Il blog di Antonio Tombolini

Parte Prima, Cap. II: Temporalità riconoscimento e diritto: Bruno Romano. §14 La temporalità nell'epoca della tecnica

P

(Vai al Sommario)

Parte Prima
DIRITTO E TEMPO NELLA FILOSOFIA GIURIDICA ITALIANA

Capitolo II
Temporalità riconoscimento e diritto: Bruno Romano

§14 La temporalità nell’epoca della tecnica

La riflessione filosofico giuridica non trova in Bruno Romano soltanto una considerazione attenta della questione diritto e tempo: la temporalità diviene piuttosto il concetto guida del suo pensiero, su cui poggia l’elaborazione fenomenologica delle caratteristiche del diritto.

La prima notevole opera in cui la centralità del tempo inizia a delinearsi con chiarezza propone un incontro con Heidegger: Tecnica e giustizia nel pensiero di Martin Heidegger (1969)1.

Esponendo la nota interpretazione heideggeriana del nostro tempo come epoca del dominio della tecnica,
Romano si pone alla ricerca delle conseguenze che tale dominio implica
ai vari livelli dell’esistenza, e in particolare del radicale mutamento
del significato di giustizia che determina.

Nel far questo l’autore rivolge il suo sguardo all’intera opera
heideggeriana, mostrando così la seria intenzione di non indulgere
ancora al luogo comune di un "primo" e di un "secondo" Heidegger, duro
a scomparire soprattutto nel nostro paese.

Esamineremo questo studio sottolineando in particolare gli aspetti che
più da vicino toccano il tema della nostra ricerca sul tempo e il
diritto. Tale riduzione, tuttavia, non colpirà gli aspetti essenziali
del lavoro di Romano, proprio perché la temporalità si mostrerà come
elemento fondante l’intera esperienza del diritto.

In effetti Romano incontra la questione della temporalità, prima ancora di dedicarle un paragrafo specifico in rapporto alla giustizia2, come uno dei pupnti chiave indicati da Heidegger per la comprensione dell’essenza dell’epoca moderna:
"Heidegger, commentando il quarto e il quinto capitolo della prima lettera ai Tessalonicesi ove Paolo parla del ritorno del Signore, fa osservare come nel testo paolino non si dia alcuna precisazione circa il tempo del ritorno che è caratterizzato dall’essere improvviso. L’uomo moderno invece, nota Heidegger, è sempre teso nello sforzo di ricondurre l’avvenimento improvviso nel quadro della sicurezza di una determinazione temporale. L’improvvisità e l’incertezza, che costituiscono l’essenza umana nella sua finitezza, vengono ridotte alla sicurezza ed al permanente. Il tempo, che Paolo caratterizza non per la certezza degli avvenimenti ma per la subitaneità, è dagli uomini trattato, contrariamente allo spirito paolino, come ciò che è sicuro e disponibile"3.

La certezza e l’assoluta disponibilità da parte del soggetto, note qualificanti l’essenza della tecnica, investono nella nostra epoca la stessa nozione di tempo, che da elemento incerto per antonomasia si trasforma in àmbito programmabile e sicuro.

Disancorato da qualsiasi fondazione trascendente, l’uomo della tecnica, il soggetto, anzi la volontà del soggetto, diviene il fondamento unico di ogni verità, e richiede innanzitutto, proprio in quanto fondamento, di essere sottratto a tutto ciò che posssa scuoterlo nella sua esigenza di sicurezza:
"Con Descartes la soggettività del cogitare umano diviene la norma per ogni norma, ciò che unicamente è in grado di misurare quanto può avere valore, certezza e verità"4.

In questo quadro, la rappresentazione (Vorstellung) non è più uno dei modi della conoscenza, ma l’unica forma possibile di incontro con l’essente nella sua realtà: sarà reale e vero solo ciò che si lascerà porre come oggetto a partire dalle esigenze del soggetto nello schema del porre-innanzi proprio della rappresentazione5.

Anche il tempo dovrà dimostrare la propria realtà trasformandosi in oggetto della rappresentazione soggettiva, con ciò riducendosi ad entità calcolabile, misurabile e disponibile da parte del soggetto e della sua volontà di certezza.

Di conseguenza, ogni fenomeno essenzialmente temporale, cioè avente a che fare con l’esistenza dell’uomo, diritto compreso, assumerà caratteristiche di misurabilità e disponibilità:
"Al farsi del pensiero calcolo e fonte di valori è da legare, a mio avviso, la costrizione dei rapporti umani, ormai divenuti oggetto di previsioni assicurabili, nel solo ordine giuridico e sociale. Queste sfere, in tale riduzione e isolamento, appaiono, dice Jaspers, come la calcolabilità dell’agire umano"6.

Nell’epoca della tecnica, per ciò che riguarda il tempo, il pericolo consiste in definitiva nel suo ridursi al tempo delle scienze, obliando la sua essenza storica:
"Nelle scienze della natura il tempo è solamente un susseguirsi di punti temporali, ciascuno diverso dall’altro a seconda della posizione che occupa, mentre nella storia il tempo non è costituito da una serie di punti misurabili, ordinatamente disposti, ché anzi, essendo i diversi momenti temporali distinti l’uno dall’altro qualitativamente, diviene impossibile stabilire un calcolo, una regola o un principio per il loro succedersi"7.

Da questo passo ricaviamo, seppure implicitamente, il senso della radicalità delle questioni poste da Romano: se il tempo autenticamente inteso rifiuta, come tale, "una regola o un principio" per il succedersi dei vari momenti, che ne è del diritto?

Non può negarsi infatti che al diritto è essenziale la nozione di regola, e dunque una certa calcolabilità del tempo. Il diritto sembra dunque destinato a dimorare, in virtù della sua stessa struttura regolativa, nell’inautenticità del calcolabile.

Un’esistenza che si voglia autentica dovrà perciò tendere alla eliminazione del diritto? O l’inautenticità temporale del diritto è in grado di mostrarsi in qualche modo necessaria alla stessa ricerca e affermazione di autenticità del Dasein? O è forse ipotizzabile un diritto come regola docile al tempo, che si lasci determinare da esso e non pretenda di regolarlo a sua volta?


NOTE

1 Bruno ROMANO, Tecnica e giustizia nel pensiero di Martin Heidegger, Milano, 1969 (d’ora in poi TG). Dello stesso autore cfr., su Heidegger, Continuità e unità del pensiero di Martin Heidegger, in "RIFD", 1967, pp. 261-277 (torna al testo).

2 Cfr. TG, pp. 223-233 (torna al testo).

3 TG, p. 73 (torna al testo).

4 TG, p. 85 (torna al testo).

5 Cfr. TG, pp. 63-78 (torna al testo).

6 TG, p. 78 (torna al testo).

7 TG, p. 13 (torna al testo).

(Vai al Sommario)

Commenta

di Antonio Tombolini
Il blog di Antonio Tombolini

Antonio Tombolini

Get in touch