Il blog di Antonio Tombolini

Lo so, vorreste sapere cosa succederà ai libri nei prossimi mesi… ok, adesso ve lo dico :)

L

Non so tenere i segreti, questo è noto. E mi piace chiacchierare delle cose che amo, anche questo si sa. Per questo appena una cosa mi diventa chiara in testa corro qui, nel mio blog, a condividerla con voi, o miei amatissimi venticinque lettori 🙂
Ecco allora quel che succederà, o meglio, sta già succedendo ai libri:

  1. I cambiamenti più importanti sono sempre segnalati (e a volte perfino provocati!) da cambiamenti del linguaggio. Ebbene, la parola “libro” (e “book“) sta passando a designare sempre di più la versione elettronica dello stesso. Tanto che si potrà presto fare a meno, per questa, del prefisso “e” (che da tempo ha perso il trattino, per passare da “e-book” a “ebook“). Sarà invece il libro di carta, ogni volta che se ne parla, a dover denunciare esplicitamente il suo supporto, come “libro-di-carta“, o “cartaceo“, o “p-book“, o (scandalo!) “dead-tree book“. [Bonus Hint: chi sottovaluta i sottili cambiamenti linguistici non sarà mai in grado di pre-vedere i fatti che verranno]
  2. Questo è un pessimo momento per i libri di carta. Peggiore di quanto il più pessimista potesse pensare. Non ho numeri ufficiali di prima mano, ma a chi mi chiedesse di che entità sarà a fine 2012 il calo del mercato dei libri cartacei direi che andrebbe misurato tra il 20 e il 35%. Con forti segnali, nelle ultime settimane, più in direzione del 30% e oltre, che non del 20 (analogo, e forse ancor più disastroso, l’andamento dei periodici di carta, ma per ora parliamo di libri).
  3. Questo è un pessimo momento per essere un Grande Editore, a meno che non si sia capaci di buttare velocemente alle ortiche le pseudo-sicurezze di cui ci si è nutriti (colpevolmente) fino ad oggi. Com’è da questo punto di vista il panorama in Italia? Non così confortante: almeno uno o due grandi editori saranno presto alle prese con seri problemi di sopravvivenza. Sorry, ma eravate stati avvisati. E chissà, magari, con un sussulto, potreste ancora salvarvi…
  4. Questo è un ottimo momento per fare l’editore: a patto di essere un nuovo editore, o un vecchio editore (cosa più difficile) capace di sbarazzarsi di tutte le incrostazioni del passato, capace di farsi nuovo. Un segnale? Ve ne do due: il self-publishing (che è pura attività editoriale, a carico di ogni singolo autore); Amazon, che sta spingendo anche in questa direzione, pubblicando titoli e autori come editore.
  5. Questo è un ottimo momento per i traduttori bravi che si aggregano per dar vita a vere e proprie iniziative editoriali: possono arrivare ovunque con un singolo titolo, a bassi costi e pochissimo tempo. Vedi alla voce “I Dragomanni“, da seguire con attenzione (loro dicono di non essere una casa editrice, ma non credetegli…).
  6. Questo è un pessimo momento per gli agenti letterari che basano il proprio lavoro sulla lettura e cernita dei manoscritti, e sulle più o meno ammanicate relazioni con gli editori tradizionali: l’una e l’altra skill non valgono ormai più nulla, o quasi.
  7. Questo è un eccellentissimo momento per mettersi a fare gli agenti letterari. Occorrono capacità non solo intuitive, ma anche (orrore!) tecniche, e perfino dimestichezza con numeri statistiche e analytics: gli enormi e crescenti bacini del self-publishing non aspettano altro.
  8. Questo è un pessimo momento per le librerie: non solo per quelle cosiddette (ah, il linguaggio!) fisiche, ma anche per le librerie online, che in fin dei conti basano ancora la gran parte delle loro vendite sui libri di carta (che abbiamo visto sopra come vanno). E risolvere il problema aprendoci dentro un ristorante non significa risolvere il problema della libreria, ma semplicemente cambiare mestiere: aprire un ristorante arredato da un po’ di libri.
  9. Questo è un ottimo momento per aprire librerie: non una, ma tante. Non fisiche, non online, ma ovunque, purché vicino (fisicamente o online non importa) ai luoghi in cui le persone vanno già per condividere le loro passioni: il banchetto coi titoli giusti in fondo alla sala del concerto, o lo scaffale giusto online coi titoli giusti a corredo delle discussioni infuocate in corso in un forum per appassionati di barbecue, magari al posto dei fastidiosi banner che ci sono ora.
  10. Questo è un ottimo momento per essere un distributore digitale: i libri, ormai sempre più digitali, possono, e quindi vogliono, arrivare dappertutto e velocemente, e questo è il mestiere del distributore. Tutti ne hanno bisogno: gli autori che si pubblicano da soli, i piccoli editori, i grandi editori, i grandissimi editori. Solo Mondadori – scusa Ricky! – sembra non averlo capito, scegliendo di fare tutto da sé. Ma dovrà presto ricredersi, o mettersi a fare sul serio il distributore (è un po’ tardi per cominciare): anche i titoli Mondadori possono – e dunque vogliono – arrivare dappertutto, e dappertutto vuol dire dappertutto, comprese le librerie online del più sperduto paese del mondo, comprese le librerie che ancora non ci sono: e velocemente! Amazon, che si è messo a fare anche l’editore, invece lo ha capito: tutti temevano il Grande Monopolista, che da libraio globale diventa anche Editore Globale, e si tiene tutto per sé. E invece no, mica scemi ad Amazon: le pubblicazioni edite da Amazon saranno in vendita ovunque. E per poterlo fare si affideranno a un distributore (in questo caso Ingram).
  11. Questo è un pessimo momento per fare il Grande Autore a contratto col Grande Editore. Il Grande Editore, in questo momento, ha i suoi bei problemi da affrontare, vedi sopra.
  12. Questo è un ottimo momento per fare l’autore. Quello normale, quello che pensa di avere un po’ di talento e ci prova. Quello che studia, si applica, cerca di migliorare. Dispone oggi di mille vie per farsi aiutare, per ricevere feedback rapidi e di qualità dai lettori, per provare a vendere i suoi libri ovunque. Magari anche solo per capire velocemente che no, non è il caso di insistere.

Tutto bene dunque in ebook-landia? Grazie al digitale il libro si salverà?
Là dove c’è il pericolo / cresce anche ciò che salva“, rammenta Hölderlin. Che però va letto anche nell’altro verso: “Là dove cresce ciò che salva (il digitale nel nostro caso) / c’è un grosso pericolo“.
Il libro è in pericolo. Quel che intendiamo come esperienza del libro è in pericolo. Per questo, ne sono sempre più convinto, tutti quelli che a questa esperienza tengono, e vogliono poterla garantire anche alle generazioni future, dovrebbero interessarsi, almeno un po’, allo Slow Reading Manifesto: dategli un’occhiata, e magari datemi una mano.

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