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Introduzione. II. L'influenza delle nuove riflessioni sul tempo: §3 Le prime influenze estetiche: Augusto Guzzo

I

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INTRODUZIONE

II. L’influenza delle nuove riflessioni sul tempo

§3 Le prime influenze estetiche: Augusto Guzzo

La rinnovata meditazione filosofica sul tempo non produce immediatamente in Italia la tematizzazione esplicita della questione in riferimento al diritto.

Accanto a studi di carattere critico sulle ricerche di Kant, Bergson e altri, in cui la questione del tempo viene affrontata in relazione al pensiero di ciascuno di questi pensatori, l’àmbito che per primo si lascia toccare dalla tematica del tempo non è tanto il diritto, quanto la morale, o meglio, l’àmbito della filosofia pratica ed estetica, in relazione a determinati fenomeni ad essa propri.

Rinveniamo così un interessante saggio di Augusto Guzzo sulla temporalità nell’arte, in cui l’essere-nel-tempo dell’opera d’arte viene indagato in rapporto alla perennità che pure sembra essere caratteristica essenziale di questa.

Al di là dell’argomento specifico della ricerca, risalente al 1941, è evidente l’entità del nuovo impulso suscitato da una concezione del tempo in cui ormai si è fatta strada, di là da ogni falsa ovvietà, l’interrogazione circa la sua autenticità.

Il pensiero, insomma, allorché viene a concentrarsi sul tempo, non può che rifarsi al tempo vissuto, almeno come termine di indagine e di ricerca, dando vita così ad una rinnovata fenomenologia dei vari àmbiti del reale.

Guzzo si mostra particolarmente attento e, in un certo senso, coraggioso, in un panorama filosofico come l’italiano, dominato ancora e soprattutto dalle concezioni crociane, specie in campo estetico e pratico.

L’incipit della sua ricerca può da solo offrire un esempio significativo del metodo radicalmente nuovo (in Italia) del pensare introdotto dalla fenomenologia e dall’esistenzialismo:
"Quando viviamo temporalmente la nostra vita, instabili e curiosi, non ci fermiamo due minuti in un’idea, in un desiderio: più cambiamo la scena intorno a noi, più immaginosamente mutiamo la nostra stessa scena interiore, e più il trovarci su la corrente dell’eterno mutare ci dà il senso, e a volte l’ebbrezza, della vita. Non appagarci di nulla, non sostare, non chiedere all’attimo fuggente che s’arresti, neanche se è bello, è veramente la condizione umana, rapita nel suo stesso desiderio di mutamento e di novità, ebbra di moto più assai che di bellezza" (7).


NOTE
(7) Augusto GUZZO, Aiòn e chrònos nell’arte e nella vita spirituale in genere, in "Archivio di Filosofia", 1941, p. 20 (torna al testo).

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