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Parte Prima
DIRITTO E TEMPO NELLA FILOSOFIA GIURIDICA ITALIANA
Capitolo I
L’inautenticità strutturale del tempo giuridico: Gino Capozzi
§9 La generalità come determinazione costitutiva del diritto
Temporalità e norma è l’emblematico titolo dell’ampio studio di Gino Capozzi che ci accingiamo ad esaminare1.
Il disegno fenomenologico dell’esperienza giuridica, ovvero la "critica della ragione giuridica" secondo l’espressione dell’autore, per quanto, o meglio in quanto compiuta, spinge di per sé ad affrontare la questione della storia e del tempo:
"L’indagine è appena conclusa, che subito si avverte l’esigenza di un confronto, tra il diritto e ciò che costituisce il termine della sua origine e della sua destinazione: la storia"2.
Ciò che immediatamente risalta da tale confronto è la radicale diversità di storia e diritto nelle rispettive determinazioni. La storia è convergenza nell’individuo, inteso come "situazione spaziotemporale della coscienza"3, del particolare e dell’universale; il diritto al contrario non partecipa di tali determinazioni.
Esso non conosce né individui, né particolarità, né universali: la sua determinazione positiva risiede piuttosto nella generalità:
"Il diritto ‘astrae’, nel senso positivo della parola, dall’individuale, che è il fondamento comune del particolare e dell’universale, ancorché con diversa ragione. A contrario si profila l’essere delle determinazioni giuridiche. Il diritto ha una determinazione unica: la generalità. La generalità è la determinazione costitutiva del diritto"4.
Il diverso atteggiarsi del diritto rispetto alla storia, non deve però far concludere per l’assoluta estraneità dell’uno nei confronti dell’altra: il diritto anzi, con la sua caratteristica di generalità, "è una derivazione della individualità storica"5.
Il procedimento di tale derivazione del diritto dalla storia è mostrato dal Capozzi nella prima parte del suo studio: la scienza giuridica procede alla "schematizzazione" del comportamento storico attraverso l’"astrazione", che "scompone il comportamento storico negli elementi essenziali che lo costituiscono"6 e "’spoglia’ i fatti di ogni determinazione oggettiva e soggettiva"7.
Date ad un tempo la diversità e la derivazione del diritto dalla storia, il problema non è tanto quello di descrivere isolatamente i due àmbiti, quanto quello di individuare i modi del passaggio dall’una (la storia) all’altro (il diritto):
"Quali sono le articolazioni del passaggio dall’una all’altra determinazione? L’iter è tutto spiegato nel procedimento di formazione del tipo, che costituisce, eo ipso, il mezzo e il fine della scienza giuridica nell’analisi dell’esperienza storica. (…) Il tipo è lo strumento di cui l’astrazione giuridica si serve per scindere, isolare, fissare gli elementi che costituiscono l’individualità storica (coscienza, fatti, comportamento)"8.
Se il diritto è tale in quanto generale, e se la generalità è derivata dalla storia tramite la "tipizzazione" del comportamento storico, una maggiore chiarezza sul passaggio, o sui passaggi tra storia e diritto potrà provenire solo da un più approfondito esame del procedimento di astrazione attraverso cui opera la scienza giuridica.
Tale operazione di astrazione viene dal Capozzi sintetizzata in tre verbi: scindere, isolare, fissarsi. E’ così che l’individuo, scisso dai fatti di cui ha esperienza, diviene soggetto di diritto; così pure gli avvenimenti, isolati tanto dal soggetto quanto dal loro contesto spaziotemporale, diventano fatti giuridici; così infine, la coscienza in cui accade la storia come sintesi di particolare ed universale, fissata nella generalità della norma, diviene volontà giuridica.
Ma perché questo scindere, isolare, fissare? Qual è il senso del procedimento di astrazione che mette capo all’esperienza giuridica? In breve, qual è il senso del diritto?
"Ha senso parlare di ‘scindere’, ‘isolare’, ‘fissarsi’, come modo d’essere della scienza giuridica, solo se l’oggetto a cui vengono associati gli effetti, cioè l’individualità storica con i suoi elementi costitutivi, implichi in sé l’idea di una variazione"9.
L’astrazione del diritto, derivante dalla storia, è un’astrazione contro la storia, contro le "variazioni" che le sono proprie: le variazioni nel tempo dell’identità che varia rispetto a se stessa in funzione del fluire del presente nel passato; le variazioni nello spazio, attraverso cui l’identità si differenzia dall’altro da sé.
Il tempo e lo spazio sono dunque gli indici della variazione che appartiene all’essenza dell’individualità storica, e se la tipizzazione operata dal diritto consiste nell’"estinguersi di una variazione"10, "analoghe e inverse" saranno le "note che riflettono il carattere della generalità giuridica. La generalità giuridica ha un carattere che è definibile come indifferenza allo spazio e al tempo, traendo la sua origine dalla tipizzazione, il cui effetto più rilevante è l’estinguersi della variazione, o il contrarsi della differenza nell’identità"11.
NOTE
1 Gino CAPOZZI, Temporalità e norma, cit., pp. 397, che d’ora in poi sarà citato come TN. Dello stesso autore cfr. Tempo e storicità, Napoli, 1974; Individuo, società e Stato nella dialettica della politica come forza, Napoli, 1979; L’individuo, il tempo e la storia, Napoli, 1979 (torna al testo).
2 TN, p. 231 (torna al testo).
3 TN, p. 232 (torna al testo).
4 TN, p. 232-233 (torna al testo).
5 TN, p. 233 (torna al testo).
6 TN, p. 49 (torna al testo).
7 TN, p. 55 (torna al testo).
8 TN, p. 233 (torna al testo).
9 TN, p. 234-235 (torna al testo).
10 TN, p. 235 (torna al testo).
11 TN, p. 236 (torna al testo).
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purtroppo la devastante influenza dell’analitica heideggeriana ha fatto vittie anche nel campo della analisi giuridica.Quando accadrà che ottimi
filosofi del diritto, come Tombolini, oltre che rinunciare ad una eccessiva metafisica di metodo, riusciranno a rendersi conto della assoluta inutilità delle categorie heideggeriane e dalla sua ontologia fasulla? Dopo Hegel, scriveva Popper, in filosofia è possibile leggere di tutto. Non aveva previsto Heidegger.
Capperi, Vitaliano, ma se ancora ad Heidegger manco ci sono arrivato! Ne vedrai delle belle 😉
Quanto a Popper, la sua tesi così espressa è antiscientifica, in quanto non falsificabile: e prima di Hegel, non era già possibile “leggere di tutto”, e non solo in filosofia? 🙂
I peggiori nemici della scienza non sono gli oscurantisti restauratori alla Marcello Pera (quelli soffrono di una malattia incurabile, l’ignoranza scelta e praticata), ma i dogmatici dello scientismo privato del pensiero.