione di presente passato e futuro, la domanda che si impone è la seguente: chi è responsabile ora di ciò che è accaduto nel passato? Si dirà l’io agente nel passato e permanente nel tempo: ma come fondare questa permanenza, se non salvaguardando la connessione e la continuità delle tre dimensioni temporali, in virtù della quale sia possibile ora una certa ripresa del passato in vista di un diverso futuro?

Semerari sembra avvertire questa difficoltà, tanto che giunge a definire la responsabilità come "connessione tra me e i miei rapporti come scelta e decisione della mia struttura temporo-spaziale"(17).

Per salvare il soggetto della responsabilità nella irreversibilità assoluta del tempo, si suppone, contro i princìpi posti, un "me" esterno alla "mia struttura temporo-relazionale".

Ma chi è questo "me" diverso dai "miei rapporti" e fuori dal tempo? Pur movendo da diversi presupposti, la costruzione di Semerari conduce allo stesso esito sartriano: la responsabilità non ha fondamento, perché non è fondata una concezione del tempo adeguata ad essa, una concezione cioè in cui passato presente e futuro si comportino e si richiamino a vicenda nell’unità della temporalizzazione esistenziale.

Al di là comunque dei limiti evidenziati, la ricerca di Semerari mostra già la ricchezza di implicazioni che i fenomeni del tempo e del diritto comportano. La responsabilità, infatti, come il pentimento, la punizione, il risarcimento, ed altri termini che abbiamo incontrato, rinviano esplicitamente all’esperienza giuridica come spazio loro proprio.


NOTE
(8) Giuseppe SEMERARI, Responsabilità  tempo società, in "Aut Aut", 1957, p. 207. Dello stesso autore cfr. pure Storicità come destino. ‘Sein und Zeit’: §74, in "Studi Filosofici", 1980, pp. 223-272 (torna al testo).
(9) Giuseppe SEMERARI, Responsabilità…, cit., p. 207 (torna al testo).
(10) Ibidem  (torna al testo).
(11) Ivi, p. 208  (torna al testo).
(12) Ivi, p. 211  (torna al testo).
(13) Ibidem  (torna al testo).
(14) Ibidem  (torna al testo).
(15) Ibidem  (torna al testo).
(16) Non a caso Semerari metterà capo ad una nozione di responsabilità coincidente con la competenza tecnico-funzionale: cfr., ivi, pp. 219 e ss.  (torna al testo).
(17) Ivi, p. 211 (torna al testo).

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  • Egregio Dottore, sono un professore di diritto del lavoro e, per caso, ho visto la Sua tesi. Complimenti, è ottima. Sul piano giuridico, sono convinto che il tempo si stato inquadrato in modo determinate da Berger – Luckmann, lias e, soprattutto, da Husserl. Peraltro, le sue riflessioni su Heidegger sono molto brillanti.
    Con i miei migliori saluti,
    Enrico Gragnoli.

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